Un xxxxxxno in Xxxxxda

27 Marzo 2024 dc:

Un xxxxxxno in Xxxxxda

di Jàdawin di Atheia

Mi sembra giunto il momento di parlare di un personaggio, connazionale, che si è trasferito da alcuni anni in un Paese del nord che amo molto e che, con le sue qualifiche universitarie e professionali di tutto rispetto, ha iniziato a parlare di questo Paese e a svolgere iniziative relative ad esso.

Non voglio entrare assolutamente in contrasto con lui e, per questo, ho mascherato il nome, e il nome del Paese in questione, con cui si fa chiamare, e che è il titolo di un suo libro. Non mi interessa essergli antagonista, anche perché non ne vedo il motivo, né alcuna finalità.

Alcune cose, però, le devo dire.

Indubbiamente, col suo libro, le sue pubblicazioni e le sue iniziative nella Rete ha contribuito finalmente a chiarire alcuni aspetti della vita in quel Paese, della sua storia, delle sue dinamiche interne. Ha fornito molte informazioni, sconosciute ai più, e ha sfatato alcuni miti e luoghi comuni che, purtroppo, pesano sull’immagine di questo splendido Paese.

Tutto ciò è innegabile ed è indiscussa la sua importanza.

A suo tempo, nel canale Telegram che ha creato, ho subito notato quello che, a mio avviso, è un errore di italiano e l’ho scritto. L’errore riguarda la concordanza, in una frase, del soggetto e del verbo a lui collegato. Ad esempio la frase La maggioranza delle gente sono stupidi è errata, perché il soggetto della frase, La maggioranza (della gente), è singolare, mentre il verbo e l’aggettivo, sono stupidi, sono al plurale.

Subito l’Amministratore del canale, che dovrebbe essere il moderatore e non l’aizzatore, mi ha subito apostrofato con la frase “Lei ha studiato simpatia ai corsi estivi del Ku Klux Klan o a quelli tenuti da Pippo Calò?”.

Al che ho risposto “Grazie del complimento, la rassicuro, sono autodidatta. Deduco che per lei fare un’osservazione è comunque ‘antipatia’. Sono stupito, per non dire altro”.

L’individuo in questione ha replicato “Vede, caro signore, spuntare dal nulla inviando una sequela di correzioni non richieste senza nemmeno presentarsi o salutare non è ‘fare un’osservazione’, ma rompere le scatole in maniera anche parecchio maleducata”.

La mia risposta a tali idiozie è stata “Intanto non ho fatto ‘sequele’ di correzioni, ma una sola. Secondo: certo che spunto dal nulla, mi sono iscritto pochi minuti fa! Terzo: non saprei come ‘presentarmi’, mi sembra che in questo canale si possa solo commentare ad alcuni post. Quarto: lei è più maleducato di me, questo mi sembra certo”.

Da notare che, per il soggetto, le correzioni “non sono richieste”, quindi in quel canale, come nel gruppo Facebook, criticare e discutere non è ben visto, ma elogiare a profusione e complimentarsi col protagonista ad ogni suo post (decine di messaggi del tipo “grazie”, “sei il migliore”, “bravo”…) è invece la norma, graditissima e benvenuta.

Anche il Protagonista mi aveva risposto dicendo che per lui quel tipo di frase era “normalissimo”, ed io avevo replicato che se è “normalissima”, cioè “molto usata”, non è detto che sia corretta, come ad esempio “gli ho detto” quando l’oggetto della frase è una donna, e andrebbe usato “le”.

Qualche mese dopo mi sono recato in quel Paese, e prima ancora di partire ho inviato una e-mail al Protagonista chiedendo di potere trovarci nella capitale e fare due chiacchiere, ma non mi ha, ovviamente, nemmeno risposto. Poi ho saputo che una certa sera, nello stesso momento, eravamo a poca distanza tra noi, ma pazienza.

L’energumeno Amministratore ha poi manifestato tutta la sua arroganza in altre occasioni, e l’ho bloccato definitivamente in Facebook.

Ora: è chiaro che la lode è accettata, se non quasi richiesta, invece la critica e il dissenso sono molto sgraditi. E che se il Protagonista si è scelto un tale Aizzatore, una ragione pure ci sarà.

Poi è venuta la conferma: ad un certo punto del suo libro, peraltro, come già detto, molto interessante ed utile, scrive “Come succede agli italiani, anche gli xxxxxxxsi amano fare le pulci alla grammatica e all’ortografia altrui per soddisfare il proprio narcisismo”. Ah, eccolo scoperto, il Protagonista! Quelli che lo criticano sono narcisisti. E lui? Ma no!

