i Viaggi


i Viaggi

Questa pagina verrà lentamente implementata con alcune cronache e fotografie relative ai miei discretamente numerosi viaggi, i quali hanno fatto in modo che io, improvvida cicala, mi ritrovassi nel 2007 dc a 52 anni con pochissimi soldi da parte…..

Ora, 2017 dc, la situazione è migliorata grazie all’isopensione, ed alla liquidazione. La pensione effettiva è poi arrivata nel Marzo del 2020 dc.

Per il momento ecco un breve elenco cronologico (Ultimo aggiornamento: 21 Febbraio 2024 dc).

1974: ITALIA, Puglia. Le mie prime vacanze senza la famiglia. In nove, su tre Fiat 850, sette compagni e due compagne, da Milano al Gargano.

La prima auto cominciò a dare problemi appena fuori Milano, già alle 7,30, e dovemmo poi lasciarla da un meccanico un po’ prima di Bologna. Cominciarono l’autostop in due: Sa ed Ez.

La seconda non reggeva il peso e scaricò altri tre: L ed io, che viaggiammo insieme, ed En poco dopo Bologna nel primo pomeriggio. Lu ed io arrivammo a destinazione alle 19 del giorno dopo. Quella stessa auto rimase ferma a Cattolica, con quella che poi divenne per breve tempo una coppia, e ci raggiunse a Termoli cinque giorni dopo. Ovviamente mi ero subito invaghito della ragazza della coppia formatasi a Cattolica, R. Probabilmente non ci avrei combinato nulla come al solito ma il furbacchione W.M. aveva fatto finta di addormentarsi pesantemente pur di restare solo con lei e, dal momento che era bello e sveglio, non ci mise molto a riuscire nel suo intento.

L ed io, ed E, ci piazzammo sulla statale poco fuori Bologna per fare autostop: E fu fortunato e, con pochi passaggi, arrivò alle prime ore del mattino successivo a destinazione. Per noi, invece, iniziò l’avventura.

Percorremmo diversi chilometri a piedi verso l’autostrada, nutrendoci con un’anguria. Giunti al casello, nessuno ci caricava ed entrammo in autostrada per essere beccati quasi subito dalla polizia stradale, con scenette comiche di contorno. Beccati un’altra volta, fummo accompagnati fuori dal casello.

Decidemmo allora di andare alla stazione e prendere un treno. Lo prendemmo al volo, era un locale, quasi alle 22. Ad Ancona prendemmo l’espresso diretto a Lecce. Intorno alle 7 del mattino successivo eravamo a Termoli. Breve colazione e poi autostop. Dovevamo andare a Torre Mileto? Fummo così fortunati che un camionista capì male la destinazione e ci scaricò a Torre Fortore, ma mancavano circa 40 chilometri….

Mangiammo qualcosa in un bar e poi ri-tentammo con l’autostop. Passammo diverse ore sotto un ponte di una superstrada: inutile, gli autisti ci prendevano in giro ridendo e nessuno ci caricava. Con quattro fortunosi passaggi e rubando dell’uva lungo il percorso arrivammo a Torre Mileto alle 18 circa….

Non trovando nessuno dei punti di ritrovo stabiliti con gli altri (non una piazza principale, non il palazzo del Comune, non la stazione ferroviaria) ma solo quattro case, la spiaggia ed un campeggio, ci sedemmo sconfortati lungo la strada, non sapendo cosa fare.

Di lì a poco passo la prima 850, con a bordo F ed E (quello fortunato…), e ci portò esausti al campeggio.

Eravamo anche senza bagagli, rimasti sulla 850 a Cattolica, e dovemmo farci prestare persino il costume da bagno….

Il campeggio era bello, pulito e ordinato, ma ci restammo poco. Ci trasferimmo sulla spiaggia libera di Termoli, aspettando i due da Cattolica. Lì facemmo amicizia con una coppia di anziani barlettani, che erano lì in roulotte con la nipotina, e passammo cinque giorni insieme a loro. Nel frattempo WM e R ci avevano raggiunti: la nostra meta erano le isole Tremiti. Ci recammo quindi alla partenza dei traghetti ma lasciammo perdere: ci narrarono che le isole erano superaffollate di turisti e che mancava perfino l’acqua.

Partimmo quindi per Vieste, dove ci stabilimmo in un superbo e nuovissimo campeggio, che aveva l’unico difetto di essere cosparso di sassi: io dormivo senza branda ed ebbi quindi alcuni problemi la notte…

In quel campeggio trovammo una combriccola di compagni romani del Movimento Studentesco. Era appena avvenuta la strage fascista del treno Italicus. Ci impegnammo quindi in un raid nel paese per la giusta dose di scritte militanti sui muri: con i compagni presenti a Peschici eravamo un bel gruppo di 70 circa!

I fascisti locali erano pochi ma bene organizzati (compreso il proprietario del nostro campeggio, che per l’occasione aveva fatto innalzare, da alcuni che avevano una tenda nei pressi, una gigantesca asta con la bandiera italiana – per quei tempi un’autentica provocazione): ben presto trovammo le targhe delle nostre auto segnalate sui muri con l’invito ad andarcene, se no ci avrebbero “rotto i denti”….

Passammo comunque dei bei giorni, visitando Peschici, la Foresta Umbra e quella misteriosa e segreta baia rocciosa prima di Pugnochiuso (dove sorgeva uno dei primi villaggi-vacanza italiani ed, allora, esclusivi) dai ciotoli rotondi e dall’acqua cristallina che ancora adesso vorrei tornare a vedere, sperando di non trovarla del tutto cambiata (in peggio, ovviamente).

Dal momento che Sa era nato a Canosa, lui, F ed io andammo a farci un giro. Io ci tornavo per la prima volta dopo che la visitai con i miei genitori nel novembre del 1970 dc. La madre di Sa, vedova da anni, conviveva con il fratello, col quale Sa non aveva buoni rapporti. Parlando di me si venne a scoprire che lo zio di Sa era stato il capo mastro di mio padre in una sartoria a Canosa, e se lo ricordava molto bene!

Il viaggio di ritorno a Milano fu, per fortuna, del tutto regolare: tornai a casa abbronzato per la prima volta e, grazie alla salsedine, mi era scomparsa del tutto la forfora che per un po’ mi aveva infastidito. Ero riuscito anche a provare più che simpatia per L, una bellissima ragazza romana dagli splendidi occhi e dai capelli nerissimi (era col gruppo dei romani del nostro campeggio) ma, ahimè, non avevo speranze: il suo rapporto di coppia era solidissimo!

Le amicizie romane comunque, oltre che essere gradite, ci furono anche utili: in occasione del congresso nazionale di Avanguardia Operaia, di cui Sa era delegato, andammo a Roma lui, F ed io, ospitati dai romani per qualche giorno. Anche nel 1976 dc approfittai della loro ospitalità per partecipare ad un concorso di una banca.

