London


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È difficile che un maschietto, soprattutto per chi è nato prima degli anni Ottanta, non abbia letto, magari nelle versioni per ragazzi, un libro di Jack London e, forse, non ne abbia visto una delle svariate trasposizioni cinematografiche: Zanna Bianca e Il richiamo della foresta, soprattutto.

Anche a me è capitato, ne ho letto edizioni per ragazzi e integrali, ne ho subito il fascino. Negli anni dell'”impegno” politico anche il suo vago socialismo ha avuto la sua importanza.

Quindi ecco una nuova pagina a lui dedicata.


Dalla voce di Wikipedia, consultata l’1 Aprile 2020 dc, riporto il testo principale, senza note e link.

Jack London

Jack London, all’anagrafe John Griffith Chaney London (San Francisco, 12 gennaio 1876 –Glen Ellen, 22 novembre 1916), è stato uno scrittore, giornalista e drammaturgo statunitense, noto per romanzi quali Il richiamo della foresta, Martin Eden, Zanna Bianca, Il tallone di ferro.

La sua vita fu caratterizzata da attività e interessi personali diversi, coerenti con uno stile di vita vagabondo: fece lo strillone di giornali, il pescatore clandestino di ostriche, il lavandaio, il cacciatore di foche, il corrispondente di guerra (guerra russo-giapponese), l’agente di assicurazioni, il pugile, il coltivatore e il cercatore d’oro prima di realizzarsi, dopo innumerevoli tentativi, come scrittore di successo.

Biografia

Nacque a San Francisco in California nel 1876, figlio naturale (secondo Clarice Stasz e altri biografi) di un astrologo ambulante irlandese, William Henry Chaney, e di Flora Wellman, figlia di un ricco inventore dell’Ohio.

Il padre si disinteressò di lui, anche perché otto mesi dopo la sua nascita la madre si risposò con John London, contadino vedovo con due figli.

Jack venne cresciuto dalla madre e dal padre adottivo.

Terminata la scuola elementare nel 1889 London iniziò a passare da un lavoro all’altro frequentando compagnie assai poco raccomandabili, come ladri e contrabbandieri. Dopo numerose esperienze lavorative, tornò a Oakland per frequentare la Oakland High School, in cui partecipò alla redazione del giornale scolastico, The Aegis.

Durante la gioventù London venne mandato in diversi centri di rieducazione dove visse per diversi mesi.

A partire dal 1894 London aderì al socialismo, battendosi in difesa delle fasce deboli della società, partecipando, ad esempio, a una marcia di disoccupati su Washington per chiedere al Presidente il finanziamento di programmi di lavori pubblici contro la povertà e la mancanza di lavoro (richiesta che precorreva di decenni il New Deal Roosveltiano).

Abbandonata questa marcia si diede al vagabondaggio per gli USA, di cui tenne un diario trasformato anni dopo nel romanzo itinerante The Road.

Nel 1894, volendo iscriversi alla Berkeley University, decise di concludere gli studi secondari, finanziandosi con lavoretti di pulizia nella scuola, sul giornale della quale scrisse alcuni racconti ispirati soprattutto a Stevenson e Kipling.

Si iscrisse a Berkeley due anni dopo e si diede a un’intensa e variegata attività politica, con orizzonti la giustizia sociale e corrispondenti lotte organizzate, interessandosi anche a Darwin e all’evoluzionismo, condividendo le teorie relative alla sopravvivenza del più forte sul più debole proprie del darwinismo sociale, il quale ritiene che il concetto di lotta per la vita e la morte debba essere la regola delle comunità umane.

Nel 1897 lasciò l’università a causa di problemi finanziari.

Il 12 luglio 1897 il ventunenne London venne a conoscenza della scoperta di ricchi giacimenti d’oro nel Klondike, sul confine fra Canada e Alaska, e con il marito di sua sorella, il capitano Shepard, salpò per unirsi alla Klondike Gold Rush “Corsa all’oro”, che aveva il suo centro a Dawson City, dove incappò in avventure e disavventure d’ogni tipo, spesso tragiche e crudeli, che sarebbero state fonti ispiratrici di molti suoi scritti.

Come tanti altri malnutriti cercatori d’oro, London sviluppò lo scorbuto.

Nel 1898 rientrò a San Francisco con un misero sacchetto d’oro, che gli fruttò pochi dollari. Si dedicò allora intensamente al lavoro letterario, riuscendo a far pubblicare solo una minima parte dei suoi numerosi scritti. Fra la fine del secolo XIX e il 1916 London giunse finalmente al successo, seppur con alti e bassi notevoli, come scrittore, giornalista e inviato speciale, e ben presto divenne uno tra i più prolifici, famosi e meglio retribuiti scrittori del suo tempo: in tutta la sua carriera letteraria scrisse oltre 50 volumi.

Nel 1903 (dopo un viaggio nel Regno Unito) scrisse Il richiamo della foresta, pubblicato in seguito in circa 6.500.000 di copie solo in lingua inglese, ma pagato all’autore con una somma irrisoria, diritti compresi.

