Sergio Endrigo


Sergio Endrigo

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Addio Sergio…..

Anche Sergio Endrigo se ne è andato, il 7 settembre 2005. Anche io sono addolorato di questa scomparsa, tanto più che la famiglia ha annunciato funerali non religiosi, dicendo “..non siamo credenti…”. In questa italietta bigotta e prona ai vari Ruini e Ratzi, non è cosa da poco.

Sergio Endrigo mi è  piuttosto simpatico perché mi  è parso sinceramente dispiaciuto della scomparsa di Umberto Bindi, che aveva incontrato agli inizi della sua carriera, e ne ho avuto prova in uno speciale RAI presentato da lui, durante il quale ha avuto parole di affetto e rispetto per Umberto: questo non lo dimenticherò. Detto così, di passaggio: la Rai ha realizzato più di uno speciale su Fabrizio De Andrè, uno generico sugli anni ’60 (se non ricordiamo male presentato proprio da Endrigo, che parlava appunto, come dicevo, con affetto di Umberto Bindi), uno su Lucio Battisti. Non ne ricordo su Bertoli, forse ne ha realizzato uno sui Nomadi e Augusto Daolio. Ora ha trasmesso uno speciale su Endrigo: manca ancora all’appello uno speciale dedicato esclusivamente ad Umberto Bindi, ma so il perché. Manca il coraggio: la Rai fu una delle “entità” che causarono la disgrazia e l’ostracismo di Bindi, quindi…..

Ma torniamo a Sergio Endrigo.

Alcune canzoni di Endrigo sono ancora ben presenti nella memoria di alcuni di noi: Via Broletto 34 sopra tutte, Io che amo solo te, il suo più grande successo in assoluto, Era d’estate, Viva Maddalena, Canzone per te, Lontano dagli occhi, la famosissima Teresa, Girotondo intorno al mondo…

Qualcuno fu sconcertato quando, all’inizio degli anni ’70 dello scorso secolo, comparvero le canzoni per bambini (sembrava una moda o un espediente per recuperare audience: lo fece anche Bruno Lauzi, lo fecero altri), e ancor di più il sodalizio artistico con Vinicius de Moraes: non si offendano gli ammiratori della lingua portoghese e della canzone brasiliana, ma anche chi scrive queste note trova sgradevole la prima e melensa e soporifera la seconda…. Ma il successo di queste canzoni fu comunque notevole.

L’attività di Sergio Endrigo proseguì per tutti gli anni seguenti ma bisogna dire che gli editori non seppero, o non vollero, promuovere adeguatamente il suo indubbio talento, e della cosa si lamentò spesso, con ragione, lo stesso cantautore, che non era comunque il tipo che si piangeva addosso: gentilezza, sobrietà e riservatezza lo hanno sempre contraddistinto. Tra le altre cose, scrisse anche un libro dal titolo Ma quanto mi dai se mi sparo? ma, anche in questo caso, l’editore ne stampò pochissime copie e non lo promosse affatto.

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Sul sito www.pagine70.com, che mi ha autorizzato alla duplicazione, trovate questa interessante pagina dedicata al cantautore (e la bella foto)

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Sergio Endrigo, una delle voci più intimistiche della canzone italiana d’autore, nasce a Pola il 15 giugno del 1933. Il padre, scalpellino e scultore autodidatta, aveva avuto in gioventù una breve carriera da tenore lirico, e da bambino il piccolo Sergio segue le orme del padre cantando per gli avventori dell’osteria sotto casa. Comincia nello stesso periodo anche una frenetica attività di lettore onnivoro, tirando le ore piccole a leggere Salgari prima e poi, col crescere dell’età, Maupassant, Ibsen, Cronin e Steinbeck, quest’ultimo, a detta dello stesso Endrigo, uno dei suoi autori prediletti.

