La reciproca inconciliabilità dell’agire umano

31 Dicembre 2021 dc, dal sito Hic Rhodus, 19 Novembre 2021 dc:

La reciproca inconciliabilità dell’agire umano

di Claudio Bezzi

Da un po’ di tempo mi interrogo, su queste pagine, in merito all’irriducibilità di posizioni palesemente insostenibili, come il caso del Covid 19 sta proponendo; la domanda – che mi pare si stiano facendo in molti – è: come diavolo è possibile che, di fronte a questi dati, di fronte a questi fatti, di fronte a tali evidenze scientifiche, un così gran numero di persone continuino a rifiutare il vaccino e a blaterare di dittatura sanitaria?

Di più: com’è possibile che tali posizioni, sia pure fra mille sottili differenze, appartengano anche a persone acculturate?

Il Covid 19 viene qui proposto come esempio attuale di questa divaricazione del pensiero a livello sociale, ma il cuore stesso del populismo pentastellato delle origini, il complottismo, il postfascismo, ma anche il comunismo radicale di Ferrero, la naturopatia e decine di altri esempi, lontani dalla pandemia e anche lontani negli anni, ci portano a buttare via il pensiero cartesiano sull’unicità della realtà.

Le enormi e inconciliabili posizioni su tante questioni non sono un semplice problema di informazione e cultura (anche se entrambi questi fattori, ovviamente, incidono), e proprio la pandemia in corso ce lo dimostra: dopo gli errori (anche comunicativi) iniziali, ormai è un coro di scienziati e di giornali e intellettuali, nella grande maggioranza, a esibire prove, evidenze, numeri e testimonianze bastevoli a far correre chiunque a vaccinarsi ma, con tutta evidenza, così non è, e restano non pochi milioni di italiani che – ormai è chiaro – non andranno mai e poi a farsi l’iniezione se non obbligati e scortati dai carabinieri.

Perché?

Su questo blog abbiamo tentato qualche spiegazione, o accenni iniziali di possibili spiegazioni, e riassumerò alla fine i testi principali. Ma, alla fin fine, al netto di spiegazioni psicoanalitiche, antropologiche, sociologiche e bla bla, occorre constatare, accettare, che la moltitudine umana, per una ragione o per un altra, propone nel suo seno una inconciliabilità fra differenti visioni del mondo, valori da perseguire, comportamenti leciti, priorità e desideri. E questa inconciliabilità forgia, come un potente laminatoio, le credenze religiose, le appartenenze politiche, i comportamenti sociali.

Se un’adeguata e buona scolarizzazione eliminerebbe una parte di fattori esterni all’incomprensione del mondo, se opportune condizioni di socializzazione, di viaggio, buone letture, tutto quello che vi pare, migliorerebbero la reciproca comprensione, resta con tutta evidenza un nucleo irriducibile che non so quanto sia frutto di esperienze pregresse, traumi infantili, circonvoluzioni cerebrali, numero di sinapsi o che cosa ma, sia come sia, non ci fanno vedere il mondo nello stesso modo e, in conseguenza, ci rendono avversari e a volte nemici.

In questa nota provo a fare un riassunto su base grafica.

La rappresentazione grafica dei problemi mi aiuta sempre molto a mettere a fuoco il tema: riprendendo da vecchie suggestioni, immaginiamo che l’agire sociale, e il pensiero che lo sorregge, sia rappresentabile come uno spazio attraversato da due principali dimensioni; quella verticale (che un tempo chiamavo “Razionalismo” vs. “Populismo”) la propongo come “Primato del pensiero sull’azione” vs. “Primato dell’azione del pensiero”; vale a dire razionalismo/irrazionalismo, argomentazione/asserto, riflessione/vitalismo etc.

La dimensione orizzontale riguarda invece il “Primato di Ego sul Mondo” vs. il “Primato del mondo su Ego”, vale a dire: egoismo/altruismo, libertà (individuale)/uguaglianza (collettiva), etc.

Prima che lo diciate voi lo scrivo subito io: sono tutte cose diverse, certo, troppo rigidamente costrette in uno schema un po’ manicheo. Ma, mentre mi accingo a scrivere un testo socio-filosofico di 400 pagine per spiegarmi meglio ed evitare i trabocchetti semantici, vi prego di seguirmi in questa semplificazione.