1976: ITALIA, Toscana e Liguria. Partimmo in tre (io, S e G), in treno con tenda canadese, alla volta di Albinia, in provincia di Grosseto. Alla partenza, alla Stazione Centrale di Milano, incontrammo per caso altri due compagni, che non conoscevamo, e che partivano senza sapere dove andare! Così vennero con noi. Sul posto ci trovammo insieme ad una settantina di compagni di Avanguardia Operaia ed un pessimo mare.

Dopo una settimana circa ci trasferimmo allora a Moneglia, sulla riviera di Levante del Mar Ligure. Conoscevo il posto per essere stato qualche giorno nella casa che mio fratello aveva affittato due anni prima.

Il campeggio era strapieno e fu un miracolo trovare un posto per la tenda. G non si adattava alla vita da campeggio: ritornò a casa promettendo di venire solo per la giornata del sabato successivo. Così fece. Il suo degno compare S, la settimana seguente, fece lo stesso dicendo che sarebbero venuti entrambi il sabato per smontare la tenda e tornare con me a Milano.

Ovviamente non lo fecero e telefonai loro imbestialito alle 13.30 del sabato.

Non riporto, per decenza, cosa S ebbe il coraggio di dire a loro giustificazione. Dissi loro che avrei lasciato lì la tenda e che saremmo tornati insieme a prenderla. Ciò non avvenne mai e dovetti andare a prendermela da solo, qualche mese dopo, approfittando del viaggio di ritorno da un concorso svolto a Roma. Era ottobre: fantastico! Moneglia sembrava disabitata: aperti pochissimi bar e ristoranti, le foglie degli alberi piacevolmente ricoprivano le strade, l’aria era fresca e ventosa come piaceva a me, al ristorante ero quasi da solo. Con molta, molta calma, ritirai la mia tenda e me ne tornai a Milano.

Qualche anno dopo vendetti la tenda ad una mia collega, senza dare un soldo agli altri due che se ne erano sempre infischiati.

Ho sempre ammirato molto la coerenza, la correttezza, la puntualità, il senso civico, il rispetto per gli altri anche nelle piccole cose, e cerco io stesso di uniformarmi a questi princìpi: la mancanza di queste qualità nel mio prossimo mi irrita profondamente, ne soffro e mi incazzo…..

1977: AUSTRIA e UNGHERIA. Prime vacanze all’estero (in treno ma senza tenda), destinazione Ungheria. Prima io e G a Vienna, il giorno dopo venimmo raggiunti da W e M. Circa una settimana nella splendida capitale austriaca, poi un’altra settimana a Budapest e poi altri sei giorni circa a Pècs, vicino ai confini della Jugoslavia.

Devo dire che questo viaggio era da me grandemente atteso per due motivi principali: vedere di persona la realtà dei Paesi dell’est europeo, di cui si sentiva tutto ed il suo contrario, e verificare la presunta maggiore disponibilità ai rapporti umani delle ragazze dell’est….

In entrambi i casi ebbi modo di verificare aspetti positivi e negativi.

La scoperta della splendida Vienna fu per me basilare: la considero una delle più belle ed interessanti città del mondo, soprattutto per l’interesse che già allora nutrivo per l’architettura, ed una delle città in cui mi piacerebbe abitare anche soltanto per questo aspetto (le altre sono Parigi e Londra).

Per ragioni burocratiche, quando partimmo per Budapest, al confine fummo costretti a scendere dal treno, tornare in Austria e poi prendere un taxi per un altro valico poco distante. Scoprimmo che il tutto, che sospettammo essere architettato ad arte, convenisse sia agli ungheresi (che ci obbligavano, all’altro valico, ad un cambio obbligatorio giornaliero che non era richiesto in quello da cui provenivamo) ed agli austriaci (ovvero i tassisti….).

Il risultato di tutto ciò fu che facemmo sera, e dovemmo incamminarci a piedi, per una strada pressoché buia, verso il primo paese dotato di stazione ferroviaria. Naturalmente a ciò si aggiunse il fatto che non avevamo mangiato nulla e che dovemmo tirare la cinghia fino al mattino dopo!

L’attesa in quella stazioncina fu lunghissima: il primo treno per la capitale arrivò alle 4, pieno di operai che finivano il turno di notte, ed arrivammo a Budapest alle 8!

Qui giunti avemmo modo di constatare di quanto la stazione e le sue vicinanze, contrariamente a quanto la propaganda occidentale volesse far credere, fossero piene di attività e di movimento. Riuscimmo comunque a far colazione in una specie di grande bar lì nei pressi, e poi iniziò la caccia all’albergo.

Non demmo retta subito a M, che ci era già stato, e passammo la giornata a salire e scendere dai taxi cercando inutilmente posto in diversi hotel.

Finalmente a sera demmo retta a M e tornammo vicino alla stazione, nei cui pressi cera un ufficio Ibusz. L’Ibusz era una sorta di ufficio ungherese del turismo presso il quale era possibile trovare alloggio presso i privati. In meno di quindici minuti trovammo due stanze, ed anche vicine tra loro.

I successivi sette giorni li passammo a visitare questa splendida città, i suoi giardini, il suo grande zoo, le sue strade mitteleuropee e la pittoresca parte vecchia di Buda, sull’alto della collina, con una spettacolare veduta sul Danubio. Non riuscii allora, né dopo, a visitare il Parlamento, costruito in stile neogotico sulle rive del fiume: c’era bisogno di un permesso particolare per visitarlo ed ancora adesso tornerei a Budapest solo per visitare questo splendido palazzo, la cui struttura ricorda l’House of Parliament di Londra.

Mi colpì la gentilezza della popolazione: ci capitò che si offrissero di aiutarci quando ci vedevano intenti a consultare la cartina, e qualcuno allungò il suo percorso per mostrarci la strada.

Anche a Budapest, e forse più di Vienna, si mangiava splendidamente e spendendo poco.

Dalla capitale andammo, sempre in treno, a Pécs, una piccola cittadina a sud, ai confini con la Jugoslavia. Anche qui trovammo alloggio presso la popolazione, e ci trovammo abbastanza bene. La nostra situazione economica era talmente florida che mangiavamo spesso nel Grand Hotel Nàdor, al quale, se fossimo stati in Occidente, non avremmo potuto neanche avvicinarci, e passavamo le sere fino a tardi nei locali, offrendo anche da bere.

Ovviamente questa nostra posizione di vantaggio era dovuta alla completa separazione economica e valutaria tra i Paesi occidentali e quelli che ancora oggi vengono definiti come i Paesi del “socialismo reale”. A questo proposito ebbi modo di constatare che, nonostante la distanza anni luce dai principi marxisti, in questi Paesi qualche principio era rimasto, come il lavoro e la casa per tutti, la salute e l’istruzione completamente gratuita, l’alto livello di istruzione. Il tutto era condito da una certa corruzione diffusa sia tra i funzionari dello Stato sia tra i militari ed i poliziotti, ma l’Ungheria era unanimemente riconosciuta come uno dei Paesi “comunisti” migliori in assoluto, nel quale addirittura era diffusa anche la proprietà privata, in alcuni settori commerciali e produttivi, e in cui, malgrado la repressione del 1956 dc, la popolazione godeva di una certa libertà.

