La vera storia del Natale, festa laica

27 Febbraio 2023 dc, da MicroMega, articolo del 23 Dicembre 2022 dc:

La vera storia del Natale, festa laica

di Alessandro Giacomini

Le usanze di decorare l’abete e, soprattutto di festeggiare il Natale, sono sempre state pagane dalla notte dei tempi e il forte annacquamento religioso non ha il diritto di “disturbare” questa importante festa laica o, per meglio dire, astronomica, il cosiddetto “Dies Natalis Solis Invicti”, ovvero la rinascita del sole.

Con ciò non si vuole provocare nessuno, ma al contrario, fare un minimo di chiarezza sulle origini del cosiddetto Natale.

Molti obietteranno sul fatto che le nostre radici sono Giudaico Cristiane, altri in contrapposizione potrebbero replicare che la nostra cultura è anche Greco Romana, in ogni caso il Natale, se vogliamo essere il più coerenti possibile con la storia, andrebbe festeggiato in una “cattedrale” della scienza, ad esempio in un museo della scienza, magari decorando e abbellendo un cannocchiale nel contesto di un osservatorio astronomico, o magari con una celebre formula matematica, perché è solo per la stessa scienza che si dovrebbe festeggiare il Natale.

Facciamo un po’ di chiarezza, la ricorrenza astronomica storica è il 21 dicembre, data appunto del solstizio d’inverno, istituita come festa civile già dall’imperatore Aureliano con il titolo di Natalis Invicti.

Come molti sapranno l’aggiustamento dei calendari ha portato allo slittamento di 4 giorni e soprattutto alla sovrapposizione della festa cristiana su quella pagana, che esisteva in moltissime culture dal Mediterraneo al Nord Europa.

Era il giorno della rinascita della luce il 22 dicembre e il cristianesimo ha sostituito la festa pagana del Sol invictus con quella della nascita di Cristo, rubando di fatto il tutto al “dio della scienza” e, ad ogni latitudine storica, ai riti pagani precedenti all’avvento del cristianesimo.

Questa operazione avvenne a Roma ed è attestata per la prima volta dalla Depositio martyrum verso il 336 ma la tradizione di festeggiare la rinascita del sole, attribuendo a quella data la nascita di un Dio, è tradizione comune in diverse parti del mondo e tra diversi popoli, come attesta questo elenco, che segue, di quanti illustri appartenenti al mondo divino possono fregiarsi della propria nascita nei giorni che vanno dal 21 al 25 di dicembre. 

Dionisio o Bacco, dio del vino e della gioia in Grecia e a Roma. Moltissime sono le similitudini fra i misteri di Dionisio, conosciuto da 13 secoli prima di Cristo, e il “mito cristiano”: Dioniso,”uomo che divenne dio”, era venerato come “dio liberatore” (dalla morte) perché, una volta defunto, discese agli inferi ma dopo alcuni giorni tornò sulla Terra. Proprio questa sua capacità di resurrezione offriva ai suoi adepti la speranza di una vita ultraterrena tramite il suo divino intervento. Per essere ammessi al culto dionisiaco era necessario essere battezzati.

Direi più che imbarazzanti le analogie con la Chiesa Cattolica Apostolica Romana, ma questo è solo l’inizio, tra i nati verso il solstizio d’inverno ci sono molti altri antecedenti al cristianesimo, il quale ha assorbito e derubato l’essenza da tutti questi sotto elencati.

Sol Invictus dio indigete, fra le divinità delle origini romane più antiche, ricevuto da ancor più lontani cicli di civiltà come dalla tradizione indoeuropea, identificato poi con Mithra e col dio solare siriano Elio Gabalo.

Mithras, nato in una grotta sotto gli occhi di pastori che lo adorarono, culto dei militari di Roma e quindi diffuso in tutti gli angoli dell’impero dalle legioni, (e diverso dal Mithra di Persia), ricorda qualcuno vero?

Come lo stesso Mithra di Persia, nato da una vergine, morto e risorto (sembra dopo tre giorni) e ancora Attys, nato da una vergine, morto a titolo di sacrificio, e che risorge il 25/3 in corrispondenza anche di data, oltre che di significato di rinascita della vegetazione, col periodo della pasqua.

Senza dimenticare Atargatis di Siria, grande dea madre, dea della natura e della sua rinascita, chiamata dai romani anche Derketo e dea Syria (la sua festa risulta al 25 Dicembre, quasi con certezza come data di nascita).

Oppure Kybele dea della Frigia amata da Adone (il 25 Dicembre era festeggiata insieme ad Adone: ma che tale data fosse considerata la nascita in questo caso non è certo, è solo presunto).