Quando, alla fine della II Guerra Mondiale, la città di Pola viene assegnata in amministrazione all’allora Jugoslavia, la famiglia (ormai composta soltanto da Sergio e dalla madre, essendo il papà morto nel ’39) emigra, come molte altre, in Italia, ed il giovane Sergio entra in un collegio per profughi giuliano-dalmati di Brindisi. Nel 1950, espulso dal collegio per aver osato svolgere di testa propria un tema assegnato dall’insegnante, interrompe gli studi e si reca a Venezia, dove la Madre risiede facendo la domestica.Dopo aver fato i più disparati lavori ed aver…rischiato un impiego alle Poste, Endrigo comincia ad esibirsi come cantante in piccoli locali del capoluogo veneto, eseguendo il repertorio dei “crooners” (cantanti confidenziali) americani dell’epoca, come Bing Crosby, Frank Sinatra ed altri; si accompagna anche con la chitarra, componendo su questo strumento le sue prime canzoni. Nel 1952 la prima svolta artistica: 2.500 lire di allora al giorno per una serie di serate al Roxy Bar del Lido; seguono altre scritture in balere, dancings e night-clubs, fino a che nel 1959 entra a far parte del complesso di Riccardo Rauchi come cantante e contrabbassista, incidendo anche alcuni dischi sull’etichetta dei quali non viene però accreditato. 

Decide allora di tentare la carriera di solista, firmando nel 1960 un contatto con la Ricordi ed avendo come compagni di scuderia Gino Paoli, Luigi Tenco, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Umberto Bindi, ed i fratelli Reverberi come arrangiatori.

Nel 1962 segue Nanni Ricordi alla RCA di Roma, e là ottiene il suo primo grande successo con “Io che amo solo te”, che vende in poche settimane ben 650.000 copie. Seguiranno altri titoli di successo, come “Via Broletto 34”, “Viva Maddalena”, “Era d’estate”, iniziando nello stesso periodo la collaborazione col paroliere Sergio Bardotti. 

Dopo esser passato nel 1965 all’etichetta Fonit Cetra, partecipa nel ’66 al suo primo Festival di Sanremo con il brano “Adesso sì”, e dopo averci riprovato l’anno successivo con “Dove credi di andare” vince alla grande il Festival del 1968 cantando in coppia con Roberto Carlos la splendida e struggente “Canzone per te”. Altri brani di successo di quel periodo sono “Lontano dagli occhi”, “L’Arca di Noè”, “Teresa”, “Mani bucate”; negli anni ’70 interpreta svariate canzoni per bambini scritte da e assieme al poeta brasiliano Vinicius de Moraes, e mette in musica ed incide testi di Gianni Rodari, tra cui la bellissima “Ci vuole un fiore”.

Mentre partecipa a svariati altri Festival di Sanremo e produce numerose incisioni tutte di alta qualità, avvia anche una frenetica attività di concerti in tutto il mondo, riscuotendo successo ovunque ma in particolar modo in Brasile, dove incide nel 1979 appositamente per quel mercato un album intitolato “Exclusivamente Brasil” in cui figurano brani scritti appositamente per lui da Vinicius de Moraes assieme al chitarrista Toquinho e da Chico Buarque de Hollanda.

Col passare degli anni e delle mode musicali, Sergio Endrigo viene, colpevolmente, messo da parte dall’industria discografica. Nel 1995 pubblica per Stampa Alternativa il romanzo “Quanto mi dai se mi sparo?”, satira amara e crudele del mondo dello spettacolo, di cui però l’editore non distribuisce che poche copie, e che quindi scompare inevitabilmente in breve tempo dagli scaffali delle librerie. Finalmente, nel 2000, il ritorno alla grande, con un concerto dal vivo al “Verga” di Milano, cui faranno seguito anni di grande attività ed impegno fatti di concerti, conferenze, spettacoli teatral-musicali a difesa dell’ambiente rivolti principalmente al pubblico dei bambini.

Nel 2001 gli viene attribuito il premio “Tenco”, e nel corso della manifestazione le sue composizioni vengono eseguite da una quindicina di artisti per essere poi riunite in un album intitolato “Canzoni per te”.