Malgrado alcuni screzi coi miei compagni, che talvolta trovavo eccessivamente pigri, ricordo ancora con piacere queste vacanze, anche se con le ragazze, malgrado l’ottimismo iniziale, non combinammo proprio un bel nulla….

1978: AUSTRIA, CECOSLOVACCHIA e POLONIA. Con l’auto di W in Polonia, passando da Vienna. Prima andarono W e Gp, che ebbero la fortuna di visitare Cracovia, dopo qualche giorno io, S e G li raggiungemmo in treno. Gp, con ferie più corte, tornò dopo quindici giorni.

Noi altri rimanemmo inchiodati a Varsavia per altri quindici giorni. A G e S di essere in Polonia, e di visitarla, non importava proprio un bel nulla: a loro interessavano le ragazze, e basta. Si alzavano tardi, pensavano a raggiungere un ristorante per pranzare ed un altro ristorante per cenare, ed un posto la sera per “rimorchiare”.

Riuscimmo a malapena a fare un giro in una foresta nei pressi di Varsavia e per due giorni di seguito, provando tutti l’ebbrezza di andare a cavallo, ma non si riuscì a fare granché d’altro.

Io e W concepivamo le vacanze in modo diametralmente opposto agli altri due, avemmo diversi contrasti con loro e, quindi, giudicammo questa vacanza non molto positivamente, soprattutto a causa di S (che influenzava molto G), tanto che decidemmo che, in linea di massima, non avremmo più fatto vacanze con S. E così fu.

Di questa vacanza ricordo con piacere di come il regime avesse ricostruito interamente Varsavia dalla distruzione, e come avesse ricostruito fedelmente la città vecchia, Stare Miasto, tanto da rimanerne sbalorditi. La nuova Varsavia era costruita seguendo i dettami del costruttivismo ripensati in salsa sovietica, ma il tutto era piuttosto gradevole. E mi ricordo con piacere che tutte le sere il centro di Varsavia veniva lavato con potenti getti d’acqua e pulito alla perfezione….

1979: BULGARIA e JUGOSLAVIA. W e Gp partirono in auto prima alla volta della Bulgaria, e si fermano a Sofia. Io li raggiunsi in aereo due giorni dopo, perché dovetti restare a Milano al Centro Internazionale di Brera, in cui lavoravo part-time, perché vi si girava un film, e io dovevo essere presente.

L’aereo per Sofia mi fu pagato quasi interamente dalla produzione.

Fu quello il mio primo volo aereo, e devo dire che fu forse il migliore: l’atterraggio fu dolcissimo e quasi non me ne accorsi. Alla partenza fui un po’ in tensione, comprensibilmente, ma superai tutto piuttosto felicemente.

Gp tornò indietro da Sofia, io e W proseguiamo per Burgas sul Mar Nero. In quei giorni a Burgas stavo leggendo “La valle dell’Eden” di Steinbeck e credo di aver stabilito il mio record di lettura: 80 pagine al giorno. Pagine fitte e corpo piccolo, credetemi.

Complessivamente in Bulgaria mi trovai bene: girammo qualche località dell’interno, trovammo un Paese non ricco ma non certo poverissimo come è sempre stato descritto dai giornalisti prezzolati di regime, un Paese bene organizzato, pulito ed in ordine (soprattutto la capitale).

Sulle spiagge del Mar Nero giravano, due volte al giorno, delle donne che pulivano meticolosamente: l’Occidente democratico ed opulento avrebbe dovuto imparare da loro, altro che palle! Ed erano quasi tutte spiagge libere!

Io e W, nelle ultime due settimane, facemmo vita balneare, ci trovammo benissimo e tornammo a casa decisamente soddisfatti.

In Jugoslavia, in Istria, ci trovammo a viaggiare di sera sotto una violenta pioggia: ricordo che, affamati, trovammo un piccolo ristorante lungo il percorso. Ci trovammo veramente bene, facemmo anche un bis e pagammo, ovviamente, una miseria (per noi).

Ricordo anche che l’auto stava finendo il carburante: al confine con l’Italia c’era un distributore, e commettemmo l’errore di non fare benzina. Bene: prima di trovarne uno in Italia dovemmo percorrere ben trenta chilometri, e ci arrivammo quasi a spinta. Questo tanto per un confronto tra i due mondi…..

1980: FRANCIA, GRAN BRETAGNA e IRLANDA. In auto (una Fiat 127!) con F e l’allora sua compagna L, l’unica con la patente e proprietaria dell’auto, in Irlanda passando dall’Inghilterra meridionale ed il Galles.

Partimmo un sabato. Già prima di Calais l’auto cominciò ad andare in ebollizione. Un meccanico ci disse che un manicotto non proprio a posto aveva causato la rottura della culatta e quindi la perdita di acqua del radiatore. Consiglio: ” Riempite sempre il radiatore e a Folkestone (vicino a Dover) andate alla Fiat”.

Così facemmo ma siamo rimasti bloccati fino al martedì. Di fronte al salasso ci contammo i soldi in tasca e dovemmo decidere: o fare due settimane anziché tre o riuscire a tirare avanti spendendo in totale, a testa, non più di cinque sterline.

Beh, ci riuscimmo. Anche grazie al fatto che in certi campeggi arrivavamo tardi e uscivamo presto, senza incontrare nessuno che ci facesse pagare. E facemmo molto campeggio libero.

Percorremmo l’Irlanda grosso modo seguendo una “x”: da Dublino raggiungemmo il Donegal, una regione piuttosto selvaggia a nord-ovest, da Sligo (dove si svolgeva un grande raduno-concerto di tre giorni di musica varia) andammo nell’Ulster, scendendo poi verso il centro, raggiungendo Galway sulla costa est. Percorremmo il Kerry, raggiungendo Cork sulla costa sud per poi tornare al traghetto per il Galles a Rosslare. Tutti e tre variamente appassionati di musica anglo-celtica frequentammo sempre i pub, dove di sera quasi sempre c’era musica dal vivo.

Sulla via del ritorno giungemmo alla mitica Stonehenge e a vari punti di interesse della civiltà megalitica e di quella celtica.

In quell’occasione evitammo di toccare Londra.

1981: AUSTRIA, CECOSLOVACCHIA, POLONIA, UNGHERIA e JUGOSLAVIA. Con gli stessi dell’anno prima, ma con una 127 migliore ed io fresco di patente, toccammo Vienna, raggiungemmo Danzica (Polonia) e tornammo sostando in Ungheria e in Jugoslavia.