Astarte della Fenicia, dea suprema, nonché dea della fecondità e dell’amore. Venerata anche dal re Salomone a Gerusalemme (la sua festa risulta al 25 Dicembre, quasi con certezza come data di nascita). Anche essa scese agli inferi e risorse, che strano.

Osiride dio supremo egizio della morte e della rinascita della vegetazione, e per estensione della rinascita dell’uomo. La resurrezione è il tema centrale del mito trinitario egizio di Osiride, Isis e Horus dal quale pare proprio che sia stata presa l’ispirazione per una successiva famosa resurrezione in ambito ebraico.

Horus, dio falcone solare, figlio di Osiride ed Iside con cui costituiva una popolarissima triade che (insieme alle tante altre triadi di dei popolarissime in tutto il mediterraneo) è stata d’ispirazione alla triade cristiana non ufficiale di Dio padre, Madonna e Bambino Gesù, nonché al raggruppamento ufficiale della Trinità, che esclude l’elemento femminile. La sua nascita era celebrata il 26 Dicembre.

Ra, il dio Sole egizio corrispondente a Helios, la cui nascita era celebrata il 29 Dicembre nella città-tempio di Heliopolis, a lui dedicata, nella zona dell’attuale Cairo.

Infine, ma è solo una piccola parte, Krisna che muore ucciso da una freccia rinascerà anche lui e, anche lui come Babbo Natale, porta doni nel cuore della notte.

Se tutto ciò non è ancora sufficiente un piccolo contributo lo dedichiamo pure all’albero di Natale che non va certo dimenticato, l’usanza di decorare un abete il cosiddetto albero di Natale non è certo una prerogativa della comunità cattolica ma si è diffusa in tutto il mondo, antecedentemente e indipendentemente dal credo religioso.

La tradizione, la cultura della decorazione ha radici in un passato lontano e le sue origini sono pagane, tutto nasce in concomitanza con il solstizio invernale, i Maya, come successivamente alcuni Paesi nordici, ad esempio i Celti, avevano compreso che durante questo evento astronomico il giorno raggiungeva i suoi minimi per poi recuperare luce nei giorni successivi, era la rivincita della luce sulle tenebre.

L’abete, “pianta sempreverde“ anche in inverno, testimonia la resistenza della vita contro il rigido clima invernale, si prestava quindi ad essere “decorato“ proprio nel periodo del solstizio, la vita contro la morte vegetale.

La Chiesa Cattolica inizialmente vietò di abbellire abeti, visto poi la popolarità, con il suo classico opportunismo, incorporò anche questa tradizione.

Quindi attenzione alle palle di Natale e buona rinascita del sole a tutti.

Come la Chiesa cattolica primitiva cristianizzò Halloween

23 Novembre 2022 dc, dal sito Iridediluce, 31 Ottobre 2022 dc:

Come la Chiesa cattolica primitiva cristianizzò Halloween

di Iridediluce

Halloween può essere un affare secolare oggi, dominato da caramelle, costumi e dolcetto o scherzetto, ma la festa è radicata in un festival pagano celtico annuale chiamato Samhain (pronunciato “SAH-wane”(Nota mia: nell’alfabeto fonetico internazionale, pronuncia irlandese: [ˈsˠəuɪnʲ], scozzese gaelica: [ˈs̪ãũ.ɪɲ], inglese: [ˈsɑːwɪn], [ˈsaʊɪn] o [ˈsaʊeɪn])) che è stato poi appropriato dalla Chiesa Cattolica primitiva circa 1.200 anni fa.

Gli antichi Celti erano un assortimento di tribù e piccoli regni un tempo sparsi nell’Europa occidentale e centrale con lingue e culture distintive, spiega Frederick Suppe, uno storico specializzato in storia celtica e medievale alla Ball State University dell’Indiana.

Anche dopo che i romani conquistarono il loro regno i Celti continuarono a sopravvivere e prosperare in luoghi come la Bretagna, la Cornovaglia, l’Irlanda, l’Isola di Man, la Scozia e il Galles.

Halloween ispirato a Samhain

Samhain

Le origini di Halloween possono essere fatte risalire alla festa celtica di Samhain, una festa druidica che si tiene il 31 ottobre.

Bildagentur-online/Universal Images Group

Samhain, il festival celtico che è l’antenato di Halloween, era legato al modo di vedere il mondo da parte dei Celti.

Tutti i popoli celtici concepivano una dicotomia fondamentale tra luce e oscurità, con i primi che rappresentavano valori positivi, fortunati, fruttuosi e i secondi che rappresentavano valori negativi, minacciosi e distruttivi, spiega Suppe (Nota mia: luce e oscurità sono al singolare, la frase successiva ne parla al plurale, forse c’è un errore di trascrizione o traduzione).