Ha detto una volta di lui Franco Battiato: “Non si è mai fatto coinvolgere dal rumore stupido del successo”. Ecco, questa forse è la chiave di lettura più vera dell’opera di Endrigo: schivo, appartato, sempre tra le righe, Sergio Endrigo ha saputo preferire e prediligere piuttosto il concentrarsi di più e meglio sull’aspetto emozionale delle proprie canzoni, sempre cercando di dire e di dare una nuova emozione, un nuovo sentimento, un nuovo spunto all’introspezione, sublimando la propria ricerca in un mondo poetico di raffinatissima fattura accompagnato da musiche assolutamente consone ed adeguate al contenuto delle liriche. Liriche, sì, perché di questo in verità si tratta: vere e proprie gemme di poesia distillate con arte e da centellinare con calma e concentrazione, assaporandone pian piano il profumo delicato e facendosi ogni volta commuovere (cum-movere) dalla dolce melancolìa del poeta, che senza tempo rinnova ogni volta all’ascolto la propria magia.

Perché, oggi come non mai, “ci vuole un fiore”.

(Per PAGINE 70)
Antonio Monteduro

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Il sito ufficiale http://www.sergioendrigo.it/index2.htm è realizzato molto bene, ho chiesto l’autorizzazione a riportare parte della autobiografia, mi ha subito risposto affermativamente e con entusiasmo. Ne sono contento: l’autobiografia la trovate qui sotto:

Sono nato a Pola il 15 giugno 1933 a mezzogiorno in punto da Romeo Endrigo e da Claudia Smareglia. 

Pola era il capoluogo dell’Istria: nel 1947 è stata assegnata alla Jugoslavia e adesso è in Croazia. 

Mio padre Romeo era figlio di uno scalpellino che aveva la sua baracca di lavoro proprio davanti al cimitero. Mio padre, assolutamente autodidatta, si dedicava anche alla pittura e divenne uno scultore molto conosciuto a Pola. Al cimitero di Pola ci sono molte sue sculture e bassorilievi in marmo. Le ho riviste nel 1963, passando per Pola, mentre mi recavo in vacanza con mia moglie a Lussinpiccolo (oggi Malilosini), dove da ragazzino ero stato ospite di mio zio. Negli uffici comunali della mia città natale e nella provincia c’erano le riproduzioni in gesso dei busti di Mussolini e di Vittorio Emanuele III scolpiti originariamente in marmo da mio padre. Inoltre era anche tenore (autodidatta): cantò dal 1922 al 1924 e con grande successo. In quegli anni si esibì al Teatro Dal Verme di Milano ne La Bohème e nella Madama Butterfly. La Scala era chiusa a causa dei bombardamenti della prima guerra mondiale, quindi il Dal Verme era il primo teatro di Milano. Mio nonno mi aveva dato un quaderno con tutti gli articoli di giornale riguardanti l’attività di mio padre come tenore. Purtroppo nei miei trasferimenti di città in città, negli anni ’50 l’ho perso. Ma un particolare lo ricordo ancora. Diceva, più o meno, che finalmente c’era un tenore che non esagerava con gli “ooooooh” e gli “aaaaaah”… Credo che quell’articolo abbia avuto una grande influenza su di me. Non ho mai amato i gigioni e il “birignao”.

Devo dire però che praticamente io non ho potuto conoscere mio padre, perché dai tre ai sei anni fui ospite dei miei zii a Trieste, e lui morì nel 1939 quando io avevo sei anni.

La mia vocazione di cantante la scoprii a circa dieci anni. Io abitavo con mia madre in una soffitta al quarto piano; sotto casa nostra c’era un’osteria ed ogni tanto lei mi incaricava di andarvi a comprare un po’ di vino. Il padrone dell’osteria era soprannominato Bepi Mustaccia perché aveva due grandi baffi alla Francesco Giuseppe. A mezzogiorno c’erano operai e manovali che mangiavano salumi avvolti nella carta oleata ed il Mustaccia, per intrattenerli, mi sollevava di peso, mi metteva in piedi su un tavolo ed io cantavo La Donna È Mobile. Quando finivo di cantare tra gli applausi il padrone mi regalava un paio di lire. A me sembravano proprio tante perché allora si andava al cinema con …settanta centesimi.