Speravamo che il regime facesse quello che poi ha fatto nell’autunno (la repressione di Solidarnosc) per fare qualche foto e rivenderla. I russi avevano tagliato i rifornimenti e si mangiava poco e male, non si trovava birra e solo grazie a qualche “napoletano polacco” riuscimmo, a Danzica, a mangiare un po’ decentemente. Lungo il viaggio ci fermammo ad un ostello a Poznan. La notte ci sfilarono il vetro posteriore dell’auto e ci rubarono cibarie e qualcos’altro. Riuscimmo a far rimettere il vetro da un carrozziere a Danzica.

Quando fu scaduto il visto di una settimana la terribile burocrazia necessaria per rinnovarlo ci indusse a fare una tirata, dormendo in auto, pur di uscire dalla Polonia.

Alla frontiera cecoslovacca di Zakopane un poliziotto deficiente (della Cecoslovacchia) sbagliò ad interpretare la carta verde e ci disse che non potevamo passare. Dopo un’oretta di discussioni i polacchi gli fecero capire l’errore (che noi comprendemmo solo dopo) e ci lasciò passare.

Contrariamente al viaggio del 1978 dc, questa volta avemmo problemi perfino nel mangiare decentemente.

Viaggiammo poi in Ungheria, attraverso la pianura della Puzca, e fermandoci qualche giorno nella splendida Budapest. In Ungheria ci trovammo assai bene (l’Ungheria veniva definita la Svizzera dei Paesi dell’Est), malgrado che a Budapest fossimo truffati al cambio nero, perdendo qualche decina di dollari.

Toccammo il lago Balaton sulla sponda nord, ma fummo funestati da nugoli di zanzare.

Passammo poi dalla Jugoslavia, che trovammo molto boscosa, percorremmo la Bosnia e la Slovenia passando poi dall’Istria. Anche in Jugoslavia ci trovammo complessivamente bene. Ci piacque un canale, e per tre giorni noleggiammo una barca per girarlo un po’, facendo bagno e pic-nic. Un giorno trovammo parecchi funghi d’albero commestibili e li mangiammo con gran gusto.

Nulla lasciava presagire ciò che sarebbe avvenuto di lì a qualche anno….

1982: ITALIA, Valtellina e CECOSLOVACCHIA, Praga. Appena assunto in (omissis) e con solo dodici giorni di ferie, prima passai 5 giorni ai primi di settembre a Bormio in Valtellina da solo. Avrei dovuto fare un trekking ma, essendo rimasto solo, andai ugualmente con la mia 128 bianca, facendo qualche giro, partecipando ad una escursione di un giorno in Val Zebrù con le guide del posto.

Dopo una settimana di intervallo partii per sette giorni a Praga con Giuseppone, in aereo. Ci trovammo complessivamente molto bene, avemmo modo di visitare un interessantissimo museo del design, e passare qualche serata nelle famose birrerie praghesi.

1983: LUSSEMBURGO e ISLANDA. Il mio primo viaggio in Islanda, da solo.

Da qualche tempo progettavo questo viaggio, e guardavo con voracità le pagine di una guida dell’Islanda reperita al consolato di Milano, con le sue foto bellissime in pieno sole, con paesaggi mozzafiato che, in parte, ammirai poi di persona. Preparai accuratamente il percorso, basato su un viaggio organizzato che, però, utilizzai solo in parte: partii da solo in treno per Lussemburgo, e da qui, con un ritardo di sei ore a causa del tempo perturbato, giunsi a Rejkyavik in tarda serata.

In questa splendida piccola città stetti due giorni pieni, per poi partire per il viaggio organizzato di quindici giorni, che toccò i punti principali dell’isola, percorrendo anche l’interno: la piana di Thingvellìr, la penisola dello Snaeffelsnes, Akureiri, Godafoss, Asbyrgi, il lago Mivatn, la caldera dell’Askja, le cascate di Dettifoss e di Gulfoss, Geysir.

Il giro era con un pullman, un furgone cucina, due autisti e due cuoche islandesi e una guida particolare: uno svizzero, con una nonna italiana, che aveva dato la tesi sull’Edda soggiornando due anni in Islanda. Imparò la lingua (difficile!), si laureò, si sposò con una islandese avendo poi due figli, e dopo sei anni ottenne la cittadinanza islandese. Lavorava come insegnante di inglese ed italiano e, in estate, faceva la guida turistica.

Si dormiva in tenda e negli Hotel Edda, che altro non erano che le scuole-collegio che, d’estate, venivano adibite ad alberghi più o meno economici.

Finito il tour scelsi un pacchetto all’aeroporto interno della capitale: volo interno a Isafsfjordur, nel nord-ovest, 4 giorni in mezza pensione in un alberghetto, e ritorno in bus di linea. Passai quei giorni da solo, noleggiando un’auto e percorrendo le penisole del nord-ovest, dal fascino tutto particolare.

Contrariamente alle dicerie ed alle previsioni, pur essendo agosto le piogge ci furono ma sporadiche, il sole ci fu più che a sufficienza, mitigato da un vento costante e dalle nubi in continuo passaggio.

La mattina della partenza per l’Italia ero commosso: sarei riuscito a tornare nel Paese in cui avrei voluto trasferirmi? Avevo con me un sasso vulcanico per ricordo, ma toccai il suolo d’Islanda con una mano e feci un cenno di saluto, nella semi oscurità del primo mattino….

1984: FRANCIA E GRAN BRETAGNA. Tre amici un po’ male assortiti (io, E ed il suo amico F) arrivano fino alle Isole Orcadi al nord della Scozia e scorazzano un po’ dovunque per un intero mese. E e il suo amico “nazionalista” F, sulla cui Renault 4 viaggiavamo, erano completamente refrattari alla musica ed al mondo celtico, e quindi non si riusciva appieno a godere delle serate passate negli innumerevoli pub.

Girammo parecchio e, tanto per sfatare i luoghi comuni, godemmo quasi sempre di “bel tempo”: sole splendido (anche troppo) e tre giorni di pioggia in tutto.

Anche in questa occasione evitammo Londra.

Per il 1985 non ricordo vacanze particolari, sarà la memoria (scarsa).

1986: LUSSEMBURGO e ISLANDA. Il mio secondo viaggio in Islanda con L, che nel frattempo aveva lasciato F. Questa volta, partendo sempre in treno per Lussemburgo e poi per l’Islanda in aereo, usammo l’abbonamento ai pullman di linea locali: io mi ero preparato accuratamente l’itinerario sul Leidabok, il libretto (solo in lingua islandese!) con tutte le percorrenze e le fermate di tutta l’isola.

Facemmo il giro in senso antiorario, che sembra il più consigliato per avere sempre vento a favore: incontrammo una coppia di italiani, con cui facemmo amicizia e che frequentammo per un po’ anche tornati in Italia, e con altri tre italiani, due ragazzi e una ragazza, tutti di Sesto (San) Giovanni, con cui condividemmo quindici giorni di viaggio.