E prosegue: “È sempre un motivo di riscatto, per la persona qualsiasi, il poter correggere la lingua altrui, anche di qualcuno molto più istruito che ha battuto distrattamente un post sui social media”. Chiara la condiscendenza per le persone “qualsiasi”, e l’auto-considerarsi molto più istruito, che gli errori li fa solo per distrazione!

“Nemmeno quando è ragionevole presumere che l’autore conosca a menadito le convenzioni grammaticali dello standard attuale…tanti riescono a resistere alla tentazione di sfoderare la propria pedanteria, non perdonando una svista, o un errore palesemente imputabile al correttore automatico. È un fenomeno insopportabile, e probabilmente non sradicabile, perché la tentazione di nutrire il proprio ego attraverso l’umiliazione altrui è sempre troppo forte, e pare essere trasversale alle culture”.

Chiaro, no? Ovviamente è ragionevole presumere che il Protagonista conosca a menadito la lingua, e non poteva essere altrimenti: lui ha studiato, per Giove! Ma quelli che lo criticano sono solo pedanti, e lui fa solo sviste, o errori palesemente imputabili al correttore. E certo, tutti gli errori che fa sono palesemente imputabili ad altro. E poi! Proprio lui parla di nutrire il proprio ego! Lui che non fa altro dalla mattina alla sera!

Il libro in questione, del resto, è adeguatamente pieno di errori, che sicuramente sono imputabili ad altri.

Gli errori di punteggiatura sicuramente sono sviste ma, se suscitassero critiche, queste sarebbero segnate da pedanteria e, comunque, irrilevanti. L’uso errato di due punti e punto e virgola, ad esempio: in una pausa della frase per evidenziare il passaggio successivo non si usa MAI il punto e virgola, ma i due punti. Soltanto se le pause e le sottolineature dovessero essere più di una, per le successive si userà il punto e virgola. Anche se, a mio parere, sarebbe meglio evitarle.

Ma il Nostro, oltre a queste quisquilie, si esibisce in “dove” usato al posto di “in cui” o “nel quale” (ma è in buona compagnia con la quasi totalità di italiani, anche giornalisti e letterati), di indicativo imperfetto al posto di congiuntivo, presente o passato che sia, di numerosi “anima”, “animo”, “spirito”, “spiritualità”, “cuore”, “grazie al cielo”, banali e soliti elogi delle civiltà greca e romana, ovviamente comunque superiori a tutte le altre, e l’immancabile espressione “Bel Paese”. Ma si produce anche in affermazioni come “non sta scritto da nessuna parte che essere puntuali sia meglio di essere flessibili, come purtroppo tanti credono”, infatti non solo è meglio, ma è anche eticamente positivo: si chiama rispetto. Ma lui, che si è adattato a fare tanti mestieri per sbarcare il lunario, cosa a cui è stato costretto dalle circostanze, equivoca questo con la tanto decantata flessibilità, arrivando a esprimersi con autentico disprezzo per chi, ahilui, vorrebbe un posto fisso e una vita serena.

I suoi seguaci (per molti di loro è il termine che meglio li definisce), oltre a distinguersi nel gruppo Facebook e nel canale Telegram, lo hanno fatto anche nel famoso mercato della Rete attraverso cui il suo libro è stato acquistato. Tra le recensioni ce ne sono alcune critiche: tra queste alcune sono stupide, altre più sensate.

Cosa ne hanno detto, nel canale Telegram?

Uno ha detto che era strano che le critiche negative fossero state espresse da chi non risultava che avesse fatto un acquisto certificato di quel libro (così come li contrassegna quel mercato in Rete), e un altro ha affermato che non era affatto strano. Quindi, secondo questi fans (fan deriva, non a caso, da fanatic!), chi criticava era quasi sicuro che il libro non lo avesse nemmeno letto!

Lo stesso atteggiamento è comune in Facebook e in Telegram, in cui lo stesso Protagonista strapazza e maltratta chiunque si esprima criticamente verso il Verbo (il suo, ovviamente).

Alcuni di costoro se lo meritano, e io stesso ero rimasto piacevolmente sorpreso dalla decisione con cui il Nostro li trattava, senza mezzi termini e senza tanti complimenti. “Però!”, mi dicevo, “finalmente ci si esprime sinceramente fuori dal politicamente corretto”.

Certo, ma questo disprezzo lo riserva pressoché a tutti quelli che sono abbastanza critici, o perlomeno dubbiosi, nei suoi confronti e, peggio, lo scrivono!

Alcuni non ne hanno potuto più, e lo hanno abbandonato definitivamente.

Notevole è anche il fatto che costui ha creato un ulteriore gruppo o pagina (non ricordo con esattezza) in Facebook a cui ci si iscrive a pagamento, per sostentare le sue attività.

L’ultima volta che ho controllato, gli iscritti erano sei.

Per fortuna.