Tra i miei interessi c’era anche la lettura. Da bambino leggevo “Il Corriere dei Piccoli”. A otto o nove anni ho cominciato a leggere Salgari. Mia madre andava a letto molto presto perché lavorava la mattina. Ed io, con il lume a petrolio, facevo mezzanotte. Avevo una piccola collezione di francobolli regalatimi da uno zio. La diedi al maresciallo per il quale lavorava mia madre ed in cambio lui mi diede i soldi necessari per comprarmi una chitarra. È successo a Venezia ed avevo 14 anni. Stavo partendo per andare a passare tre anni in un collegio per profughi giuliani e dalmati a Brindisi (nel 1947 la regione dell’Istria è stata riconosciuta alla Jugoslavia e tutti gli italiani lì residenti furono costretti ad espatriare).

Perché ho scelto la chitarra? Mia madre non aveva certo i soldi per farmi studiare il pianoforte e poi la chitarra è facile, fa “strimpellare”, costa poco, è facile da trasportare ed è adatta per accompagnare la propria voce…

Qualche anno prima volevo studiare il violino. Purtroppo non c’erano i soldi né per lo strumento né per le lezioni.

Prima di andare in collegio a Brindisi, ero ospite di un mio carissimo zio, fratello di mia madre che era primario all’ospedale di Grado. In casa c’erano degli scaffali zeppi di libri ed io li sceglievo a caso perché a quell’età non avevo orientamenti precisi in tema di letture. Ho letto I promessi sposi saltando, però, il capitolo delle “grida”. Mi sono piaciute da morire le Novelle di Maupassant ed il teatro di Ibsen. In collegio circolavano i romanzi di Cronin e di Steinbeck. Quest’ultimo mi piaceva moltissimo. Nella mia vita mi è sempre piaciuto leggere. Ho letto molti romanzi e molte poesie.

Poi a 17 anni sono stato cacciato dal collegio perché avevo “osato” svolgere un tema di italiano su un argomento mio personale che mi piaceva sviluppare, invece che su quello scontato e retorico dettato dalla professoressa. Questa insubordinazione mi costò l’espulsione dal collegio.

Interrotti gli studi ginnasiali nel 1950, da Brindisi tornai a Venezia: mia madre faceva la domestica presso un maresciallo della Guardia di Finanza e con quello che guadagnava mi manteneva in una pensioncina familiare proprio dietro piazza S.Marco. A quel tempo svolsi svariati lavori, tra i quali fattorino alla Mostra del Cinema, lift-boy all’Hotel Splendin Swisse e l’ufficiale di censimento. Capitò che il nuovo direttore delle Poste a Venezia fosse nativo di Pola e che mia madre lo conoscesse. E così mia madre mi disse che avrei potuto entrare in Posta come portalettere e poi, con un concorso interno, andare allo sportello delle raccomandate. Le risposi che da quel momento non le avrei più chiesto aiuto e che mi sarei arrangiato da solo ma che in Posta non volevo entrare. Andai a Udine in treno all’ I.R.O. (International Refugee Organization) per tentare di emigrare in Canada o in Australia. Non mi presero perché quel giorno reclutavano boscaioli ed io non avevo il fisico adatto.

A Venezia cantavo con gli amici le canzoni americane dell’epoca; amavo i motivi interpretati da Bing Crosby, Frank Sinatra, Johnny Mathis, dai Mills Brothers, canzoni che poi avrei cantato per sette anni nei night-club. Suonavo già la chitarra, anche se non ho mai studiato la musica. 

E sulla chitarra ho inventato poi tutte le mie canzoni.

All’Hotel Excelsior, dove lavoravo dall’inizio dell’estate del ’52, canticchiavo da solo in ascensore o nella toilette sperando che qualche produttore americano di passaggio mi sentisse e mi portasse a Hollywood…

Sempre in quell’anno ci fu al teatro Malibran un concorso per cantanti dilettanti ed io cantai September Song. Arrivai secondo perché vinse uno che cantava Pasquale ‘nnammurato. Quasi un segno premonitore: infatti questa fu la prima volta in cui a mie canzoni sono state preferite altre di rilevante…significatività.