Una volta giunti a Borgarnes, nell’ovest, per un disguido perdemmo la coincidenza per i fiordi del nord-ovest, e ripiegammo per la penisola dello Snaeffelsnes, che “punta” come un dito diritta verso ovest per più di un centinaio di chilometri. Questa penisola è famosa perché, nella sua parte finale, è caratterizzata dal vulcano spento Snaeffels, a sua volta sovrastato dall’imponente ghiacciaio a calotta Snaeffelsnessjokull: si dice che questo luogo, secondo la Tradizione di cui ci spiegava i segreti il nostro amico Viktor, sia uno dei “centri” da cui si dipana l'”energia vitale” del pianeta….In questo luogo sono anche ambientate le vicende narrate in Viaggio al centro della Terra di Jules Verne.

Tornammo a Reykjaivik, da cui L doveva tornare in Italia, e io ripartii subito dopo per il nord-ovest, nel tentativo di raggiungere le spettacolari scogliere di Latrabjarg. Mi fermai nei pressi, piazzando la tenda tra la strada ed un torrente, ma non potei raggiungerle: non c’erano mezzi pubblici che portavano là ed a piedi era proprio impossibile. Stetti lì due giorni, aiutato dalla pioggia a rilassarmi nella tenda, dormire un po’, poi mangiare qualcosa, leggere, tornare a dormire…

Tornai nella capitale e presi il biglietto per un giro in pullman che mi avrebbe portato nell’interno a sud, nelle valli del Landmannalaugar, per poi tornare sulla costa sud, ospite in un Hotel Edda, e fare ritorno a Reykjavik. Nel Landmannalaugar non potei fare il bagno nelle famose sorgenti calde perché in quel momento…troppo calde! Erano infatti intorno ai 40°. Ebbi la fortuna di sostare sull’arco di roccia delle cascate Ofaerufoss, che cadde (senza vittime) qualche anno dopo.

1987: ITALIA, Val di Fumo (Trentino). Nove giorni splendidi in un rifugio a duemila metri in Val di Fumo (Trentino). Era la malga Elvinia, rifugio gestito dalla sezione di Cassano d’Adda del CAI-Club Alpino Italiano. La vacanza era organizzata per i soci, anche esterni ed anche “conoscenti” di questi, del Circolo Sociale dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Io ero socio esterno come iscritto del Gruppo Speleologico “I Tassi”, “consociato” col Circolo Sociale, a sua volta associato al CAI di Cassano d’Adda (un intreccio di relazioni…). L’aria purissima aveva una strana influenza sui vacanzieri: vino e liquori sparivano a velocità impressionante e nessuno si è mai ubriacato…..

1988: SVIZZERA, GERMANIA, DANIMARCA, SVEZIA, FINLANDIA e NORVEGIA. Con L ed una Alfasud in Scandinavia (tre nazioni – Danimarca, Svezia e Norvegia – più la Finlandia, che non appartiene alla Scandinavia), dalla fine di maggio alla fine di giugno, toccando Capo Nord e trovando ancora laghi quasi completamente ghiacciati.

Partimmo dalla casa di L. ad Arese una mattina, circa il 29 maggio. Pioveva a dirotto, e continuò a piovere a secchiate fino al traforo del (San) Gottardo, un tunnel lunghissimo, credo intorno ai 26 chilometri, al di là del quale c’era un sole splendido. Continuammo per la Germania e, verso sera, trovammo un Ostello della Gioventù in un castello!

La mattina dopo, come mi era capitato in altri ostelli, cercai di chiedere a un ragazzo e una ragazza che lavoravano lì quale era il compito o lavoro (“job” in inglese) che avremmo dovuto svolgere nell’ostello prima di andarcene, ma non riuscii a farmi capire. Loro non ci dissero nulla e quindi in quell’ostello quell’usanza non c’era!

In tarda mattinata giungemmo a Copenhagen e ci dirigemmo subito al modernissimo Ostello della Gioventù dove, con mia sorpresa, davano stanze a coppie di sesso diverso senza problema: infatti quell’ostello non faceva parte dell’associazione internazionale cattolica degli ostelli della gioventù (YMCA, Young Men Christian Association)! Visitammo un po’ la città e la mattina successiva, con un bel sole, andammo al parco Tivoli, piuttosto gradevole.

Partimmo nel pomeriggio e traghettammo da Helsingor a Helsimborg, meno di 30 minuti in tutto, ed in serata eravamo a Stoccolma, con cielo nuvoloso e pioggia intermittente, piantando la tenda al campeggio. Il giorno dopo, con un tempo nuvoloso e incerto, visitammo la città, che meriterebbe almeno tre giorni per essere visitata decentemente.

La mattina successiva partimmo con una forte pioggia diretti a nord lungo il Mar Baltico. Appena superata Upsala si fulminò la resitenza elettrica che scaldava l’aria che disappannava il parabrezza, rendendo problematica la visuale. Consultammo il libretto delle officine autorizzate Alfa Romeo e ci dirigemmo verso la più vicina, situata nella campagna a nord ovest di Upsala.

Ci fermammo presso un bar per telefonare all’officina per sapere l’esatta ubicazione. Quando tornai all’auto L era in piedi fuori a fianco della vettura e mi annunciò, ridendo, che c’era un problema. “E sarebbe?”, chiesi io, pronto al peggio. Non partiva più! Tornai a telefonare chiedendo che venissero a prenderci ma al momento non potevano. Tornai fuori e ci dirigemmo ad una carrozzeria proprio lì vicino dove, vestito di una tuta da meccanico, ci accolse l’esatta copia locale di Sting, gentilissimo e sorridente, che con gli opportuni cavi fece partire l’auto.

Giunti all’autofficina, misero sotto i ferri l’Alfasud, avendo prima cura di avvolgere i sedili con una copertura per non sporcarli e agganciando il tubo di scarico a un dispersore di fumi verso l’esterno! Fu la prima volta che vidi un’accuratezza simile, ma eravamo in Svezia! Tutto un altro mondo rispetto al nostro cosiddetto Bel Paese!

Nell’officina c’erano un anziano, presumibilmente il titolare, e un giovane. Si misero a trafficare e dopo un po’ ci venne annunciato che si era guastato l’alternatore (apparecchio che ha il compito di trasformare l’energia elettrica prodotta dal motore in carica per la batteria), e quindi venne sostituito.

Una volta fatto questo l’auto però non partiva. Altre misurazioni e si scoprì che si erano guastati alcuni elementi della batteria, che andava sostituita. Non ce n’era una adatta, se non una che però era scarica. Ci dissero di andare a comprarla in città e poi tornare, al che, per evitare inutili fatiche rischiando anche di perderci, dicemmo loro che avremmo aspettato che la batteria scarica venisse ricaricata.

E intanto continuava a piovere, anche se con meno intensità.

Ormai era già pomeriggio, e non avevamo mangiato ancora nulla. Ci venne dato il conto, che ammontava a circa 400.000 lire. L, controllando la fattura, si accorse che la metà di quell’importo era sotto una voce che non capiva. Le fu spiegato che erano tasse! Al che L chiese che ci facessero il conto in nero, eravamo turisti con pochi soldi, ci avrebbero fatto un favore. L’anziano e il giovane confabularono un po’, capimmo che l’anziano voleva rispettare le regole e che invece il giovane era dalla nostra parte, e alla fine l’anziano si convinse e pagammo 200.000 lire senza fattura, e le nostre finanze ringraziarono!