Ora, ha certamente tutto il diritto di tessere le lodi al suo Paese, che chiama “Bel”, alla musica lirica, che tanto apprezza, alla “superiorità” culturale dell’Italia nel mondo, di parlare di anima e di spirito: sono opinioni personali, ci mancherebbe.

Ma non può pretendere che tutti lo assecondino.

Nel libro tesse lodi, neanche tanto, nascoste, delle tradizioni in quanto valori in sé, al di là che ci si creda o meno. Secondo il suo ragionamento, le tradizioni sono importanti, ed è importante seguirle anche se non ci si crede. Sottovaluta il fatto che si dica che in Xxxxxxa un numero elevato di persone si dichiarano atee, e cerca di rivoltare in qualche modo la frittata con argomentazioni che si ripeteranno anche altrove.

Come mi è arrivata a casa la copia di una sua Guida di questo Paese, scritta con un’altra persona e pubblicata da una prestigiosa casa editrice oltre Atlantico, sono andato subito a guardare il capitolo relativo alla religione: brevissimo, non appare minimamente la parola ateismo.

I sondaggi e le rilevazioni statistiche non danno mai un quadro esauriente in nessun caso, ma è l’unico modo per avere un’idea su un certo argomento, così feci qualche ricerca. Mi imbattei su un’indagine pubblicata su Esquire nell’agosto del 2018 dc, condotta da WIN/Gallup su 60000 persone in 68 Paesi del mondo, da cui risulta che, benché il Protagonista non ne voglia parlare, gli atei d’Islanda sono il 17% della popolazione, all’ottavo posto in Europa per numero di non credenti.

Quindi, caro Protagonista, sei falso e bugiardo.

Nel gruppo di Facebook ha ripetuto spesso gli stessi concetti, ha affermato che in Italia non possiamo non dirci cristiani (riproponendo la famosa frase di Benedetto Croce, senza citarlo) perché saremmo comunque influenzati da cultura, usanze, tradizioni e stili di vita.

Alcuni membri del gruppo hanno fatto notare che ciò è inesatto e fuorviante, e che ognuno è, di solito e auspicabilmente, quello che diventa, non quello che altri (lo Stato, la Chiesa, la famiglia, la scuola, l’azienda, la patria…) vorrebbero che fosse. Ma non c’è stato verso. Ed infine ho scritto “Rinuncio a commentare. Lascio.”

A un certo punto gira un video sull’argomento relativo ad un pesce, alla sua carne dal sapore repellente, dal suo trattamento, e dalla leggenda natavi intorno come un prodotto di nicchia, e sul riuscire a mangiarla come prova di coraggio e atto di “iniziazione”. Si reca in un certo posto del Paese con un gruppo di italiani, il gruppo di “assaggio”, e subito li elogia perché hanno un gusto superiore.

Proprio così, senza il minimo senso di vergogna cade in uno dei numerosi luoghi comuni beceri sull’Italia e sugli italiani. Manca poco che sciorini le donne italiane le più belle del mondo, i maschi italiani i migliori amanti del mondo, e via scemendo. No, non è un errore, ho proprio scritto scemendo.

Naturalmente gli italiani presenti hanno manifestato subitamente il loro gusto superiore enumerando aspetti e caratteristiche fantasiose di questo pesce, e paragoni quanto meno esilaranti con alcuni formaggi. Non potevano esimersi, una volta così blasonati dal nostro Protagonista.

Nel libro aveva anche affermato che chi credeva che i turisti fossero diventati veramente troppi per il Paese in questione erano degli snob, che volevano ritagliarsi un’Xxxxxxa su misura per loro, erano degli egoisti.

In quel Paese ci sono stato cinque volte, finora, e ho constatato l’aumento vertiginoso del turismo, e l’abbassamento, in corrispondenza, della qualità dello stesso. Già negli anni Novanta del secolo scorso gli stessi abitanti ne erano preoccupati, e organizzazioni di vario tipo, anche internazionali, organizzavano vacanze di lavoro per ripristinare alcuni luoghi affaticati dal solo camminare dei turisti! Volevo partecipare anch’io, ma non ne feci nulla.

Nel 2017 dc ho verificato di persona il disastroso aumento dei turisti, relativa cementificazione del suolo con parcheggi e strutture, e tutto il resto.

Ma nel gruppo Facebook il Nostro disse poi il contrario: non ho capito se perché nel frattempo avesse ragionato un po’ di più, o lo facesse per opportunismo (magari molti del gruppo la pensavano così…costringendolo ad adeguarsi).

Successivamente ebbe a discutere con un tizio. Il tizio era indubbiamente un cretino, e lui aveva innegabilmente ragione ma, quando si scatenò nella polemica, oltre agli argomenti validi che addusse, disse anche che lui aveva molti più “mi piace” di quell’altro, e lo scrisse seriamente, come se questo fosse un argomento valido di confronto!