Qualche giorno dopo mi fermò un fisarmonicista e mi offrì di cantare al Roxy Bar del Lido, che faceva concertino pomeriggio e sera. Per cantare una quindicina di canzoni mi offrì 2.500 lire al giorno. Accettai e quella fu una scelta artistica… chiaramente dettata dal fuoco dell’arte!.

Dal 1952 al 1958 cantai in balere, dancing e night-club, dal Dancing Cristallo di Mestre all’Hotel Bellevue di Cortina d’Ampezzo, dall’Embassy Night-Club di Milano (ma ricordo anche l’Astoria, il Maxim, l’Odeon, il Morocco, la Porta d’Oro…) all’ Hotel Bauer Grunwald.

Nel 1954 prestai il servizio militare e passai così da una paga di 114 lire a quella di 5000 lire al giorno!!!

Nel 1959 entrai a far parte del complesso di Riccardo Rauchi. Io ero il suo cantante e suonavo il contrabbasso; con la sua formazione ho inciso una mezza dozzina di dischi per l’etichetta La Voce del Padrone (sebbene il mio nome non comparisse mai nelle note di copertina).

Decisi quindi di abbandonare il lavoro di cantante di night per tentare la carta discografica come solista. Ero stufo di fare il night-club, anche se mi ero molto divertito, perché nell’Italia bacchettona di allora il night-club era un’oasi di spensieratezza, di whisky, di donne, di ballerine. Sono stato anche a Beirut per sette mesi, però quando sono arrivato all’età di ventisei anni mi sono visto a sessant’anni ancora con il contrabbasso in mano a cantare My Funny Valentine, e la cosa non mi entusiasmava molto. Non c’era nessuna possibilità di carriera. Sì, stavo bene, guadagnavo bene, mi divertivo, ma non c’era futuro. E allora mi sono detto: “Provo la carta discografica come cantante oppure emigro in Australia, in Canada, vado a lavorare, cambio tutto”. E così tramite Mario Minasi, che era il mio impresario di allora, firmai un contratto come cantante con la Ricordi. Era il 1960. Feci il provino con il Maestro Giampiero Boneschi, cantai Le Tue Mani di Pino Spotti, e Boneschi diede il suo parere favorevole. Fu Nanni Ricordi insieme a Franco Crepax a creare il reparto di musica leggera. Avevano portato in sala d’incisione Paoli, Tenco, Gaber, Jannacci, Bindi, c’erano Gianfranco e Giampiero Reverberi come arrangiatori, c’era il gruppo che ci accompagnava in studio, I Cavalieri della Tavola Rotonda, perché Tavola Rotonda si chiamava una sottoetichetta della Ricordi dove incidevano molti di noi. C’era insomma un nutrito scambio di idee tra tutti noi. Dopo aver firmato il contratto, Nanni Ricordi mi chiese a bruciapelo: “Ma lei (ci davamo del lei allora) non scrive canzoni?”. Ed io gli risposi di no. Poi sono tornato a casa, ho preso la chitarra ed ho scritto Bolle Di Sapone, la mia prima canzone in assoluto, e subito dopo le altre, I Tuoi Vent’Anni, La Brava Gente e Chiedi Al Tuo Cuore. Quindi…grazie, grazie tante Nanni! Questi quattro pezzi uscirono tutti con la firma Calibi-Toang perché io non ero ancora iscritto alla SIAE. Calibi era lo pseudonimo di Mariano Rapetti, il padre di Mogol, mentre Toang era lo pseudonimo di Renato Angiolini, un musicista che lavorava per la Ricordi. 

Nel 1962 Nanni Ricordi lasciò la casa discografica milanese per approdare alla RCA di Roma ed io, che artisticamente lì non trovavo più spazi adeguati, gli chiesi di seguirlo. Alla RCA ottenni il mio più grande successo con Io Che Amo Solo Te (in poche settimane vendette 650.000 copie), che mi fece conoscere anche all’estero, soprattutto in Brasile. Di questi anni sono alcune delle canzoni più felici: Aria Di Neve, Via Broletto 34, Viva Maddalena, Era D’Estate, La Rosa Bianca (da una poesia di Josè Martì).