Ripartimmo verso nord e trovammo un piccolo campeggio dotato di casette, che si trovano in tutta la Scandinavia ed in Finlandia, di solito nei campeggi ma anche da sole: in Norvegia si chiamano hytte al singolare ma si pronunciano più o meno hütte, non ricordo ora come si chiamino in Svezia ed in Finlandia.

L’erba era bagnata e c’erano ancora chiazze di neve, avremo piantato la tenda perché l’unica casetta libera era per sei persone e ci costava di più, poi i gestori ci fecero uno sconto e così dormimmo lì. Era grande, con ingresso con vano cottura e piccolo frigo e una veranda esterna coperta. I servizi igineici erano quelli del campeggio. Ottima sistemazione!

Da lì proseguimmo sempre verso nord lungo la strada che più o meno costeggia il Mar Baltico: la strada è quasi un’autostrada, sempre meno centri abitati, boschi da entrambi i lati, molte betulle e renne selvatiche sempre più spesso. Il tempo era molto variabile ma non pioveva.

Tra Haparanda e Tomio passammo il confine con la Finlandia, e subito andammo in una farmacia a comprare deterrente spray per le zanzare, che in estate imperversano un po’ ovunque, ma noi eravamo arrivati troppo presto e non ne vedemmo una in tutto il viaggio.

Anche in Finlandia ci sono le stesse casette, quasi sempre dipinte di rosso. Alla prima sosta in Finlandia eravamo un po’ preoccupati: c’era un forte vento e faceva piuttosto freddo. Noi eravamo coperti all’inverosimile e le ragazze del posto passeggiavano in maniche corte e calzoni poco sotto il ginocchio!

Il giorno dopo il tempo migliorò e ci fu quasi sempre sole, tanto che spesso io indossavo calzoni corti e camicie a maniche corte. Passammo nei pressi di Rovaniemi: nelle vicinanze c’è il famoso villaggio di Babbo Natale, che non visitammo, e il Circolo Polare Artico, con ovvio punto per turisti. Era, comunque, la prima volta che lo superavo e fa sempre un certo effetto.

Eravamo ormai nella zona delle “ombre lunghe” e la notte vera a malapena durava due o tre ore.

Il paesaggio si fece più vario con la tundra e i numerosi laghi e, in lontananza, le Alpi Norvegesi.

Raggiungemmo il lago Inari e l’omonimo villaggio, nei cui pressi ci fermammo.

Dopo due giorni passammo il confine con la Norvegia diretti a Capo Nord.

Siamo giunti a Capo Nord (Nordkapp) il 4 giugno, traghettando all’isola di Magerøya. Già, perché questo non è il vero capo Nord, in quanto è un isola, e anche qui è stato scelto il punto più panoramico su un’alta scogliera, mentre poco lontano c’è un punto più a nord, ma è una penisola bassa. Il vero capo Nord si chiama Norkinn e sta più a est. Io volevo andare appunto lì, ma ci fu una discussione con L che era contraria e dovetti cedere…

Sull’isola non trovammo casette libere, o comunque abbordabili nel prezzo, e gli alberghi sembravano pieni, piazzammo dunque la tenda. Nel campeggio c’era un locale molto ben attrezzato per cucinare e sedersi e ottimi servizi.

Andammo subito a Capo Nord, c’era neve in scioglimento e fango, facemmo le foto di rito e ce ne ritornammo al campeggio. Qui il sole non tramontava proprio mai e non mi aspettavo che fosse proprio così, con tutta quella luce.

Non ci veniva sonno e ci mangiammo gli spaghetti alla 1 di notte!

Da lì in poi proseguimmo lungo la strada costiera, che è molto bella, varia e interessante, sempre col sole, e gli spettacolari panorami.

Non ricordo su quale isola traghettammo, ci trovammo così bene che sostammo due notti. Superammo velocemente il Circolo Polare Artico tanto che decidemmo di rallentare un po’ la marcia. La tanica che avevamo riempito di benzina ci fu utile una volta che non riuscivamo a trovare un distributore: si può ovviare al problema facendo benzina più spesso quando il serbatoio è appena sotto la metà.

Tromsø a nord e Trondheim più a sud sono le città più grandi e più interessanti dal punto di vista architettonico. Non ricordo ora se in entrambe c’era lo stesso villaggio antico come quello che c’è a Oslo, in cui le case originali sono state smontate e ricostruite in un’unica area, veramente molto interessante e suggestiva.

Caratteristica del paesaggio norvegese sono le Stavkirke, chiese in legno dai molti tetti e svettanti in altezza, molto belle e suggestive, con le evidenti decorazioni intagliate di origine norrena, molto simili a quelle celtiche.

Viaggiare in Norvegia è molto bello, soprattutto sulla costa, per l’intrecciarsi infinito di fiordi e penisole. Spesso bisogna fare lunghi giri dentro i fiordi per fare molta meno strada che in linea d’aria ma, se si vogliono evitare molti traghetti, è bene osservare bene la cartina e scegliere bene il percorso.

Più a sud c’è Bergen, interessante città portuale con diverse attrazioni, tra cui il famoso quartiere mercantile con le case variamente colorate, patrimonio dell’Unesco. Da Bergen passa il traghetto da e per Seyðisfjorður in Islanda, passando dalle isole Faroe dove fa sosta.

A Bergen arrivammo di sera un po’ tardi e non avemmo tempo di girare bene per trovare le casette, quindi ci fermammo in un campeggio con dei bungalows a schiera. Il giorno dopo visitammo il centro di Bergen ma arrivammo che il mercato del pesce, una delle sue attrattive, aveva giù chiuso. Ci sono altre attrattive a Bergen e nei dintorni ma forse non ne eravamo informati, e quindi nel primo pomeriggio partimmo diretti nell’interno, verso Oslo.

Anche il viaggio nell’interno fu baciato dal sole, tranne che una mezza giornata durante la quale sostammo nei pressi di un lago riparati dagli alberi, più o meno nella regione del Telemark, dove pare sia nata l’omonima tecnica sciistica.

A Oslo, come già presentivamo, dovemmo piazzare la tenda perché le casette da quattro posti erano esaurite e quelle da sei troppo costose: e non eravamo che verso la fine di Giugno! Prima di arrivare a Oslo ispezionammo la zona della penisola di Tjøme, di cui avevo visto alcune foto con splendide formazioni, penso, di basalto: rocce molto sinuose sparse in ogni parte della costa e delle isole. È una zona splendida: faceva caldo e decidemmo di tentare di fare il bagno. Godibilissimo!

A Oslo rimanemmo due notti e sperimentammo, manco a farlo apposta, il caldo record di 36 gradi! C’erano signore attempate che giravano in reggiseno! L dovette entrare in un grande magazzino e comprare una gonna larga e leggera perché aveva solo jeans, e come si sa non sono indicati né per il caldo né per il freddo!