L’anno celtico è iniziato al tramonto alla fine del raccolto autunnale, è continuato attraverso l’oscurità dell’inverno e l’inizio della primavera nel chiarore della stagione estiva e si è concluso con il raccolto. Due grandi festività hanno diviso il loro anno: Beltane, che si è svolta dal 30 aprile al 1 maggio nel nostro calendario, e Samhain, che si è svolta dal 31 ottobre al 1 novembre.

Samhain è stato il momento in cui il mondo spirituale è diventato visibile agli umani e gli dei si sono divertiti a fare brutti scherzi ai mortali. Era anche un periodo in cui gli spiriti dei morti si mescolavano ai vivi.

I Celti credevano nel raccogliere tutti i loro raccolti (Nota mia: forse meglio “fare il raccolto”) da Samhain, “in modo che non sarebbe stato danneggiato dagli spiriti maligni o maliziosi che potevano tornare la prima sera della metà oscura dell’anno”, dice Suppe. “Le offerte simboliche del cibo raccolto dovrebbero essere offerte agli spiriti per placarli”.

Il papa adotta le tradizioni celtiche

Papa Gregorio I, Gregorio Magno

Papa Gregorio I, il Grande.

Ann Ronan Pictures/Collezionista di stampe/

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Racconti e tradizioni raccapriccianti di Halloween

Giorno della morte

Così la Chiesa ha mescolato le tradizioni che coinvolgono spiriti celtici e santi cattolici. Nell’800 la Chiesa designò il 1 novembre come Festa di Ognissanti.

“Le vecchie credenze associate a Samhain non si sono mai estinte del tutto”, scrisse il folklorista Jack Santino in un articolo del 1982 per l’American Folklife Center. 

“Il potente simbolismo dei morti viaggianti era troppo forte, e forse troppo basilare per la psiche umana, per accontentarsi della nuova, più astratta festa cattolica in onore dei santi”.

Invece, la prima notte di Samhain, il 31 ottobre, divenne All Hallows Day Evening, la notte prima della venerazione dei santi. Quel nome alla fine si trasformò in Halloween, e divenne il momento in cui i cristiani potevano trasformare il simbolismo soprannaturale e i rituali di Samhain in un divertimento spettrale.

Jack O’Lantern, le origini del dolcetto o scherzetto

Storia di Jack-o-Lanterns

Un gruppo di bambini ha messo un Jack O’Lantern illuminato su un palo di recinzione di una fattoria la notte di Halloween.

Immagini americane di Stock/Getty

Uno dei rituali adottati dai Celti era l’intaglio della zucca, che aveva un significato religioso. “L’usanza jack-o-lantern consiste nel mettere il fuoco, che imita la buona magia del sole, all’interno di un ortaggio scavato, che rappresenta il raccolto”, dice Suppe. È stato fatto “nella speranza che la buona magia aiuterà a preservare il cibo raccolto durante la metà oscura dell’anno, fino a quando la prossima stagione di crescita potrebbe ricostituire le scorte alimentari della comunità”.

Più tardi, in Irlanda e in Scozia, la gente sviluppò l’usanza di usare lanterne vegetali scolpite in modo simile per spaventare il personaggio mitico di Stingy Jack, che vagava per la Terra perché il diavolo non lo avrebbe lasciato entrare all’inferno.

Allo stesso modo, “la pratica del dolcetto o scherzetto ha origine nell’usanza celtica di dare frammenti simbolici del raccolto agli spiriti che vagavano fuori dalle case la sera di Samhain, per placarli e impedire loro di fare cose distruttive al raccolto o per case,” dice Suppe. Una volta che il cristianesimo si era affermato nelle regioni celtiche, i giovani uomini non sposati sfilavano ad Halloween, andando nelle case e chiedendo doni per gli spiriti.

“Questo era un momento in cui il duro lavoro della raccolta era terminato, quindi potevano concedersi qualche scherzo per sfogarsi”, dice Suppe. In Scozia, i gruppi di giovani uomini erano chiamati “guisers” (pronuncia “GEE-zers”-(Nota mia: la pronuncia del singolare è “gaiser” o meglio, nell’alfabeto fonetico internazionale, ˈɡaɪ.zə)) perché indossavano travestimenti, l’inizio dell’usanza di indossare costumi di Halloween.