Cominciai, nel 1963, ad esibirmi nelle mie prime serate come cantante solista dal vivo; nel gruppo musicale che mi accompagnava c’era anche Enzo Jannacci, in qualità di pianista (ottimo pianista e grande amico… bei tempi!). 

Iniziò in quel periodo la collaborazione con il maestro Luis Enrique Bacalov; lo chiamai parecchie volte ad aiutarmi a definire alcune canzoni, ma le idee iniziali sono sempre state mie.

Infatti, in dodici anni di collaborazione, il maestro Bacalov mi ha proposto solo la poesia La Rosa Bianca, affinché la musicassi e ne curassi la traduzione, e La Colomba, che lui ridusse a canzone, attingendo alla romanza del poeta Rafael Alberti su musica di Guastavino.

Chiamai anche Sergio Bardotti per aiutarmi a finire alcuni testi, perché io non sono mai stato un bravo paroliere. O le mie canzoni nascevano con musica e testo, come Io Che Amo Solo Te e la maggior parte delle mie canzoni, oppure avevo bisogno di aiuto. E Bardotti era bravissimo.

Musicai anche una poesia di Pier Paolo Pasolini, Il Soldato Di Napoleone. 

Nel 1965 lasciai la RCA per passare alla Fonit Cetra. Fu una scelta non per denaro, in quanto la RCA mi offriva praticamente la stessa cifra, ma perché volevano farmi incidere Warum Nur Warum di Udo Jurgens (divenuta poi Peccato Che Sia Finita Così con il testo in italiano di Franco Migliacci). Io decisi di andarmene perché l’atmosfera che si era creata mi risultava veramente sgradevole per il fatto che qualcuno volesse impormi che cosa dovessi o non dovessi cantare.

Se avessi avuto con la RCA i successi che ho avuto con la Fonit Cetra, credo che avrei guadagnato molto, molto di più. 

Nel 1966 partecipai per la prima volta al Festival di Sanremo con Adesso Sì; nel 1967 con Dove Credi Di Andare; nel 1968 vinsi il primo premio con Canzone Per Te (in coppia con Roberto Carlos). In quello stesso anno partecipai al Festival Europeo Della Canzone con Marianne (incisa successivamente, sia in inglese che in tedesco, anche da Cliff Richard, vincitore della manifestazione) e a Canzonissima con Camminando E Cantando. Lontano Dagli Occhi fu il brano che presentai a Sanremo nel 1969 (2° classificata), mentre L’Arca Di Noè si classificò terza nel 1970.

Altri successi di quel periodo furono: Teresa, Mani Bucate, Girotondo Intorno Al Mondo (da una poesia di Paul Fort), La Colomba (su una lirica di Rafael Alberti).

Negli anni ’70 interpretai diverse canzoni per bambini scritte da e con il poeta brasiliano Vinicius De Moraes (La Casa, Il Pappagallo, La Pulce, La Papera, L’Arca,…) e musicai e cantai alcuni testi di Gianni Rodari (Ci Vuole Un Fiore, Napoleone, Ho Visto Un Prato, ecc…).

La Casa era inserita nel Long Playing La Vita, Amico, È L’Arte Dell’Incontro ed ebbe subito un gran successo tra i bambini. Il disco L’Arca includeva anche il brano Il Pappagallo. A casa mia, osservando Paco, il mio pappagallo, Vinicius aveva scritto “ma che bello pappagallo tutto verde e l’occhio giallo…”: ci mettemmo in tre per finirlo, io, Bardotti e Bacalov. Successivamente io feci ascoltare il disco a Gianni Rodari, per dimostrargli che non era “fatto alla buona”, ma che c’erano bellissimi arrangiamenti di Bacalov, e che, oltre a me e a Vinicius, cantavano anche Marisa Sannia, i Ricchi e Poveri e Vittorio dei New Trolls. Da lì nacque Ci Vuole Un Fiore, una canzoncina ancor oggi molto conosciuta.