Quindi, ecco lo schema che useremo:

I quattro quadranti – questa è l’ipotesi – sono reciprocamente irriducibili e antagonisti, anche se si possono formare “alleanze”, su obiettivi precisi e circoscritti, fra persone appartenenti a uno o l’altro quadrante.

Adesso vediamo come funziona (e se funziona) provando a inscrivere nella griglia le principali teorie politiche. A mio modo di vedere (e sempre “grosso modo”), il quadro potrebbe essere più o meno il seguente:

(In questa e nelle prossime figure, i cerchi grandi rossi definiscono, in breve, il quadrante, mentre quelli più piccoli e rosa sono delle esemplificazioni più specifiche).

Mentre il conseguente agire sociale potremmo rappresentarlo così:

A solo titolo di esempio ecco come funzionano le posizioni pro-vax e no-vax:

(Nota mia: WordPress non mi permette – e non so perché -, da qui in poi, di far aprire i link in una nuova scheda del browser, e me ne scuso)

(Sul concetto personalissimo di “Grande Disagio” rimando a un mio precedente pezzo; su alcune evidenti imperfezioni di queste rappresentazioni grafiche chiedo venia, ci sto lavorando).

L’idea di fondo che propongo è quella dell’inconciliabilità, dell’irriducibilità.

Non serve “spiegare” ai no vax che i vaccini sono sicuri e fanno bene, allo stesso modo in cui è piuttosto inutile argomentare a un fascista che quella dottrina politica è infame e antistorica, o a un complottista che la sua è solo paranoia, etc.

C’è, ovviamente, uno spazio, o meglio una strada, che porta l’individuo che dimora in un quadrante a mutare idea e migrare in un altro, ma sono percorsi individuali, piccole e grandi epifanie che si consumano nella storia personale di ciascuno, come l’ateo che scopre dio (o viceversa il cristiano che vi rinuncia), il comunista che diventa liberale (Nota mia: magari anche il liberale che diventa comunista…), il terrapiattista che rinsavisce. A livello sociale, di massa, di analisi sociologica, i quadranti restano piuttosto stabili e generano tipologie piuttosto caratterizzate che possiamo così riassumere:

Scusate se mi ripeto: è solo un primo tentativo di esemplificazione, è inutile andare a cercare le proprie (presunte) caratteristiche per vedere in quale quadrante si sia finiti; si tratta di tipi ideali, generici, astratti, descritti in prima approssimazione per finalità meramente espositive.

Cosa fare quindi sapendo che non c’è nulla da fare?

Due cose: la prima è comunque la strada dell’educazione, istruzione, buona informazione, che da sola farebbe venire il mal di testa a chiunque perché, per varie ragioni, si tratta di obiettivi giganteschi e difficili da perseguire (un esempio su tutti: come evitare la cattiva circolazione di notizie false su Facebook? Chiediamo a Zuckerberg di starci più attento?).

La seconda cosa, in democrazia, si chiama potere e responsabilità della decisione, è importante ma pericolosa. Vale a dire: se anche una parte di popolazione crede che il virus sia una sciocchezza, che il vaccino faccia male, e che sia giusto curarsi con l’ivermectina perché sul gruppo telegram dicono che è meglio, dopo avere dato fondo a ogni opzione di corretta informazione, tentativo di persuasione, etc., semplicemente si decide, col potere costituzione ed entro i suoi limiti, quello che si reputa meglio.

Per essere chiari: nell’ultimo anno – dopo errori iniziali – così sta facendo il nostro governo e fa bene.

Poi, ovvio, qualcuno può ritenere che il governo dovrebbe obbligare alla vaccinazione, qualcun altro pensa invece che si dovrebbero allentare un pochino gli obblighi in merito al green pass, eccetera, ma non importa. Il governo guarda attentamente ai dati del monitoraggio pandemico, ascolta la comunità scientifica e prende decisioni razionali, avendo anche attenzione a non inasprire il conflitto sociale e non infilarsi in un cul de sac affrontabile, poi, solo coi carabinieri.

Perché ho comunque definito “pericolosa” questa ovvia opzione democratica? Perché non sono così sciocco da pensare che al governo ci sia sempre, necessariamente, qualcuno che cerca di ragionare sensatamente: il governo Meloni-Salvini potrebbe diventare una realtà a breve, ed è ragionevole pensare che, pur ammorbidendo le fanfaronate pronunciate per strizzare l’occhio agli idioti che li votano, potrebbe proporre politiche sanitarie molto diverse e perfino controproducenti.