Sapendo che una mia collega sarebbe stata in Norvegia per il viaggio di nozze avevo fissato con lei due appuntamenti verso le 18 di sera presso la chiesa principale nel centro di Oslo, e così ci incontrammo. Passammo la serata insieme: il giorno dopo ci incontrammo per caso nella strana fila di auto prima del traghetto per Copenhagen, e quindi cenammo assieme vicino a Lubecca. Noi pernottammo lì, mentre loro proseguirono per l’Italia.

Il giorno dopo arrivammo verso sera ad Arese, con lo stesso effetto, ribaltato, dell’andata: pioggia prima del traforo e solo all’uscita!

In complesso abbiamo percorso circa 10500 chilometri e incontrando pioggia, in un mese esatto, solo quattro o cinque volte.

1989: JUGOSLAVIA. Con un gruppo di nuovi amici più giovani di me passai circa tre settimane a Dubrovnik, splendida città croata, prima che scoppiasse l’orrore. L’amicizia era nata tramite il collega G, che mi aveva fatto conoscere tutti gli altri: uno di questi era collega comune, ma come tecnico. Siamo stati tra gli ultimi a vedere intero il ponte di Mostar. Passammo prima da Bari e sostammo dai genitori di un amico, che era già lì, e poi proseguimmo con il traghetto lasciando le auto.

Nella città croata noleggiammo due auto, largamente sottoutilizzate per la pigrizia, eccetto me, dell’intera congrega.

Una ragazza di un’agenzia turistica ci aveva convinto a iscriverci a una gita di un’intera giornata ai laghi di Plitvice, compreso un percorso in canoa. Uno dopo l’altro abbandonarono per pigrizia, con mio sommo disappunto. L’unica escursione fu appunto quella a Mostar. Per il resto dormivano tutti fino a tardi, alzandosi giusto per il pranzo, per poi magari tornare a dormire il pomeriggio e svegliarsi solo per la cena e per l’immancabile discoteca.

Al rientro Lu diventò la mia compagna.

1990: GRAN BRETAGNA, Londra e ITALIA, Liguria. Una decina di giorni con W a Londra tra 25 Aprile e 1 maggio, all’incirca, e altrettanti con Lu, in Giugno, nei pressi di Bordighera, nella provincia di Imperia in Liguria.

1991: ITALIA, Salento. Nel Salento a Sanarica a casa di fratello e sorella di Lu, a circa 12 chilometri da S. Cesarea Terme e circa 18 da Otranto. Splendidi posti, se si evita la folla di agosto (a proposito: odio la folla, le vacanze di massa e soprattutto quelle ad agosto…)

1992: FRANCIA, Bretagna. Con Giu, la sua compagna Gr, il figlio di Giu, allora di 8 anni, Ste, ed il fratello di Giu, Fr, nel Finistere in Bretagna per tre settimane.

Finalmente onde serie e spiagge a perdita d’occhio e vere maree! Abbiamo visitato, per mia insistenza e pressocché nel disinteresse degli altri, i famosi allineamenti di pietre e menhir di Carnac.

Con un po’ più di interesse generale abbiamo cercato anche un luogo celtico in un bosco, senza trovarlo, e trovando in compenso un’interesante chiesetta cristiana, come al solito edificata in un luogo precedente, sacro ai Celti, cannibalizzandone il culto e sovrapponendosi ad esso. Proprio di fronte una fonte sacra ai celti, incastonata in una piscina rettangolare in pietra, più o meno contemporanea alla chiesetta.

Nonostante il lungo viaggio, e il caldo (in auto senza climatizzatore!) ricordo con piacere questa vacanza, con alloggio in una casa privata, trovata nel circuito Interhome. Casa “antica”, che a me è piaciuta molto, e a qualcun’altro meno…

1993: ITALIA, Salento.

Non ricordo bene l’anno, ma tre giorni splendidi 6, 7 e 8 dicembre ad Helsinki (Finlandia) con W. Avevo visto una pubblicità su la Repubblica, ho telefonato a W, subito d’accordo, ed in quattro e quattro otto ho prenotato.

Fantastica città e fantastico clima! Il sole sorgeva dopo le 9 e tramontava intorno alle 15.

1994: FEDERAZIONE RUSSA (Ex Unione Sovietica), Leningrado. Qualche giorno a Leningrado (che ho sempre chiamato, e continuo a chiamare, così), verso fine aprile e i primi di maggio, con W.

Poi, a giugno, circa nove giorni a Oslo (NORVEGIA) con Lu. Purtoppo non sapevo che non potevo noleggiare un’auto senza carta di credito (che infatti richiesi appena tornato) e men che meno con carta di debito (Bancomat, che però avevo da tempo), e quindi non potei girare i dintorni come mi ero prefisso. Colpa mia, che non mi ero informato abbastanza prima di partire.

Visitammo alcuni luoghi con i traghetti, e un posto a caso con il treno, lungo la costa verso sud-est.

1995: FEDERAZIONE RUSSA (Ex Unione Sovietica), Mosca. Prima qualche giorno a maggio a Mosca e poi, sempre con W, 12 giorni in CANADA: Montreal, Toronto, Quebec, Ottawa le principali città toccate con un’auto a noleggio. In agenzia prenotammo l’alloggio, comprensivo di colazione, con un sistema di buoni-vouchers pre-pagati: avendo l’elenco degli hotels convenzionati, decidevamo di giorno in giorno e chiedevamo al personale dell’hotel da cui partivamo di effettuare la prenotazione telefonica, evitando così di avere problemi relativi all’uso della lingua inglese (nella sua variante canadese, forse peggiore di quella yankee).

Per fortuna, nella parte francofona, interveniva un po’ W che sapeva piuttosto bene il francese, mentre io mi arrangiavo con l’inglese.

1996, 1997 e 1998: nel Salento, circa tre settimane tra luglio, agosto e settembre. Questo anche perché non ho mai messo da parte un soldo, e questa era una soluzione economica…

1999: ISLANDA. Due settimane costosissime con W per la mia terza volta in Islanda.

Durante il viaggio, con auto (Opel Corsa) noleggiata già prima della partenza, ho incontrato cinque volte dei miei colleghi in giro per l’isola…

Bellissima vacanza, in viaggio antiorario intorno all’isola, passando per il deserto verso il lago Myvatn (centro nord) e poi, non riuscendo ad andare nel nord ovest per mancanza di tempo, visitando, prima di tornare alla capitale, la penisola Snaeffelsness, il “dito” puntato verso ovest.

Mi ricordo che comprai diversi oggetti e libri per Lu e per me, spendendo per tutto il viaggio circa 6 milioni: W ne spese uno in meno…

dal 2000 al 2010: ferie lunghe sempre nel Salento, un viaggio di qualche giorno con Lu in TOSCANA, un’altro con lei in UMBRIA (due splendide vacanze, posti interessanti e pranzi e cene ottimi!), una settimana bianca con lei e la sua amica Ma in AUSTRIA in Pustertal (Val Pusteria), e diverse settimane bianche a Moena in TRENTINO, l’ultima è stata a Pozza di Fassa proprio nel febbraio 2010 dc (ce ne furono altre, negli anni successivi).