Al Festival di Sanremo partecipai anche nel 1971 con Una Storia; nel 1973 con Elisa Elisa, ottenendo il premio per il miglior testo e quale migliore interprete maschile; nel 1976 con Quando C’Era Il Mare e nel 1986 con Canzone Italiana.

Presi parte anche alla manifestazione Un disco per l’estate, edizione 1972, con Angiolina.

Con Sergio Bardotti ideai e realizzai, nel 1969, l’album La Vita, Amico, È L’Arte Dell’Incontro, un insieme di musica e di poesia, con Vinicius de Moraes, Giuseppe Ungaretti e Toquinho.

Nel Marzo del 1970 realizzai lo spettacolo L’Arca Di Noè, rappresentato al Piccolo Teatro di Milano, nel ruolo non solo di interprete ma anche di intrattenitore del pubblico. 

Dal 1971 al 1993 incisi vari album: Nuove Canzoni D’Amore per la Fonit-Cetra; La Voce Dell’Uomo, Dieci Anni Dopo e Canzoni Venete per la Ricordi; Sarebbe Bello e Donna Mal D’Africa per l’etichetta Vanilla, creata da Ornella Vanoni; …E Noi Amiamoci e Mari Del Sud per la Cetra, E Allora Balliamo per la RCA, Il Giardino Di Giovanni per la New Enigma; Qualcosa Di Meglio per la GRD.

Gli ultimi cinque album non furono assolutamente promossi e adeguatamente distribuiti, anche se, a detta di quei pochi estimatori che sono riusciti a sentirli, erano lavori di una certa validità.

Ho cantato in tantissimi Paesi del mondo: Stati Uniti, Canada, Argentina, Brasile, Cuba, ex Unione Sovietica, ex Jugoslavia (Croazia, Bosnia e Serbia), ex Cecoslovacchia, Romania, Bulgaria, Giappone, Israele, Grecia, Svizzera, Spagna, Portogallo, Gran Bretagna, Francia, Germania, Turchia, Uruguay. 

Il maggior successo lo ho avuto in Brasile dove ho cantato moltissime volte. La prima volta nel ’64 a Saõ Paulo e poi a Bahia, Rio de Janeiro, Belo Horizonte, Curitiba, Porto Alegre e Caixas do Sul. 

Sono ritornato in Brasile molte altre volte, sia per dare concerti (l’ultimo nel 2000 dove ho cantato il un locale di San Paolo che si chiama Tom Brasil e, per tre giorni, ho fatto il tutto esaurito, nonostante la pioggia incessante) che come turista (se posso vi torno una volta all’anno): amo molto quel Paese, la sua filosofia di vita, la saudade…

Ho inciso per quel mercato, nel 1979, in lingua portoghese, un album – Exclusivamente Brasil – dove figurano due brani scritti appositamente per me da Vinicius de Moraes con Toquinho (Samba Para Endrigo) e da Chico Buarque de Hollanda (A Rosa). Inoltre realizzai anche un album doppio con mie canzoni in italiano per la serie “A arte de …”, dedicata a tutti i grandi artisti della musica brasiliana. Io sono l’unico cantante, non solo italiano, ma anche straniero, di questa serie. Ne vado estremamente orgoglioso.

Oltre che in portoghese ho cantato in varie lingue: spagnolo, francese, inglese, greco, slavo. E presto avrò la possibilità di pubblicare un album in friulano insieme ad altri artisti che incideranno 15 mie canzoni tradotte in questo dialetto, io offrirò il mio contributo con Altre Emozioni e 1947.

Ho scritto circa 250 canzoni e, lungo la mia vita artistica, ho composto brani musicali anche per altri interpreti (in particolare per Marisa Sannia); ho prodotto, insieme a Sergio Colomba, due album di poesie dialettali per Biagio Marin e Ignazio Buttitta.

Nel 1974 ho composto il brano Nelle Mie Notti, insieme a Paolo Margheri e a Riccardo del Turco; per questa composizione è tuttora in corso una vertenza legale per plagio nei confronti del maestro Luis Enrique Bacalov inerente alla colonna sonora del film “Il postino”, per il quale gli è stato conferito l’Oscar nel 1995

Ho interpretato, nel 1972, il film Tutte le domeniche mattina, prodotto dalla RAI, con la regia di Carlo Tuzii e sono stato protagonista, nel 1981, a Trieste, di un lavoro teatrale di Ninì Perno, con la regia di Alessandro Macedonia, dal titolo Un Sial per Carlotta.