Secoli dopo le usanze di Halloween furono portate negli Stati Uniti da immigrati provenienti dall’Irlanda, dalla Scozia e da altre antiche patrie dei Celti. Come un articolo del 1894 su Christian Work  descrive la festa: Halloween è una notte “in cui streghe, spiriti maligni e tutti gli spiriti malvagi uscivano in oscuri e misteriosi festeggiamenti di mezzanotte”.

Che incenso che fa. Il Papa, Fazio e l’intervista mancata

8 Febbraio 2022 dc, su Micromega.net, articolo del 7 Febbraio 2022 dc:

Che incenso che fa. Il Papa, Fazio e l’intervista mancata

Da Fabio Fazio nessuna vera domanda a Bergoglio. La conversazione è stata solo l’occasione per esprimere pensieri vaghissimi su questioni generiche.

di Marco Marzano

Non sarebbe potuto avvenire ovunque. Una conversazione (non chiamiamola intervista per favore) quale quella avvenuta tra il pontefice Francesco e il conduttore televisivo Fabio Fazio non si sarebbe potuta svolgere in un altro grande Paese europeo. Non certo in Germania, dove i cattolici discutono seriamente di riforma della Chiesa, di abolizione del celibato obbligatorio, del ruolo delle donne. Non in Francia, dove il tema del giorno nella Chiesa è la lotta contro gli abusi sessuali commessi dai membri del clero. Nemmeno in una delle conferenze stampa che si tengono sugli aerei al ritorno dai viaggi apostolici si sarebbe potuto assistere a uno spettacolo come quello di ieri sera.

Solo in Italia è potuta succedere una cosa del genere. Perché il nostro è il Paese degli “uomini della Provvidenza”, degli “unti del Signore”, dei salvatori immacolati, dei “divi”, degli eroi senza macchia e senza paura, dei santi in terra. E proprio come un santo in terra è stato presentato ieri sera, per l’ennesima volta, papa Bergoglio. Concludendo la conversazione Fazio ha rivelato di avere persino l’impressione che il papa gli legga nei pensieri, che legga nei pensieri di tutti noi, ovvero che sia dotato di quella onniscienza che i cristiani attribuiscono solo a Dio. L’intervista era iniziata con una domanda sulla capacità del papa di “abbracciare tutti”, di “farsi carico del peso del mondo”. Anche in questo caso era sottinteso che solo chi possedesse capacità extraumane potesse fare il papa nel modo in cui lo fa Bergoglio. Nello schema di Fazio (che poi è lo schema dominante) al pari di tutte le divinità, e al pari di Cristo, Bergoglio può essere solo infinitamente amato o infinitamente odiato: i giusti lo amano, i malvagi lo perseguitano. Tertium non datur.

Papa Francesco non può essere, come tutti gli uomini influenti al vertice di una grande e potentissima organizzazione, essere giudicato razionalmente per le sue capacità di governo, per la linea che ha scelto di seguire su questo o quel tema, per come ha affrontato questa o quella grana interna. No. Il papa dev’essere valutato esclusivamente per la sua affinità col divino. Questo è il motivo che spiega il fatto che nella conversazione non gli siano mai state poste delle vere questioni, ma che gli si sia piuttosto data l’occasione per esprimere dei pensieri vaghissimi su questioni generiche. Perché quello che conta, nello schema di Fazio e nel mainstream italico, è appunto di stabilire chi sia davvero il papa: se un santo o un impostore.

In altre parole, nello schema di Fazio, non è giudicando con la ragione l’adeguatezza delle sue risposte (banali quanto le domande) che si giunge a un giudizio su di lui, ma “odorando”, sentendo con l’intelligenza del cuore se dal suo corpo proviene un profumo di incenso o un tanfo di zolfo. Il conduttore, che della santità (o forse della divinità) del pontefice è convinto da tempo, ce lo ha presentato ripetutamente come il papa di tutti, il “padre di tutti”, come un uomo che ci salva con il suo sacrificio personale e la sua preghiera (Fazio lo ha detto esplicitamente riferendosi alla pandemia), come una creatura che non può non essere amata se non da qualche pazzo scriteriato o da qualche impunito criminale.

Un uomo in odore di una santità tutta maschile e proprio per questo paterna. Quella di ieri sera è stata una conversazione tra uomini, tra maschi. Il conduttore ha usato l’appellativo “Santo Padre” decine e decine di volte, in modo ostentato e deferente. Il papa ha evocato la paternità di Dio, la divinità di Gesù, ha citato San Paolo e i pontefici suoi predecessori. Ha menzionato i dirigenti della Chiesa e i suoi collaboratori. La stabilità e l’equilibrio dell’umanità e del pianeta sono stati rappresentati come dipendenti dal riconoscimento a ogni livello dell’autorità del padre: il pater familias, il padre vestito di bianco già santo che sta a Roma, il padre celeste che ci guarda da lassù. Per l’altra metà del cielo, per le donne, il momento non è ancora venuto. Almeno non nel mondo di Fazio e papa Francesco.