Nel 2004, in occasione dei miei cinquanta anni, una settimana a novembre in TUNISIA a Djerba in un villaggio Veratour.

In un anno che ora non ricordo qualche giorno a FERRARA in EMILIA.

Il 2, 3 e 4 Agosto del 2000 andai in GRAN BRETAGNA a Londra in occasione dei due concerti del 2 e del 3 (io andai al pub del dopo concerto il 2 e al concerto del 3) della Incredible String Band, che si era riunita più o meno negli anni dal 1999 al 2006. In quell’occasione parlai brevemente prima del concerto con Lawson Dando e con Clive Palmer (membro originario nel 1965) e, la sera prima al pub, con alcuni fans, come me iscritti al gruppo Yahoo! dedicato alla band, e con Mike Heron (membro originario del trio e poi, con Robin Williamson, fulcro del gruppo fino allo scioglimento del 1974), con cui mi feci fare una foto (noi due accosciati e dietro, in piedi, alcuni fans).

2011: Scandinavia. Voglia di nord, e di fresco! Con la mia compagna Lu e con la nostra amica M ho fatto due settimane, dal 24 Giugno al 7 Luglio, in Scandinavia. Volo Ryanair da Orio al Serio (Bergamo) a Stoccolma, noleggio, con il noleggiatore collegato Hertz, di una Ford Fiesta veramente carina, due notti a Stoccolma prenotate con lo stesso sistema in un ostello e poi nelle “casette” dei campeggi, già sperimentate con successo nel mio viaggio del 1988.

Siamo andati verso Oslo, dove abbiamo passato una notte in un ostello, poi verso il Lysefjiord per prendere un traghetto che per vari motivi non abbiamo preso, un giro verso sud e poi ovest per risalire fino a Bergen. Da lì abbiamo piegato a nord e poi a est, poi a sud-ovest rientrando in Svezia e, dopo tre giorni, prendendo il volo di ritorno.

Ecco alcune foto. Queste sono immagini di Stoccolma (forse ne aggiungerò altre…):

Dal 2012 al 2017: Salento. Nel 2017 addirittura due mesi dal 9 luglio al 9 settembre!

2017: Islanda. Dopo essere andato in isopensione l’1 Agosto 2016 dc finalmente, con la liquidazione, un po’ di soldi per fare qualche viaggio.

Andati in fumo altri progetti e non potendo aspettare un altro anno, ho proposto a W di andare in Islanda una settimana in Settembre, e così è stato dal 16 al 23, dopo il mio ritorno dal Salento.

All’inizio di giugno ho affidato tutto a un’agenzia vicino a casa, che però è riuscita a trovare solo il volo con Air Berlin, all’andata con scalo in Germania a Düsserldorf e al ritorno a Berlino. Ho dovuto confermare e pagare il volo il giorno stesso, entro le 19, in cui l’agenzia me lo aveva trovato la mattina: per far questo, dopo due ore di ricerche, ho prenotato la prima notte in un hotel spartano a Rejkyavik (arrivo all’aeroporto di Keflavik alle 23, ritiro dell’auto a noleggio dalle 00, arrivo previsto e verificato all’hotel verso l’1), cinque notti all’ingresso dei fiordi del nord-ovest all’hotel Bjarkalundur, e nessuna notte a Rejkjavik perché il volo partiva alle 00:40.

In realtà ho avuto il sospetto che l’agenzia non conoscesse l’Islanda, e si fosse rivolta ad un’altra agenzia o tour operator, che non si era data da fare minimanente a trovare gli alloggi (due!), che io ho trovato piuttosto facilmente con Trivago!

Il viaggio comunque è andato molto bene, anche il meteo ci ha assistito con poca pioggia e temperatura accettabile (sicuramente meglio del caldo atroce patito nell’estate!).

Abbiamo macinato più di duemila chilometri percorrendo ogni giorno i magnifici fiordi (e ancora resta da vedere, ovviamente), con alcuni lunghi tratti di sterrato, in parte veramente impegnativi: salite, discese e parecchie buche. Ma stanno asfaltando sempre di più le strade, e la prossima volta si potrebbero trovare altri tratti più facilmente percorribili.

W si è complimentato con me perché ho guidato più di 60 km, e altrettanti al ritorno, in una sola giornata, a tratti con pioggia, su strade sterrate in pessime condizioni, veramente piene di buche già colme d’acqua. Penso che lo abbia fatto perché sinceramente ammirato, e perché lui non ha mai quidato granché in queste condizioni (e nemmeno su strade strette di montagna, a dire il vero), come invece io ero più abituato a fare.

Di seguito alcune immagini:

2018, 2019, 2020 e 2021: Salento, un mese e più, più o meno nel periodo tra fine giugno e prima metà di settembre. Come al solito caldo atroce, ma questo già lo so prima ancora di partire!

2022: ISLANDA. Quasi per caso, a furia di parlare di Islanda, R, il marito di S, nipote di Lu, mi propose di andarci! Ovviamente io non vedevo l’ora!

Lui venne con la primogenita La, di cinque anni, suo cugino F e sua moglie A, ma solo dal 4 al 7 giugno (da sabato a sabato): per problemi di lavoro non potevano fare di più.

Volo diretto da Milano Malpensa, arrivo alle 17 circa ora locale e ritiro avventuroso dell’auto: l’agenzia era nelle vicinanze dell’aeroporto ma la navetta interna cessava alle 18!

Abbiamo raggiunto la villetta affittata con Air Bnb, situata a Laugarvatn. Bel posto, bella villetta su strada sterrata, difficile da raggiungere per la mancanza di indicazioni sufficienti. In situazione sopraelevata e in mezzo al bosco, si godeva una splendida vista.

C’era anche, all’esterno, una grande vasca con idromassaggio: avventuroso il funzionamento, con telefonata alla proprietaria per le istruzioni, ma poi gran risultato, e sotto una leggera pioggia!

Nei tre giorni seguenti abbiamo visto Gullfoss, Geisyr ed altre località.

Loro ripartivano nel pomeriggio del 7, e prima abbiamo passato la mattinata alla laguna Blu, ed anche per me era la prima volta. Bello, interessante e rilassante: malgrado il costo di circa 80 euro a testa ne valeva comunque la pena.

Nei giorni successivi ho visitato molto la capitale, il Perlan (finalmente), e un’intera giornata a Thingvellir, dove mi sono pure abbronzato. Bel sole ma, come sempre in Islanda, quello giusto: non troppo e ventilato.

Non so se tornerò in Islanda, sempre più cara e affollata di turisti, ma rimane sempre il mio Paese d’adozione.

(Ultimo aggiornamento: 21 Febbraio 2024 dc)