Ecco allora che torna dalla finestra quel discorso culturale che avevamo frettolosamente fatto uscire dalla porta. L’istruzione, la cultura, la corretta informazione, etc., non servono direttamente per convincere i no vax, ma indirettamente per garantirci, anche in futuro, dei governi accettabilmente ragionevoli, sufficientemente razionalisti, per lo più capaci di ascoltare gli scienziati e via discorrendo.

Per approfondire alcuni di questi argomenti. Il tema della complessità sociale resta fondamentale come premessa:

Le conseguenze della complessità a livello individuale, la spiegazione del fatto che agiamo differentemente, a volte in maniera contraddittoria, la trovate accennata qui:

Sulla necessità di superare il bipolarismo destra-sinistra, che non spiega più bene la complessità politica e sociale contemporanea, ho scritto una serie collegata di tre testi:

Sulla mentalità dei no vax ho scritto questi:

Sullo specifico caso di intellettuali irrazionalisti (Cacciari, Agamben i casi più noti riguardo l’ambiguità sui vaccini e i green pass, ma il tema è ovviamente più ampio) segnalo:

Su Draghi profezie telegrafiche di Tiresia?

In e-mail il 24 Febbraio 2021 dc:

Su Draghi profezie telegrafiche di Tiresia?

di Lucio Manisco

Il neo-presidente del Consiglio non ama parlare, ma quando ha parlato per più di un’ora al senato ha intonato una filastrocca di traguardi da raggiungere senza indicare scadenze, mezzi e procedure.

Non siamo astuti come lui ma le astuzie altrui meritano la nostra attenzione.

Ne abbiamo decifrate due.

Per la sua politica contro il cambiamento climatico ha usato il termine di “transizione” verso direttive a tal uopo. E del rilancio dell’economia ha detto che debbono essere “selettive”.

Allusioni indicative? Non tanto.

Per citare l’Alighieri i termini usati erano “Sì come cosa in suo segno diretta”. La transizione vuol dire solo prender tempo, rinviare, fors’anche devolvere a governi futuri quel compito. I provvedimenti economici e finanziari per il Super Mario vanno promossi con metodo selettivo: sostenere fiscalmente le aziende produttive e privare di qualsiasi sostegno quelle – la maggioranza – colpite dalla crisi che rischiano il fallimento. Il che, diciamo noi, vuol dire disoccupazione di massa e povertà senza ritorno.

Il Draghi è un “Chicago’s boy”, un prodotto della scuola economica iper-libertista fondata da ultra-conservatori del calibro di Milton Friedman e George Stigler. Ha lasciato vistose tracce, su quanto ha appreso alla Goldman Sachs ed ha applicato alla BCE.

Ritenere che possa cambiare idea a Palazzo Chigi è una pia illusione. Anzi, la grave crisi che ha colpito il Bel Paese potrà stimolare la sua creatività e il suo rigore.

Non riuscirà ad aumentare significativamente il Pil di 1.649 miliardi ma cercherà di ridurre l’astronomico debito pubblico di 2.620 miliardi.

Come?

Ristrutturare e mimetizzare la destinazione dei 209 miliardi rateizzati dall’Unione Europea?

Troppo poco! Tagliare lo Stato sociale e la sanità, investendo quel che resta nelle misure anti covid-19 e le vaccinazioni. Scelta obbligata per un regime capitalistico. E se non basta ancora, affittare il Colosseo alla McDonald’s e vendere la Fontana di Trevi.

Non è solo una battuta: mentre il signor Draghi strangolava la Grecia un giornale inglese menzionò la possibilità per il British Museum di comprarsi metà dell’Acropoli.

La politica estera: il Draghi si dichiara atlantico convinto proprio mentre la Merkel e Macron, al Presidente Biden che al G-7 proclama “l’America è tornata”, ribattono che per l’Europa ci vuole più autonomia. I mass media italiani evitano di menzionare quanto sopra: il silenzio è totale: “tutto tace, questa pace fuor di qui dove trovarla?”.

Non prevediamo come il cieco indovino Tiresia il futuro. Guardiamo al presente stato delle cose senza transizioni e selettività.