Facendo questo, senza rendersene conto, si era dimostrato più cretino del suo interlocutore.

Anche sull’argomento Halloween e relative manifestazioni folkloristiche e festaiole si distinse: mentre i tradizionalisti cattolici o nazionalisti affermavano che Halloween era un fenomeno estraneo “alla nostra cultura”, lui affermava esattamente il contrario, descrivendo come alcune manifestazioni di Halloween fossero presenti nella tradizione cristiana ben prima che questa moda diventasse così popolare anche al qua dell’Atlantico. Ma si fermò qui, e secondo me non andò più in là, perché forse si sarebbe accorto che l’origine di tali tradizioni non erano assolutamente cristiane, ma provenivano da altre latitudini.

Dopo che vidi i suoi atteggiamenti durante una spedizione in barca a vela nell’estremo nord, in cui il Nostro, prima scherzando poi, ho il sospetto, sempre più convinto, si atteggiò, nel portamento e nel vestiario, a capitano di vascello, a novello capitano Achab, ripreso in varie pose ieratiche a scrutare il mare o a suonare uno strumento a fiato in posizione elevata tra le vele, e dopo che lessi altre sue affermazioni in Facebook, decisi che era abbastanza anche per me, e lasciai, non senza rammarico, il gruppo Facebook e il canale Telegram.

Non posso fare finta di niente…oltre una certa misura.

Un frequentatore di Facebook e del gruppo del Nostro, uno di quelli che se ne erano allontanati, e con cui ho avuto un breve scambio di idee, ha scritto:

“(Cognome omesso) è di un narcisismo parossistico, che oltrepassa il ridicolo. Fa il tuttologo, salvo sparare clamorose cxxxxte su argomenti di cui non sa nulla, per cui farebbe meglio a tacere. Lui e i suoi accoliti sono brutte persone, invidiose e attaccabrighe. Molto meglio altre realtà che si occupano di Xxxxxxa”.

Spero che le orde di fanatici che lo seguono siano più fumo che sostanza, e non facciano più male che bene all’amore e all’interesse che merita quel grande Paese.

Così, dunque, sarei un “cretino cognitivo”…

21 Febbraio 2023 dc:

Così, dunque, sarei un “cretino cognitivo”…

di Jàdawin di Atheia

Da quando è uscito, ho acquistato spesso un certo quotidiano i cui fondatori, a detta loro, se ne erano usciti da Corriere della Sera perché questo sarebbe stato “troppo a destra”. Allora sarà pure stato così, ora sono piuttosto dubbioso su chi, dei due, sia più “a destra”.

Ora lo acquisto di solito il giovedì, per un supllemento che, più passa il tempo, più è peggio.

Comunque: giovedì 16 Febbraio ho fatto il mio acquisto, più per abitudine che per convinzione, e, in una rubrica che mi risulta piuttosto seguita, nella pagina Commenti, si risponde a una lettera.

Un lettore francese parla dell’inno di quella nazione, e scrive “…solo gli ignoranti, ce ne sono parecchi anche qui in Francia, vorrebbero cambiare le parole troppo aggressive della Marsigliese (a parte che si scrive “de La Marsigliese”, nota mia). L’illustre curatore della rubrica, il cui cognome corrisponde a quello di un famoso uccello nero, risponde “…anche in Italia si canta con gioia…l’inno di Mameli, sottratto, grazie all’allora presidente Ciampi, alla retorica del “Dio patria e famiglia” alla quale vorrebbero farlo regredire sia l’estrema destra al governo, sia certi cretini cognitivi di estrema sinistra che, come da voi in Francia, prendono alla lettera le parole degli inni.”

E come si dovrebbero prendere, coglione?

Gli inni, dovrebbe essere ovvio, sono, per loro stessa natura, di parte. Infatti si chiamano così perchè “ineggiano” a qualcosa. E, di solito, sono trionfali, per non dire tronfi, e pomposi, ampollosi, vanagloriosi: nelle musiche e nei testi.

Il dramma è che dovrebbero “rappresentare” l’intera nazione, o un’idea, un’ideale. E invece, se va bene, rappresentano solo una parte. E poi c’è un’altra parte che “si sente” rappresentata ma è talmente ignorante e becera che neanche si è mai soffermata sulle parole dell’inno.

Come musica, l’inno italiano aggiunge alla pretesa pomposità, a cui nemmeno arriva, il ridicolo, che invece si dispiega pienamente nella sua “marcetta” saltellante.

Per non lasciare nulla al caso, dirò che anche “Bandiera Rossa”, inno dei lavoratori in genere e dei comunisti in particolare, è un brutto inno, sia nella musica che nel banale testo.