Di seguito un’articolo correlato:

Sommersi dalla papolatria

Il devoto Fazio ci ha ammannito un’ora di religione non dissimile da quella propinata nelle scuole. Più cala il suo consenso, più la chiesa cattolica si annette ogni angolo in Rai.

di Raffaele Carcano

Nessuno può sapere se, come sostengono i suoi fedeli, Dio sia realmente ovunque. Il sospetto è che a essere ovunque sia invece Bergoglio. È diventato il recordman delle prime volte per un papa, dal negozio di occhiali a quello di dischi. E non poteva quindi mancare la prima volta in un talk show: del resto, se ti fai intervistare per la Gazzetta dello Sport, perché non concedersi anche a Fabio Fazio?

Fazio non è un giornalista, ma un intrattenitore. Noto da anni per le domande concilianti che rivolge abitualmente ai suoi ospiti, poteva forse far eccezione proprio per il «Santo Padre»? A scanso di equivoci «il dono» era stato concordato preventivamente, e la registrazione è avvenuta in anticipo e successivamente montata. Nessuna sorpresa, quindi, per l’assenza di interrogativi sulla pedofilia, o sulle ingerenze politiche del Vaticano che hanno portato all’affossamento del ddl Zan. Così come sarebbe stato indelicato chiedere lumi al «Santo Padre» della sua incoerenza quando parla di equità fiscale (ma è il maggior beneficiario di esenzioni) o di povertà (ma è il più grande proprietario immobiliare del pianeta). Il devoto Fazio ci ha ammannito un’ora di religione non dissimile da quella propinata in tutte le scuole della Repubblica.

Il papa era stato posto così tanto a suo agio che si è persino permesso di definire il clericalismo «una cosa brutta», «una perversione» – e lo ha fatto nel preciso istante in cui ne godeva appieno (esigendolo 24/7, evidentemente intende per ‘clericalismo’ qualcosa di molto diverso dal significato attribuitogli dai vocabolari). Dopo aver ascoltato qualche banale dichiarazione su temi d’attualità, condivisibile da qualunque persona decente, ora però sappiamo che il papa ballava il tango, e che da piccolo voleva persino fare il macellaio. «Sgub!», avrebbe urlato Aldo Biscardi: e tali dichiarazioni sono state effettivamente enfatizzate da numerosi mezzi d’informazione, anche se erano note da diverso tempo. La stampa estera non ha mostrato particolare interesse per l’intervista, e i pochi che se ne sono occupati hanno sottolineato quanto sia stata compiacente.

Il problema è che la Rai è di proprietà pubblica, e dovrebbe quindi svolgere un servizio pubblico – laico e pluralista. E invece, dati incontrovertibili alla mano, è letteralmente occupata dai cattolici, con modalità così spudorate che l’aggettivo più idoneo alla descrizione del fenomeno è «totalitario». Vige infatti il pensiero unico. Non esiste un TG in cui non appaia il pontefice, eppure si riesce comunque a dargli spazio anche in altri programmi. Le critiche sono letteralmente vietate: è più facile che nevichi alle Maldive, piuttosto che un giornalista Rai si avventuri in qualche osservazione ficcante sul Vaticano. Tutti ricordano bene l’immediata rimozione di Roberto Balducci, ‘reo’ di aver ironizzato nel 2009 sullo scarso seguito di Ratzinger.

Più cala il consenso per la Chiesa Cattolica (Nota mia: nei fatti, questo consenso non mi sembra proprio che stia calando), più la Chiesa Cattolica si annette ogni angolo in Rai. Non è un paradosso. Il papa è ovunque perché ovunque la fede cattolica sta, se non scomparendo, quantomeno ridimensionandosi. Come un qualsiasi monopolista i cui articoli trovano sempre meno acquirenti, è costretta a moltiplicare gli sforzi per cercare di continuare a smerciarla. In un mercato concorrenziale pagherebbe a peso d’oro tale gigantesco product placement (Nota mia: qui una spiegazione). In un’emittente gestita da politici clericali si fa invece a gara a regalarglielo.