Dopo il successo del suo romanzo più famoso London si dedicò interamente all’attività letteraria, trattando i temi sociali che suscitavano via via i suoi interessi: tra gli appassionati di fantascienza tuttavia i suoi racconti godono fama di classici in netto anticipo sui tempi, sebbene questo lato della sua attività sia poco noto al grande pubblico.

In numerosi di questi scritti ricorre il tema del ‘giorno dopo’, che descrive un’umanità ritornata ai primordi o in procinto di farlo, e prospetta anticipazioni dell’ancora inesistente ‘guerra batteriologica’ (contro una Cina divenuta enormemente popolosa e pericolosamente concorrenziale sul piano produttivo).

Inviato di guerra

Nel 1904 salpò per la Corea, dove seguì, come corrispondente, la guerra russo-giapponese. L’esperienza durò circa sei mesi, durante i quali fu più volte arrestato dalle autorità giapponesi.

Dopo il primo arresto fu rilasciato attraverso l’intervento dell’ambasciatore statunitense Lloyd Griscom.

Durante il viaggio in Corea fu nuovamente arrestato dalle autorità per essersi avvicinato troppo al confine con la Manciuria senza il permesso ufficiale e fu rimandato a Seul.

Rilasciato gli fu permesso di viaggiare con l’esercito imperiale giapponese fino al confine e di osservare la battaglia di Yalu.

Del terzo arresto non si sa nulla, mentre il quarto ed ultimo avvenne per aver aggredito i suoi assistenti giapponesi, che accusò di aver rubato il foraggio per il suo cavallo.

Per liberarlo fu necessario l’intervento personale del presidente Theodore Roosevelt.

London nel giugno 1904 lasciò definitivamente il fronte.

(1905–16)

Nel 1905 acquistò un ranch di 1.000 acri (4,0 km quadrati) ubicato a Glen Ellen, Sonoma County, California, sul versante orientale del Monte Sonoma, ma fu un disastro finanziario.

Stasz, suo simpatizzante, considera il suo progetto potenzialmente fattibile ma attribuisce il successivo fallimento a sfortuna o all’essere stato in anticipo sui tempi.

Kevin Starr invece ritiene che London fosse stato distratto da altre occupazioni e soprattutto dal suo problema di sempre: l’alcolismo. L’area costruita fu chiamata Wolf House ma, proprio mentre l’edificio stava per essere ultimato, fu distrutto da un incendio. I resti di pietra del ranch sono ora un monumento storico nazionale protetto nel Jack London State Historic Park.

Nel 1906 decise di farsi costruire uno yacht per effettuare, in sette anni, il giro del mondo, cosa che non farà mai.

Fra il 1907 e il 1909 viaggiò e soggiornò nei Mari del Sud e in Australia e nel frattempo diede alle stampe Il tallone di ferro, romanzo fantapolitico che immagina la presa del potere, negli Stati Uniti d’America, da parte di una ristretta oligarchia dittatoriale, con situazioni che sembrano precorrere le nascita dei regimi nazi-fascisti.

Nel 1909 venne pubblicato il lungamente preparato Martin Eden, una sorta di libera autobiografia in terza persona, che ottenne grande successo di pubblico.

Durante l’ultimo viaggio nel 1915 London incontrò il surfista Kahanamoku, il principe Jonah Kūhiō Kalaniana’ole, la regina Lili’uokalani e molti altri, per poi tornare nel suo ranch nel luglio 1916.

Morte

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Il 22 novembre 1916 venne ritrovato cadavere in un Cottage nella residenza di Beauty Ranch, probabilmente a causa di un’overdose di antidolorifici.

Aveva solo 40 anni. Pur essendo stato sempre un uomo robusto, nell’arco della sua travagliata esistenza era stato colpito da gravi malattie tra cui lo scorbuto, contratto nel Klondike, e da infezioni tropicali durante i viaggi sullo Snark.

Soffriva inoltre di insufficienza renale, ma nonostante tutti questi acciacchi non smise mai di lavorare. Va ricordato inoltre che al momento della sua morte l’alcolismo era in fase avanzata e per alleviare le sofferenze assumeva molti antidolorifici, tra cui la morfina.

Dibattito sull’ipotesi di suicidio

Si è dibattuto a lungo sulla sua morte.

Si è sostenuta particolarmente la tesi del suicidio, quella di un’overdose puramente accidentale e quella di una necessità di assumere molti farmaci, a causa del dolore fisico, anche sfiorando il limite e alla fine superandolo e incorrendo nell’overdose fatale.

Il certificato di morte riporta invece come causa del decesso l’uremia come conseguenza di insufficienza renale cronica.

Un recente studio, realizzato negli Stati Uniti d’America da medici della divisione di Nefrologia e Ipertensione della facoltà di Medicina della University of North Carolina, partendo dal fatto che lo scrittore in una fotografia presenta sul viso i segni di una dermatite da mercurio, metallo utilizzato nella terapia della sifilide, ha sostenuto che è verosimile che questa malattia venerea possa essere stata la causa della sua morte assieme all’avvelenamento da mercurio, la cui tossicità avrebbe accelerato il decorso fatale, anziché rallentarlo.