Detto questo, l’inno di Mameli è pessimo anche nel testo, che richiama i fasti di Roma, del suo “impero”, inneggia alla “patria”, al “sacrificio”, alla “morte”, a Dio, che addirittura avrebbe “creato” direttamente la Vittoria “schiava” di codesta patria (identificata con Roma) che, come sempre, è migliore di tutte le altre, più bella etc.

Ma, si sa, sono un “cretino cognitivo di sinistra” e prendo, cretinamente, alla lettera le parole dell’inno nazionale.

Così le ripropongo qui, così che altri “cretini” cognitivi si aggiungano alla nostra schiera.

Fratelli d’Italia
L’Italia s’è desta,
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa.
Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un’unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l’ora suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Uniamoci, amiamoci,
l’Unione, e l’amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Dall’Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn’uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d’Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d’ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l’Aquila d’Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d’Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò

Come la Chiesa cattolica primitiva cristianizzò Halloween

23 Novembre 2022 dc, dal sito Iridediluce, 31 Ottobre 2022 dc:

Come la Chiesa cattolica primitiva cristianizzò Halloween

di Iridediluce

Halloween può essere un affare secolare oggi, dominato da caramelle, costumi e dolcetto o scherzetto, ma la festa è radicata in un festival pagano celtico annuale chiamato Samhain (pronunciato “SAH-wane”(Nota mia: nell’alfabeto fonetico internazionale, pronuncia irlandese: [ˈsˠəuɪnʲ], scozzese gaelica: [ˈs̪ãũ.ɪɲ], inglese: [ˈsɑːwɪn], [ˈsaʊɪn] o [ˈsaʊeɪn])) che è stato poi appropriato dalla Chiesa Cattolica primitiva circa 1.200 anni fa.

Gli antichi Celti erano un assortimento di tribù e piccoli regni un tempo sparsi nell’Europa occidentale e centrale con lingue e culture distintive, spiega Frederick Suppe, uno storico specializzato in storia celtica e medievale alla Ball State University dell’Indiana.

Anche dopo che i romani conquistarono il loro regno i Celti continuarono a sopravvivere e prosperare in luoghi come la Bretagna, la Cornovaglia, l’Irlanda, l’Isola di Man, la Scozia e il Galles.

Halloween ispirato a Samhain

Samhain

Le origini di Halloween possono essere fatte risalire alla festa celtica di Samhain, una festa druidica che si tiene il 31 ottobre.

Bildagentur-online/Universal Images Group

Samhain, il festival celtico che è l’antenato di Halloween, era legato al modo di vedere il mondo da parte dei Celti.

Tutti i popoli celtici concepivano una dicotomia fondamentale tra luce e oscurità, con i primi che rappresentavano valori positivi, fortunati, fruttuosi e i secondi che rappresentavano valori negativi, minacciosi e distruttivi, spiega Suppe (Nota mia: luce e oscurità sono al singolare, la frase successiva ne parla al plurale, forse c’è un errore di trascrizione o traduzione).

L’anno celtico è iniziato al tramonto alla fine del raccolto autunnale, è continuato attraverso l’oscurità dell’inverno e l’inizio della primavera nel chiarore della stagione estiva e si è concluso con il raccolto. Due grandi festività hanno diviso il loro anno: Beltane, che si è svolta dal 30 aprile al 1 maggio nel nostro calendario, e Samhain, che si è svolta dal 31 ottobre al 1 novembre.

Samhain è stato il momento in cui il mondo spirituale è diventato visibile agli umani e gli dei si sono divertiti a fare brutti scherzi ai mortali. Era anche un periodo in cui gli spiriti dei morti si mescolavano ai vivi.

I Celti credevano nel raccogliere tutti i loro raccolti (Nota mia: forse meglio “fare il raccolto”) da Samhain, “in modo che non sarebbe stato danneggiato dagli spiriti maligni o maliziosi che potevano tornare la prima sera della metà oscura dell’anno”, dice Suppe. “Le offerte simboliche del cibo raccolto dovrebbero essere offerte agli spiriti per placarli”.

Il papa adotta le tradizioni celtiche

Papa Gregorio I, Gregorio Magno

Papa Gregorio I, il Grande.

Ann Ronan Pictures/Collezionista di stampe/

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Racconti e tradizioni raccapriccianti di Halloween

Giorno della morte

Così la Chiesa ha mescolato le tradizioni che coinvolgono spiriti celtici e santi cattolici. Nell’800 la Chiesa designò il 1 novembre come Festa di Ognissanti.

“Le vecchie credenze associate a Samhain non si sono mai estinte del tutto”, scrisse il folklorista Jack Santino in un articolo del 1982 per l’American Folklife Center. 

“Il potente simbolismo dei morti viaggianti era troppo forte, e forse troppo basilare per la psiche umana, per accontentarsi della nuova, più astratta festa cattolica in onore dei santi”.