Risoluzione finale del 7 dicembre

In e-mail il 10 Dicembre 2019 dc:

Risoluzione finale del 7 dicembre

Conclusione condivisa dell’assemblea nazionale unitaria delle sinistre di opposizione del 7 dicembre 2019

 

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La numerosa ed articolata presenza che registriamo, come già sottolineato in apertura, conferma l’importanza della promozione di questa assemblea nazionale unitaria delle sinistre d’opposizione.

Le ragioni poste alla base della stessa, sottolineate dallo specifico appello, rimarcate dalla relazione introduttiva, sono profonde, dettate dal cosa accade, dal perché accade, ed hanno trovato conferma nell’ampio e qualificato dibattito che ne è scaturito.

L’obiettivo condiviso è quello di ricostruire un’opposizione radicale, di massa, al governo Conte, espressione dei poteri forti, nazionali ed europei, alle politiche dettate dall’Unione Europea e dallo stesso ossequiosamente perseguite, in sostanziale continuità con i governi, ascrivibili al centrodestra ed al centrosinistra, che l’hanno preceduto, politiche che trovano nella proposta di revisione del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) un’ulteriore stretta, contro la quale occorre mobilitarsi, contro la quale ci mobiliteremo.

Politiche all’insegna della cultura liberista imperante, dell’austerità, degli interessi del grande capitale, il cui esito fallimentare per gli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori, per i ceti popolari, è sotto gli occhi di tutti: più povertà, più insicurezza, più solitudine.

Lo stesso progetto di autonomia differenziata preserva la logica della secessione dei ricchi, promossa dalla Lega ed amministrata dal PD.

L’obiettivo condiviso è quello di ricostruire un’opposizione capace di rappresentare un’alternativa di società, in grado di sostanziare le speranze di cambiamento, che in tanti, anche nel mondo del lavoro, sbagliando, avevano riposto nei confronti della Lega e del Movimento 5 Stelle, e che avevano portato all’affermazione del primo governo Conte le cui politiche, reazionarie e liberticide, si sono tradotte in un crescente consenso ad una destra il cui carattere è sempre più evidente ed alla quale è necessario sbarrare la strada.

L’impegno condiviso è quello di ricostruire un’opposizione che, sostenendo, valorizzando e unendo le lotte di resistenza delle lavoratrici e dei lavoratori a difesa del lavoro, come testimoniano, tra le tante, le esperienze della Whirlpool, dell’Ilva, di Unicredit, punti a contrastare i nuovi grandi processi di ristrutturazione capitalista.

Puntiamo ad un’opposizione che si proponga come utile riferimento per connettere i diversi movimenti sociali, ambientalisti e femministi in campo, sempre più impegnati ad un cambio radicale delle politiche date, come ben testimonia, ad esempio, lo sciopero promosso dal movimento femminista per il prossimo 8 marzo.

L’obiettivo condiviso è quello di ricostruire un’opposizione capace di saldare le diverse esperienze di lotta e di resistenza, che si palesano nella società, in una vasta opposizione popolare, che si raccolga attorno ad una piattaforma generale indipendente, in una prospettiva di alternativa anticapitalista.

Un’opposizione che, in considerazione dello sviluppo della propria iniziativa, dell’evoluzione della fase, delle politiche che il governo si accinge a mettere in campo, a partire dalla legge di bilancio, che ne costituisce il manifesto, assuma l’impegno a dare vita ad una giornata di mobilitazione nazionale articolata tra il 24 ed il 25 gennaio prossimi.

Una scelta importante, alla cui definizione, caratterizzazione e gestione è necessario si adoperi l’insieme delle realtà interessate, anche attraverso la promozione di assemblee territoriali aperte a ciò finalizzate.

Ciò che si propone, al fine di sostanziare un’opposizione avente gli obiettivi su richiamati, è lo sviluppo di un’azione comune attorno ad alcune specifiche rivendicazioni:

– per l’uscita dell’Italia dalla NATO, per il ritiro delle truppe italiane dalle missioni estere, per il rifiuto delle politiche militariste e di guerra, per il no all’acquisto degli F35;

– per la nazionalizzazione dei settori strategici della finanza e dell’economia, a partire dalle aziende che licenziano ed inquinano;

– per una generalizzata riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario; per la qualificazione, tutela e valorizzazione dei rapporti di lavoro, anche in risposta, da un versante di classe, alla grave crisi occupazionale data, alle ripercussioni che al riguardo porta con se la cosiddetta quarta rivoluzione industriale;

– per la cancellazione dei cosiddetti decreti sicurezza e degli accordi stipulati con la Libia, contro ogni politica xenofoba e razzista, a favore di un comune fronte di lotta tra lavoratori nativi e migranti;

– per l’abolizione della Legge Fornero, per affermare un nuovo sistema pensionistico pubblico, per tutti i generi e per tutte le generazioni. Una questione, quella della previdenza, attorno alla quale si registra una forte ripresa dell’iniziativa in altri Paesi, come evidenzia la lotta che ha investito la Francia, ed alla quale va la nostra solidarietà.