È questo, una volta di più, l’autentico problema di fondo. In Francia, l’unico candidato alle presidenziali che evoca apertamente il cattolicesimo è l’ultra-estremista Eric Zemmour. In Germania, la maggioranza dei ministri che compongono il nuovo governo ha scelto di non giurare su Dio. In Spagna, è lo stesso esecutivo a chiedere un’inchiesta sugli abusi sessuali del clero. Basta paragonarla a quella dei più importanti partner europei per comprendere quanto la nostra classe politica sia abissalmente imbarazzante: accertato il suicidio della sinistra, l’arco parlamentare si divide ormai tra gli adoratori centristi di Bergoglio e quelli che, a destra, idolatrano il suo predecessore.

Qualcuno ha tirato sospiri di sollievo per le riconferme di Mattarella al Quirinale e di Draghi a Palazzo Chigi. Sarà. Insieme a Bergoglio, compongono la trinità di intoccabili che guida un Paese immobile, che ha ormai esaurito qualsiasi spinta propulsiva.

Aboliamo il Concordato! MicroMega lancia una raccolta firme

Inserito il 17 Ottobre, pubblicato su Micromega l’1 Luglio 2021 dc:

Aboliamo il Concordato! MicroMega lancia una raccolta firme

Primi firmatari: Boncinelli, Cantarella, Celestini, Flores d’Arcais, Maraini, Montanari, Odifreddi, Sciuto. Firma anche tu!

Se ci fosse ancora qualche dubbio sulla volontà e il potere di ingerenza della Chiesa cattolica nella vita dello Stato italiano, la “nota verbale” con cui il Vaticano si è intromesso nella discussione del ddl Zan l’ha completamente spazzato via.

A prescindere da come si concluderà l’iter del ddl in questione, l’interferenza vaticana ha già sortito un effetto deleterio per la nostra democrazia, alterando i termini del dibattito e impedendo una discussione fra cittadini liberi e uguali nello spazio pubblico attorno a una legge della Repubblica.

È dunque ormai urgente che la Chiesa cattolica perda tutti i privilegi di cui gode grazie ai Patti lateranensi del 1929, poi inseriti nell’articolo 7 Costituzione repubblicana. Di fronte all’incapacità della classe politica di imboccare coraggiosamente questa strada, è necessario che siano i cittadini a prendere la parola, chiedendo a gran voce l’abolizione del Concordato fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica.

Perché in una Repubblica democratica e laica non possono esserci cittadini più uguali degli altri.
FIRMA ANCHE TU

Primi firmatari:
Edoardo Boncinelli
Eva Cantarella
Ascanio Celestini
Paolo Flores d’Arcais
Dacia Maraini
Tomaso Montanari
Piergiorgio Odifreddi
Cinzia Sciuto

Perché non possiamo non dirci anticlericali

Da Micromega

Perché non possiamo non dirci anticlericali

 

di Carlo Troilo

Anche quest’anno l’anniversario del Concordato – pur essendo particolarmente importante perché è il novantesimo – rischiava di passare pressoché inosservato e di ridursi a qualche notizia di cronaca sulla patetica cerimonia che ogni anno vede i vertici delle istituzioni italiane nazionali (presidenti dei due rami del Parlamento, capo del governo e ministri a vario titolo competenti) e locali (presidente della Regione Lazio e sindaco di Roma) recarsi alla ambasciata italiana presso la Santa Sede per incontrare le più alte gerarchie del Vaticano e “festeggiare” quel Concordato clerico-fascista che ha ridotto la laicità dello Stato ed ha regalato alla Chiesa privilegi economici scandalosi: il prezzo pagato dal Duce per ottenere la legittimazione della sua dittatura da parte di un Vaticano che aveva “rimosso”, fra le altre vergogne del fascismo, anche l’uccisione di un coraggioso prete antifascista, don Giovanni Minzoni, massacrato a bastonate dai sicari di Italo Balbo il 23 agosto del 1923.
Un Concordato che andrebbe abrogato o quanto meno profondamente modificato, come in parte era avvenuto con la revisione Craxi-Casaroli del 1984: una buona revisione subito neutralizzata perché lo stesso governo Craxi – ed ancor più i governi successivi – hanno di fatto annullato, con una serie di leggi pro-Vaticano, i progressi fatti con quell’accordo.

Per questo, mi sono fatto promotore di un “appello” – firmato fino ad oggi (prima ancora di essere reso pubblico) da 200 esponenti della cultura o militanti per i diritti civili – in cui si chiedono tre cose:

– Abolizione dell’ora di religione.

– Revisione degli attuali criteri per la ripartizione della quota (circa il 50 %) dell’8 per mille “non destinato”, che privilegiano nettamente la Chiesa Cattolica.

– Revisione delle norme relative all’IMU sui beni immobili della Chiesa e azione determinata per dare attuazione alla recente sentenza della Corte Europea, recuperando nella misura del possibile l’ICI non pagata in passato (4-5 miliardi di euro).