Invece, la prima notte di Samhain, il 31 ottobre, divenne All Hallows Day Evening, la notte prima della venerazione dei santi. Quel nome alla fine si trasformò in Halloween, e divenne il momento in cui i cristiani potevano trasformare il simbolismo soprannaturale e i rituali di Samhain in un divertimento spettrale.

Jack O’Lantern, le origini del dolcetto o scherzetto

Storia di Jack-o-Lanterns

Un gruppo di bambini ha messo un Jack O’Lantern illuminato su un palo di recinzione di una fattoria la notte di Halloween.

Immagini americane di Stock/Getty

Uno dei rituali adottati dai Celti era l’intaglio della zucca, che aveva un significato religioso. “L’usanza jack-o-lantern consiste nel mettere il fuoco, che imita la buona magia del sole, all’interno di un ortaggio scavato, che rappresenta il raccolto”, dice Suppe. È stato fatto “nella speranza che la buona magia aiuterà a preservare il cibo raccolto durante la metà oscura dell’anno, fino a quando la prossima stagione di crescita potrebbe ricostituire le scorte alimentari della comunità”.

Più tardi, in Irlanda e in Scozia, la gente sviluppò l’usanza di usare lanterne vegetali scolpite in modo simile per spaventare il personaggio mitico di Stingy Jack, che vagava per la Terra perché il diavolo non lo avrebbe lasciato entrare all’inferno.

Allo stesso modo, “la pratica del dolcetto o scherzetto ha origine nell’usanza celtica di dare frammenti simbolici del raccolto agli spiriti che vagavano fuori dalle case la sera di Samhain, per placarli e impedire loro di fare cose distruttive al raccolto o per case,” dice Suppe. Una volta che il cristianesimo si era affermato nelle regioni celtiche, i giovani uomini non sposati sfilavano ad Halloween, andando nelle case e chiedendo doni per gli spiriti.

“Questo era un momento in cui il duro lavoro della raccolta era terminato, quindi potevano concedersi qualche scherzo per sfogarsi”, dice Suppe. In Scozia, i gruppi di giovani uomini erano chiamati “guisers” (pronuncia “GEE-zers”-(Nota mia: la pronuncia del singolare è “gaiser” o meglio, nell’alfabeto fonetico internazionale, ˈɡaɪ.zə)) perché indossavano travestimenti, l’inizio dell’usanza di indossare costumi di Halloween.

Secoli dopo le usanze di Halloween furono portate negli Stati Uniti da immigrati provenienti dall’Irlanda, dalla Scozia e da altre antiche patrie dei Celti. Come un articolo del 1894 su Christian Work  descrive la festa: Halloween è una notte “in cui streghe, spiriti maligni e tutti gli spiriti malvagi uscivano in oscuri e misteriosi festeggiamenti di mezzanotte”.

Le credenze che ci obbligano al pensiero illogico

8 Novembre 2022 dc, da Hic Rhodus, articolo del 29 Giugno 2022 dc:

Le credenze che ci obbligano al pensiero illogico

di Claudio Bezzi

Le questioni, che proponiamo, e il nostro dubbio, riposano su questo: che certe proposizioni sono esenti da dubbio, come se fossero i perni sui quali si muovono quelle altre.

In altre parole: fa parte della logica delle nostre ricerche scientifiche, che di fatto certe cose non vengano messe in dubbio. (Ludwig Wittgenstein, Della certezza, 341-342)

Questi due appunti sono centrali nel pensiero dell’ultimo Wittgenstein, quando si interrogava sul senso comune e la sua logica, sul credere oppure no a determinate cose, e come ciò fosse possibile, come si sostenessero tali certezze.

Ora, questo non è un blog filosofico e un certo numero di lettori storcerà il naso al solo sentir nominare Wittgenstein, autore criptico, ostico, facilmente equivocato. Nessuna paura, abbandoniamo il filosofare astratto e provo a spiegare alcune cose che reputo importanti, che più volte abbiamo trattato su Hic Rhodus, per esempio interrogandoci su come sia possibile insistere a non credere nel Covid (oppure insistere a credere che la Terra sia piatta, che più o meno è la stessa cosa), su come sia possibile arrampicarsi sugli specchi per giustificare Putin o, risalendo con la memoria a poco tempo addietro, come sia stato possibile per tanti bravi sudditi di Sua Maestà votare la Brexit, o per gli ex coloni votare quel mascalzone di Trump.

Di fronte a questi eventi, che sono sempre meno isolati e diventano globali nelle conseguenze, spiegarli con la stupidità altrui non risolve alcun problema, né affliggerci per la scarsa educazione, le circostanze, il Potere che vuole che la gente rimanga ignorante o altre questioni sociali, o psicologiche, che ovviamente hanno il loro peso, ma non spiegano la ragione ultima del perché – per esempio – qualcuno possa ancora dire che il virus Covid non esiste, o altre sciocchezze simili (semmai mascherate e stemperate, diluite per una maggiore accettabilità sociale, “Sì, c’è il Covid ma…”).