Le su richiamate rivendicazioni rappresentano un terreno comune di iniziativa in direzione della costruzione dell’opposizione alla quale siamo impegnati, ed in funzione di ciò è possibile ed opportuno dare vita ad un coordinamento nazionale dell’unità d’azione.

Un coordinamento aperto, gestito collegialmente, volto al coinvolgimento di tutte le realtà impegnate in tale direzione, e capace, anche in forme flessibili, di un’articolazione territoriale.

Anche a tal fine si rivolge l’invito a promuovere nelle prossime settimane assemblee aperte a chiunque si riconosca nella necessità sottolineata.

Ciò su cui si conviene è la promozione di un’unità d’azione pienamente consapevole e rispettosa delle differenze esistenti, di ciò che connota le diverse componenti chiamate a darvi vita, dell’iniziativa che le stesse, autonomamente, decidono di promuovere, un’unità d’azione funzionale a sostanziare l’obiettivo condiviso.

L’unità nella diversità è la risposta, questa assemblea non è un punto di arrivo, da qui ripartiamo, ed insieme possiamo farcela!

 

Partito Comunista dei Lavoratori, Partito Comunista Italiano, Sinistra Anticapitalista

Per un’iniziativa unitaria di mobilitazione contro il governo Conte di tutte le sinistre di opposizione

In e-mail l’8 Settembre 2019 dc:

Per un’iniziativa unitaria di mobilitazione contro il governo Conte di tutte le sinistre di opposizione

A: Potere al Popolo, Sinistra Anticapitalista, Lotta Comunista, Partito Comunista, Sinistra Classe Rivoluzione, Partito Comunista Italiano

A: Il sindacato è un’altra cosa-opposizione CGIL, Confederazione Unitaria di Base, Sindacato Generale di Base, Sindacato Intercategoriale Cobas, Unione Sindacale di Base, Confederazione Cobas, Unione Sindacale Italiana

Il governo Conte bis nasce sotto il segno poteri forti, nazionali e internazionali. Un governo salutato dall’entusiasmo della Borsa e del capitale finanziario, e al tempo stesso sostenuto dai principali sindacati, dalla sinistra parlamentare (Sinistra Italiana), e in parte, seppur criticamente, dal PRC. Tutto ciò designa uno scenario politico nuovo.

Il programma reale del governo PD-M5S è il riflesso della sua natura sociale: privilegiamento degli interessi europeisti della grande impresa, concertazione con la burocrazia sindacale, consolidamento dell’asse atlantista in politica estera, sostegno attivo agli interessi specifici dell’imperialismo italiano, innanzitutto in Africa. Le stesse rivendicazioni democratiche dei movimenti di opposizione a Salvini (sociali, antirazzisti, femministi, ambientalisti) sono destinate ad essere cestinate, mentre la compromissione nel governo o attorno al governo della sinistra politica e sindacale (CGIL) lascerà a Salvini il monopolio dell’opposizione e uno spazio obiettivo di rivincita.

Il nostro partito si colloca senza riserve all’opposizione del nuovo governo. Per questo sosterremo ogni iniziativa di lotta del movimento operaio e dei movimenti sociali e democratici, a difesa della loro autonomia, contro ogni logica di subordinazione all’esecutivo. In questo quadro appoggiamo l’azione di sciopero generale promosso da CUB, SGB, SI Cobas, USI per il 25 ottobre, e riteniamo sarebbe importante la massima convergenza unitaria di tutto il sindacalismo di classe attorno a questa iniziativa, contro ogni logica di frammentazione e concorrenza tra sigle.

Più in generale consideriamo importante la più ampia unità d’azione delle sinistre di opposizione sul terreno dell’opposizione al governo. Abbiamo bisogno di costruire una vera unità d’azione dell’opposizione di classe. Per questo proponiamo, in tempi brevi, un incontro nazionale delle sinistre di opposizione che discuta e definisca l’agenda comune delle iniziative di mobilitazione e di lotta contro il governo.