“Tre provvedimenti ‘facili’ – conclude l’appello – in attesa di trovare le soluzioni giuridiche e le condizioni politiche per rimettere profondamente in discussione il Concordato, così da ridurre l’ingerenza del Vaticano nella politica italiana, volta ad impedire la conquista di nuovi diritti civili”.

Nei numerosi colloqui che ho avuto con amici e conoscenti per indurli a firmare l’appello ho ricevuto spesso due raccomandazioni, che qui riassumo.

La prima è quella di non attaccare “i cattolici” ma solo le gerarchie vaticane. E su questa sono d’accordo, ed anzi mi pento di non avere inserito nell’appello un accenno al ruolo positivo svolto da tante associazioni cattoliche operanti nel sociale. Cercherò di rimediare nel corso delle iniziative che seguiranno alla pubblicazione dell’appello.

La seconda è quella di evitare di apparire anticlericale. Su questa non sono d’accordo, e provo a spiegare perché. Lo faccio anche come dirigente della “Associazione Luca Coscioni per la libertà della ricerca scientifica” che si batte, oltre che per la ricerca, per i diritti civili, in particolare sul tema delle scelte di fine vita. Su entrambi questi terreni, infatti, il nemico da battere è rappresentato innanzitutto dalle alte gerarchie ecclesiastiche, che sulla libertà della ricerca, e più in generale del pensiero, si sono espresse da secoli con i tribunali ed i roghi (Galileo Galilei e Giordano Bruno sono i casi più clamorosi). E continuano incessantemente nella loro azione oscurantista, come dimostrano fra l’altro le battaglie su cellule staminali embrionali, utilizzo di embrioni, riproduzione in vitro e contraccezione.

Il Vaticano è stato da sempre il nemico da battere per consentire la conquista di nuovi diritti civili e poi – una volta conquistati – per assicurare la concreta possibilità di fruire di quei diritti (la vicenda degli obiettori di coscienza è il caso più vistoso di “sabotaggio” di una legge dello Stato da parte del Vaticano e delle sue potenti strutture ospedaliere).

Lo sa bene un ottantenne come me, che è stato impegnato da giovane nelle campagne per il divorzio e per l’aborto e, in anni più recenti, in quella per il Testamento Biologico e per la legalizzazione della eutanasia.

Voglio ricordare in particolare la durissima battaglia portata avanti dal Cardinale Ruini – per venti anni onnipotente presidente della CEI – con una entrata a gamba tesa nella politica italiana per far mancare il quorum nel referendum per l’abolizione della legge 40 sulla Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), che aveva introdotto una serie di divieti inumani, al punto di configurarsi come una legge contro la PMA. Ma lo stesso scontro si è verificato per le unioni civili, che l’Italia ha riconosciuto venti anni dopo i PACS francesi.

A queste mie osservazioni la risposta più frequente è l’invito a considerare la grande apertura di Papa Bergoglio ed il suo impegno umanitario.

Purtroppo, non condivido affatto il diffuso entusiasmo per il Papa argentino, anche senza considerare i dubbi espressi da alcuni giornalisti del suo paese sulla sua convivenza con la spietata dittatura del generale Videla.

Papa Francesco, a mio avviso, è abile come tutti i gesuiti nel dire e nel non fare. Tre esempi per dare concretezza a questa mia valutazione.

Lo sfarzo del Vaticano. Per alcune sue scelte iniziali Francesco fu subito definito “il Papa della austerità” da una stampa sempre benigna – e spesso servile – con il Vaticano. Ma dinanzi ad uno scandalo come quello dell’attico del cardinale Bertone – ristrutturato a caro prezzo anche con soldi destinati ai piccoli malati del Bambin Gesù – non risulta che il Papa sia intervenuto (almeno pubblicamente). Né ci sono altri segnali di un minore sfarzo fra le alte sfere ecclesiastiche. Mi colpiscono ogni volta le vetrine dei due negozi di abbigliamento per alti prelati nei pressi del Pantheon: haute couture per i seguaci di Cristo in una Italia con cinque milioni di poveri.