Per capire dove voglio andare a parare, vi propongo un ragionamento contrario: chiedo a voi di dimostrare che il Covid esiste. Voi state sorridendo della mia banale ingenuità e vi preparate a rispondere: ci sono i dati, i pareri scientifici, i morti… Al che io vi potrei ribattere: come fate a sostenere che quei dati sono veri e corretti, che quei pareri non siano confutabili, che quei morti lo siano per la causa che sostenete? Questo dialogo potrebbe durare a lungo con questa semplice formula: voi avanzate, come prove, delle semplici proposizioni (frasi, dichiarazioni) che io potrei non già confutare nel merito ma nel metodo, semplicemente dubitandone e chiedendovi come fate a dirlo, come potete esserne certi.

In questo “gioco” non vale appellarsi alla scienza, perché voi me la riferireste con altre proposizioni che posso non accettare, e se siete scienziati che avete in prima persona eseguito un tale esperimento potrei avanzare il dubbio che potreste esservi sbagliati.

Per farvi capire meglio dove sta l’inghippo, un po’ scopiazzando Wittgy vi propongo un altro gioco, più estremo: dimostrate a voi stessi di esistere veramente. Guardate, ve la faccio facile: sotto un profilo strettamente logico-argomentativo, non è possibile. Non potete invocare il cogito ergo sum di Cartesio, perché non potete mostrare tale ‘cogito’, non potete invocare le testimonianze di familiari e amici perché – vi replicherei – per quel che ne so potrebbero sbagliarsi tutti. Eccetera.

Dove ci porta questo ragionamento? Al semplice fatto che tutti noi, scienziati inclusi, accettiamo come vere molteplici proposizioni apprese sin dall’infanzia: che la Terra esistesse anche 100 anni fa non viene messo in dubbio ma creduto, accettato come un dato di fatto sin dalle elementari quando studiamo la preistoria; che noi abbiamo un cuore nel torace è creduto anche se nessuno di noi ha mai visto il suo cuore, perché sin dall’infanzia eravamo “il cuore di mamma” (e siamo finiti, adulti, a mettere i cuoricini su Facebook…); che 12 x 12 faccia 144 lo sappiamo da sempre, e non ci viene in mente che potremmo avere fatto male i calcoli… Eccetera.

Mettete da parte il vostro razionalismo sfrenato. Sto parlando di un piano logico (e argomentativo) nel quale le “dimostrazioni” valgono solo in quanto logiche. Vi faccio capire: se postulo che A = B, allora posso dire con certezza che B = A. Questa è logica. Se dico invece che ho un cuore nel torace sono al di fuori di quella logica, e non trovo modo di entrarci se non postulando l’esistenza di tale organo e inferendone poi delle conseguenze. Ma quel postulato resta – sul piano logico – indimostrato.

Quindi: noi assumiamo il mondo come enorme postulato; che noi siamo esseri umani senzienti e reali, con un cervello e un cuore; che la Terra sia un pianeta rotondo che gira attorno al Sole; che 12 x 12 faccia sempre 144, e non, qualche volta, 142, e così via.

Una seconda questione per noi rilevantissima è che tutte queste credenze formano un sistema auto sostenuto, per il quale risulta difficile confutare una singola questione, per quanto grossolana, perché chi la sostiene la inserisce in una moltitudine di proposizioni che percepisce come coerenti. L’esempio che viene facile riguarda i complottisti: inutile insistere a spiegar loro che sì, sulla Luna ci siamo veramente stati, perché loro vedono la coerenza dei loro sospetti in decine di altre questioni che formano un tutt’uno coerente (il Potere ingannatore, le fasce di Van Allen, quel tale scienziato che avrebbe detto la tale cosa che può essere interpretata nel tale modo…).

I no-vax, per esempio, mostrano un’eziologia fra complottismo, salutismo, tendenze new age, opposizione al sistema etc., per cui è inutile parlare dei dati “scientifici”, perché nella loro testa tutto il resto conferma che hanno ragione loro. E applicano quindi questa loro logica basata su credenze che – proprio sotto il profilo logico – non sono confutabili, perché a ogni ragione loro proporranno un dubbio.

Arriviamo a una conclusione. La combinazione fra dotazione intellettuale, scolarità, esperienze, educazione ricevuta, letture, relazioni sociali etc. crea una discreta varietà di tipi umani, più o meno simili sotto il profilo comportamentale.

Alcuni di questi tipi ragionano (vedono il mondo) assumendo determinate credenze di sfondo, per esempio che la tavola pitagorica valga sempre e ovunque, che la Terra esista da milioni di anni, che generalmente chimica e fisica abbiano una solidità non discutibile, che sia esistito un tizio chiamato Giuseppe Garibaldi, e così via.