Mi sono cimentato anche come scrittore nel 1995 con il libro Quanto mi dai se mi sparo?, che purtroppo l’editore ha stampato in un numero di copie assai limitato.

Sono partito da una famiglia poverissima, ma non ho sofferto. Mia madre ha fatto di tutto, veramente di tutto, per mantenermi e per rendermi facile la vita. Ha vissuto fino a sessant’anni nella miseria più nera ed io sono felice – grazie al successo – di averle fatto vivere una vecchiaia bellissima, per ventidue anni, da gran signora. I soldi non fanno la felicità, però …

Ho avuto anche dei parenti che mi hanno molto aiutato.

Dagli anni ’60 sino a metà degli anni ’90 ho abitato in una villa a Mentana. Con noi stava anche mia madre, fino alla sua scomparsa, nel 1987.

Attualmente risiedo a Roma.

Mi sono sposato nel 1963 con Maria Giulia Bartolocci, presentatami da Riccardo del Turco, che ne sposò la sorella. Nostra figlia Claudia è nata nel 1965. Nel 1994 sono rimasto vedovo.

Ci siamo sempre circondati di animali: almeno una ventina di gatti, alcuni cani e, da 35 anni, da un pappagallo brasiliano di nome Paco.

Per l’edizione del 2001 mi è stato attribuito il Premio Tenco; nel corso di tale manifestazione una quindicina di artisti ha cantato – al Teatro Ariston di Sanremo – le mie canzoni, riunite successivamente in un CD dal titolo Canzoni Per Te.

Sono grato a Franco Battiato, che, nel 2000, ha incluso due mie composizioni (Te Lo Leggo Negli Occhi e Aria Di Neve) nel suo album Fleurs. Ma anche a Ornella Vanoni che due anni fa ha inciso – in modo splendido – Io Che Amo Solo Te.

Nel Novembre 2000, dopo un lungo periodo lontano dal palcoscenico, mi sono esibito dal vivo al Teatro Verga di Milano. Nel Marzo 2001 ho presentato a Milano, per tre spettacoli, con Nicola Di Staso alla chitarra, il concerto Canzone per Teresa… e le altre. A Maggio dello stesso anno ho cantato a Bari con l’Orchestra Sinfonica della Provincia di Bari interpretando i miei successi arrangiati ex novo per l’occasione.

A Roma ho attuato il progetto Ci Vuole Un Fiore (una serie di spettacoli teatral-musicali a difesa dell’ambiente e della natura, rivolto ai bambini e ai ragazzi delle scuole) per la durata dell’intero anno scolastico 2001/2002; questa iniziativa mi ha dato molte soddisfazioni e mi ha commosso per la partecipazione e l’affetto che gli alunni mi hanno testimoniato.

Dopo un lungo succedersi di impegni (serate, concerti, conferenze…) nell’Agosto 2002 sono stato ricoverato a Gorizia e per un lungo periodo sono stato costretto a inattività, dovendo sottopormi ad esami e a cure fisioterapiche: ciò non mi ha però impedito di collaborare con Michele Bovi per un paio di trasmissioni televisive per RAIDUE , una delle quali dedicata a Giorgio Gaber. 

Il 1°Agosto del 2003 mi sono ripresentato davanti al mio pubblico nella cornice del Parco Lambro di Milano, dando l’avvio con il mio concerto alla seconda edizione dell’iniziativa dell’Assessorato lombardo R…Estate in Zona 3; il giorno 19 dello stesso mese ho tenuto un recital al Tourist’s Village – Castel Sant’Angelo di Roma, al termine del quale mi è stata consegnata una targa d’argento alla carriera dal vicesindaco di Roma, On. Maria Pia Garavaglia.

In quello stesso periodo viene attivato il mio sito internet ufficiale ed ho ultimato il nuovo album Altre Emozioni

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