La pedofilia nella Chiesa. Prima di Francesco, non ricordo alcun Papa così spietatamente determinato – sempre a parole – nel combattere la pedofilia nella Chiesa e soprattutto gli alti prelati accusati di aver protetto i preti pedofili alle loro dipendenze. In questo caso il contrasto fra il dire e il fare è stato davvero clamoroso e particolarmente vergognosa la scarsissima attenzione della stampa italiana. La vicenda più clamorosa è quella del Cardinale australiano George Pell. Bergoglio lo volle a capo del neonato Dicastero economico, che aveva l’obiettivo di mettere in ordine conti, bilanci e finanze della Città del Vaticano. E la nomina avvenne benché fossero già note le accuse che la Magistratura australiana muoveva a Pell, chiedendone invano l’estradizione. Un tira e molla durato anni, finché Pell non ha più potuto evitare di rientrare in patria per affrontare il processo e le nuove accuse di due suoi connazionali che affermano di essere stati abusati dallo stesso Pell: con successiva condanna del Cardinale (nel dicembre scorso) che diverrà definitiva dopo una nuova fase processuale in primavera. Non è stata invece una scelta di Bergoglio ma di Giovanni Paolo II e dell’allora segretario di Stato Angelo Sodano quella di aiutare il Cardinale di Boston Bernard Law chiamandolo in Vaticano e nominandolo Arciprete alla Basilica di Santa Maria Maggiore. Law è stato reso tristemente famoso dal film “Spotlight” e si è sottratto grazie al suo ruolo in Vaticano alla giusta condanna che lo attendeva negli Stati Uniti. Quando è morto, pochi giorni prima dello scorso Natale, il Vaticano ha deciso di dedicargli solenni funerali in san Pietro e Papa Bergoglio ha scelto – a mio avviso del tutto inopportunamente – di parteciparvi.

Il dramma dei migranti. A Papa Bergoglio vanno riconosciute molte e decise prese di posizione a favore della accoglienza dei migranti. Prese di posizione che sembrarono destinate a tradursi in fatti concreti nel settembre del 2015 quando il Papa, in un solenne discorso, invitò tutte le parrocchie italiane ad ospitare almeno una famiglia di migranti. Poiché le parrocchie in Italia sono 25mila, avrebbero trovato ospitalità circa 100mila migranti. In pratica, il problema della loro accoglienza sarebbe stato risolto per anni. Purtroppo, secondo recenti inchieste giornalistiche, quasi nessuna parrocchia ha accolto migranti. Né risulta che il Papa sia tornato con forza sull’argomento, non fosse che per riaffermare la sua autorità. Per non dire che nella vicenda della nave Diciotti – dopo l’inumano comportamento del nostro ministro degli Interni – i 10 migranti (sottolineo: dieci) “assegnati” all’Italia sono stati ospitati non dalla Chiesa Cattolica ma da quella Valdese.

Una notazione finale: è noto che in Italia i ginecologi che praticano l’aborto sono circa il 20%, mentre tutti gli altri sono obiettori di coscienza: alcuni per convinzione, altri per convenienza (è più piacevole dedicarsi ai parti che agli aborti), altri ancora (i tanti che lavorano nelle strutture ospedaliere cattoliche) per ovvia necessità.

Sono dunque dei medici che fanno la scelta più difficile e dolorosa. Ma lo fanno, oltre che per personale convinzione, per obbedire ad una legge dello Stato, che dopo 40 anni è riconosciuta come una delle migliori al mondo e che ha ridotto di molto il numero degli aborti che si verificavano quando abortire era reato. Ebbene, Bergoglio non ha esitato a definirli “sicari”. E ancora una volta il silenzio – o le rare e flebili proteste – hanno dimostrato come il Vaticano ed i Papi siano praticamente intoccabili. Ho detto “i Papi”, ma aggiungo “e i Cardinali”, ricordando solo una delle scelte a mio giudizio vergognose di uno di loro, il Cardinale Ruini, che negò a Piergiorgio Welby i funerali religiosi, benché li chiedessero la moglie Mina, la madre e la sorella di Welby, tutte credenti e praticanti. Una pagina di crudeltà che appare ancor più ingiustificabile e feroce se si pensa che pochi giorni prima della morte di Welby nella Cattedrale di Santiago del Cile erano stati celebrati – presenti diversi Cardinali – i solenni funerali di Augusto Pinochet, uno dei peggiori boia del secolo scorso.

Per tutte queste ragioni sono e mi dichiaro anticlericale. E ricordo il mio nonno paterno – medico condotto in un paesino delle montagne abruzzesi, vecchio liberale mangiapreti – che trascorreva qualche ora degli interminabili inverni componendo filastrocche conto i preti. Una la ricordo ancora:

Sono preti e tanto basta

Sono tutti di una pasta

E guardarsene bisogna

Come fossero la rogna.

Ma per rifarmi ad una fonte più autorevole, provo a parafrasare il titolo di un famoso libro di Benedetto Croce: “Perché non posso non dirmi anticlericale”.

(28 gennaio 2019)