Altri ragionano (vedono il mondo) in una maniera grosso modo simile ma con elementi che i precedenti assumerebbero come irrazionali, o illogici, o falsi. Che la Terra sia piatta, per esempio, o che un uomo palestinese di duemila anni fa abbia avuto una madre ma non un padre. Non scandalizzatevi: la religione cristiana (e le altre) propone una serie di credenze in evidente contrasto con la scienza moderna: che una cialda di pane si “trasformi” nel corpo di un dio è accettato da tutti i credenti i quali, al medesimo tempo, non crederebbero mai che un tavolino si possa trasformare in un litro di latte. L’accettazione del magico, del mistico, del trascendente (supposto tale) in individui acculturati è spiegabile solo per il fatto che quelle stravaganti credenze entrano in quadro complessivo che le sostiene malgrado quelle che – per i razionalisti – sono evidenze contrarie.

Ma non ci sono “evidenze”, come abbiamo detto, ma solo proposizioni che affermano di essere tali. E come tutte le proposizioni posso essere confutate o rigettate.

Un “accomodamento ragionevole”

30 Novembre 2021 dc, da Italialaica.it, Editoriale pubblicato il 16 Settembre 2021 dc:

Un “accomodamento ragionevole”

di Antonia Sani

COMMENTO ALLA SENTENZA SULLA PRESENZA DEL CROCEFISSO NELLE CLASSI

La battaglia di Franco Coppoli l’abbiamo seguita per oltre 10 anni in contatto diretto con lui come Comitato Nazionale Scuola e Costituzione e Associazione Nazionale per la Scuola della Repubblica. Lo scoglio era il comportamento dei capi d’Istituto che distribuivano i crocefissi nelle classi (vedi Verona, Ferrara…) basandosi sulla legge fascista del 1924.

Franco Coppoli ha tenuto duro. Il vecchio amico Checchino Antonini ha ripercorso tutte le sentenze pronunciate in merito, compresa quella della Grand Chambre che aveva posto allora una pietra tombale.

Il merito di quest’ultima sentenza sta nell’aver sgomberato il campo dall’ “obbligo del crocefisso” sollevato nel ricorso, un obbligo voluto nel vigore di una legge fascista del 1924 non sostenuta dalla Costituzione.

Cito alcuni passi della recente sentenza, assai importanti alla base di “un accomodamento ragionevole”: “il non obbligo non si traduce in un divieto di esposizione del crocefisso, esso pertanto può legittimamente essere esposto allorquando la comunità scolastica valuti e decida in autonomia di esporlo, nel rispetto e nella salvaguardia delle convinzioni di tutti, affiancando al crocefisso, in caso di richiesta, gli altri simboli delle fedi religiose presenti all’interno della stessa comunità scolastica e ricercando “un ragionevole accomodamento” che consenta di favorire la convivenza delle pluralità”.

E ancora: “nessuna tradizione storica prevede la presenza del crocefisso nelle aule e nei tribunali”.

La Corte di Cassazione precisa che imporre il crocefisso in un ufficio pubblico è in contrasto con la Costituzione. Ecco che così il cerchio si chiude. Gli elementi che in questi lunghi anni ci hanno accompagnato sono laicità e pluralismo, in lotta contro il mantenimento di un obbligo nato dal Concordato fascista del 1929 (e dall’intrusione della presenza dell’IRC nelle scuole col Nuovo Concordato del 1985).

Gran parte del popolo italiano ha piegato la testa al potere religioso, garanzia di accoglienza nel prossimo altro mondo. La sentenza citata, per la prima volta, mette sullo stesso piano la libertà di scelta al di fuori di ogni vincolo religioso legato esclusivamente al cattolicesimo.

Resta comunque, in alternativa, la legittimità dell’esposizione del crocefisso con proposte autonome. In sostanza, la Corte esclude l’obbligo ma non la presenza secondo un “accomodamento ragionevole”…

Ora il problema sarà: appendere o non appendere il crocefisso nelle aule?

Ci sarà probabilmente una battaglia in vari luoghi tra le due fazioni che indubbiamente si scateneranno. La sentenza parla di “accomodamento ragionevole”, come dire che – una volta stabilito il non obbligo – vanno messi in moto confronti con gli atei o gli appartenenti ad altre fedi religiose … Ci saranno maggioranze e minoranze?

Questa può essere una delle prospettive. Certo la presa di posizione della Corte è stata valida sullo scardinamento del concetto di “obbligo” ma piuttosto guardinga sulla presenza del simbolo. A tutt’oggi non siamo riusciti a escludere l’IRC dall’orario obbligatorio nonostante vari ricorsi. Questa stessa sentenza è forse un piccolo passo avanti?