Non si tratta ovviamente di risolvere divergenze di impostazione strategica che hanno una radice nella storia del movimento operaio e che si sono in questi anni consolidate, né dunque si tratta per parte nostra di perseguire aggregazioni politiche confuse basate sulla rimozione di tali divergenze. Rivendichiamo la nostra autonomia quanto rispettiamo l’autonomia altrui. Ciò che proponiamo invece è combinare la massima chiarezza del confronto con la massima unità sul piano dell’azione comune contro il governo e il padronato, facendo dell’opposizione di classe e di massa al governo il terreno centrale di unità d’azione, fuori e contro ogni logica settaria.

Pensiamo che un coordinamento nazionale unitario delle sinistre di opposizione potrebbe rappresentare un punto di riferimento comune per migliaia di militanti e attivisti di diversa collocazione, ed anche un fattore di incoraggiamento e valorizzazione delle loro disponibilità di lotta.

Su questa proposta contatteremo direttamente le vostre organizzazioni per verificare le concrete disponibilità. Per parte nostra siamo naturalmente disponibili a convergere su iniziative da altri proposte che abbiano la stessa logica e finalità unitaria.

Partito Comunista dei Lavoratori

«Marxisti» per Conte premier

In e-mail il 27 Agosto 2019 dc:

«Marxisti» per Conte premier

«Marxisti per Conte: da D’Alema al PRC, la sinistra che vuole baciare il rospo». Così titola oggi il quotidiano La Repubblica, in relazione all’annunciato governo PD-M5S. Non esagera, e il fatto è clamoroso. Sinistra Italiana e PRC, in forme diverse, rivendicano la formazione del nuovo governo e auspicano l’eventuale presidenza Conte, in oggettiva compagnia di ampi settori di Confindustria, del Vaticano, di Comunione e Liberazione, della burocrazia sindacale. È triste, ma è la realtà.

SINISTRA ITALIANA PRENOTA UN POSTO AL GOVERNO (O NEL SOTTOGOVERNO)

La Direzione Nazionale di Sinistra Italiana ha così deciso lo scorso sabato, con 60 voti a favore e un solo contrario. «Siamo di fronte alla possibilità di una vera svolta… È possibile un limpido accordo tra sinistra, PD, M5S per la formazione del nuovo governo… Siamo ottimisti… L’agenda che si va definendo rompe col renzismo e Salvini», dichiara enfaticamente la risoluzione approvata. Si dà pertanto mandato a Loredana De Petris e a Nicola Fratoianni di negoziare il “governo di svolta”.

C’è davvero da stropicciarsi gli occhi.

Il M5S ha governato con la Lega sino a poche settimane fa, e avrebbe continuato per altri tre anni se non fosse stato scaricato da Salvini: ha votato senza fiatare tutte le misure più reazionarie contro gli immigrati e contro le lotte dei lavoratori (decreto sicurezza bis), ha gestito in prima persona le campagne securitarie contro i “taxi del mare” (Di Maio). Si è rivelato una volta di più per quello che è: un partito di vocazione reazionaria, buono per tutte le stagioni. Non “uno vale uno”, ma uno vale l’altro, l’importante è la propria salvezza istituzionale (nel loro linguaggio, “le poltrone”).

Il PD è il punto di riferimento dei poteri forti, il partito che più di ogni altro ha scardinato i diritti del lavoro (art.18), ha colpito la scuola pubblica (Buona Scuola), ha cogestito la secessione dei ricchi (Emilia-Romagna), ha promosso in prima persona la segregazione dei migranti in Libia (Minniti) concimando il peggiore terreno della destra. E ora, in pochi giorni, PD e M5S sarebbero diventati i garanti di una svolta storica?

La presunta rottura col renzismo e con Salvini è aria fritta, persino formalmente.

Giuseppe Conte, candidato premier per ogni governo, ha detto in queste ore che non rinnega il governo con Salvini, né lo hanno fatto i Cinque Stelle. Quanto ai renziani, sono i principali sponsor del nuovo governo e parte decisiva dei gruppi parlamentari che gli voteranno la fiducia. Dov’è la rottura?

Naturalmente il nuovo governo farà un po’ di maquillage, limerà i decreti più impresentabili (ma non più di tanto), venderà come “svolta” ogni mutamento di virgola, confezionerà il tutto con toni aulici e profetici. Ma solo per nascondere una politica di conservazione sociale su tutte le questioni decisive. A questo serve la stessa fumosità dell’agenda, dalla “tutela dell’ambiente” alla “pace nel mondo” ai “valori” della democrazia. E questo dimostra lo stesso documento della Direzione di Sinistra Italiana, che non a caso si guarda bene dal rivendicare, ad esempio, come condizione dell’accordo, la semplice abrogazione del Jobs act, della Buona Scuola, della legge Fornero, chiamandole con nome e cognome. Perché sa che l’accordo di governo con PD e M5S richiede la rinuncia persino alle misure più elementari di svolta, e ciò che conta per Sinistra Italiana, al di là delle chiacchiere, non è “la svolta” ma il rientro sospirato nel gioco politico di governo, meglio con qualche sottosegretariato. Questa è la prosa, per la poesia c’è sempre tempo.

RIFONDAZIONE COMUNISTA INVOCA IL GOVERNO PD-M5S

Anche Maurizio Acerbo insiste da quindici giorni sulla rivendicazione di un governo tra PD e M5S, con accorati appelli pubblici, quasi giornalieri. Tutta l’argomentazione muove dall’esigenza di “mettere Salvini all’opposizione”. Cosa naturalmente giusta, ma ad una condizione: non lasciare il monopolio dellopposizione… a Salvini. E dunque denunciare la natura trasformista del nuovo governo e dei suoi attori, spiegare la sua natura di classe, combattere l’eterna illusione di un possibile governo amico, contrastare la subordinazione annunciata della burocrazia sindacale al nuovo governo .

Purtroppo il segretario del PRC fa l’opposto. Qua e là dichiara le proprie “divergenze programmatiche e di visione” con PD e M5S (come se si trattasse di un confronto politico-culturale, e non di una opposta collocazione di classe), ma al centro di tutto pone l’appello a PD e M5S perché facciano un governo insieme («è loro dovere di fronte al Paese e alla storia»), rivendica apertamente Conte presidente del Consiglio («Il veto su Conte è assurdo, perché l’avvocato comunque è più solido di Di Maio o Fico»), loda Maurizio Landini per il suo sostegno all’operazione («ho apprezzato le parole di Landini perché ha dimostrato autonomia», non si capisce francamente da chi).

Tutto questo non segna una collocazione di opposizione, ma tutt’al più di pressione critica sul nuovo governo. Al quale Acerbo raccomanda una solo misura decisiva: la riforma della legge elettorale in senso proporzionale. Che naturalmente sarebbe importante in sé, ma non definisce affatto la natura di classe del governo che eventualmente la vara.

E qui torniamo al punto.

I comunisti sono per definizione, come diceva la grande Rosa Luxemburg, un partito di opposizione irriducibile a tutti i governi del capitale. Rimuovere in tutto o in parte questo principio elementare significa solo preparare disastri per i lavoratori, per i comunisti e per le stesse ragioni della democrazia politica, come dimostra la lunga storia dei fronti popolari di staliniana memoria. Farlo, per di più, di fronte a un governo PD-M5S, dopo l’esperienza degli ultimi vent’anni, è davvero un’enormità, che persino i giornalisti borghesi sono costretti a segnalare con una certa incredulità.

Vedremo gli sbocchi del negoziato di governo, ormai in pieno corso. Ma quello che oggi si annuncia è il ritorno della sinistra cosiddetta radicale nel governo della borghesia, o nella sua orbita.

Una volta fu Romano Prodi, con la partecipazione suicida della grande (all’epoca) Rifondazione, oggi forse è Giuseppe Conte con la raccomandazione di ciò che è sopravvissuto a quel suicidio. Col risultato di regalare proprio a Salvini, il peggiore degli arnesi reazionari, la rendita di posizione di unico avversario del governo.

La storia si ripete, e non certo in meglio.

Il M5S non sarebbe nato senza l’autodistruzione di Rifondazione tra le braccia di Prodi, né Salvini avrebbe il consenso che ha tra gli operai senza le compromissioni della sinistra politica e sindacale nell’austerità. Ogni volta che si è fatto il “fronte democratico contro la destra” è proprio la destra che ha sfondato. Non è bastata la lezione dei fatti? Si vuole ogni volta ricominciare da capo?

Partito Comunista del Lavoratori