L’entrata nei Filomati

Come riportato nel suo romanzo Il tallone di ferro Jack London conosceva le confraternite filomatiche, in particolare quella di Chicago.

La sua appartenenza all’ordine filomatico, comunque, non è stata mai smentita dall’Associazione Filomati, che in Italia ha sempre promosso i libri del romanziere, in particolare, per l’attenzione che lo scrittore volse verso i disagiati e gli emarginati.

Questo particolare piglio “socialista” di London è stato ripreso ne Il popolo dell’abisso, testo redatto in forma diaristica, ed in cui egli stesso è protagonista in un suo viaggio nel Regno Unito. Qui, a Londra, ebbe un incontro con l’Esercito della Salvezza.


Dal sito Biografie consultato l’1 Aprile 2020 dc:

Biografia di Jack London

Biografia • Scorza dura, animo sensibile

John Griffith Chaney, conosciuto con lo pseudonimo di Jack London, scrittore statunitense nato a San Francisco il 12 gennaio 1876, è una delle più singolari e romanzesche figure della letteratura americana. Figlio illegittimo, allevato da una madre spiritista, da una nutrice nera e da un padre adottivo che passava da un fallimento commerciale all’altro, si fece precocemente adulto sui moli di Oakland e sulle acque della baia di San Francisco insieme a compagnie poco raccomandabili.

Se la strada fu la culla della sua adolescenza, Jack London era uso frequentare ladri e contrabbandieri, costretto ai mestieri più disparati e non sempre legali. Nella sua giovinezza passò da un lavoro all’altro senza troppe difficoltà: cacciatore di foche, corrispondente di guerra, avventuriero, venne coinvolto egli stesso nelle famose spedizioni in Canada alla ricerca del mitico oro del Klondìke. Jack London ha comunque sempre coltivato e custodito dentro di sè il “morbo” della letteratura, essendo costituzionalmente un gran divoratore di libri di ogni genere.

Cimentatosi ben presto anche con la scrittura London riuscì a essere per circa un quinquennio scrittore tra i più famosi, prolifici, e meglio retribuiti che si ricordino, pubblicando in tutto qualcosa come quarantanove volumi. Il suo spirito era però perennemente insoddisfatto e ne sono testimonianza i continui problemi di alcool e gli eccessi che hanno contrassegnato la sua vita.

Una stupenda trasfigurazione di quello che Jack London era, sia sul piano sociale che interiore, la fece lui stesso nell’indimenticabile “Martin Eden”, storia di un giovane marinaio dall’animo ipersensibile che si scopre scrittore e una volta raggiunta la fama si autodistrugge, anche a causa delle netta percezione di essere comunque un “diverso” rispetto alla società fine e colta rappresentata dalla benestante ed educata borghesia.

Jack London scrisse romanzi di vario genere, da quelli avventurosi come “Il richiamo della foresta” (pubblicato nel 1903) a “Zanna Bianca” (1906), a quelli appunto autobiografici, fra cui si ricordano fra l’altro “In strada” (1901), il già citato “Martin Eden” (1909) e “John Barleycorn” (1913). Si è cimentato anche con la fantapolitica (“Il tallone di ferro”) e ha scritto numerosi racconti, tra cui spiccano “Il silenzio bianco”, e “Farsi un fuoco” (1910). Psicologico, filosofico e introspettivo è “Il vagabondo delle stelle” (The Star Rover oppure The Jacket), del 1915.

Più volte si è dedicato al reportage (come quello, del 1904, sulla guerra russo-giapponese) e alla saggistica e trattatistica politica (“Il popolo dell’abisso”, celebre inchiesta, condotta di prima mano, sulla povertà nell’East End di Londra).

Il suo stile narrativo rientra a pieno titolo nella corrente del realismo americano che, ispirandosi al naturalismo di Zola e alle teorie scientifiche di Darwin, privilegiando i temi della lotta per la sopravvivenza e del passaggio dalla civiltà allo stato primitivo.

Gli scritti di Jack London hanno avuto, e continuano ad avere, una diffusione enorme, specie tra il pubblico popolare d’Europa e dell’Unione Sovietica. Non altrettanta fortuna ha però avuto questo irruento ed istintivo scrittore presso i critici, specie quelli accademici; soltanto in anni recenti si è assistito, sia in Francia sia in Italia, a una larga rivalutazione, soprattutto a opera di critici militanti della sinistra, grazie alle tematiche affrontate nei suoi romanzi, spesso orientate alla descrizione di ambienti rozzi e degradati tipici delle classi subalterne, con storie incentrate su avventurieri e diseredati, impegnati in lotte spietate e selvagge per la sopravvivenza, in ambienti esotici o insoliti: i mari del Sud, i ghiacciai dell’Alaska, i bassifondi delle grandi metropoli.

Al di là di queste rivalutazioni postume, di cui in fondo London per sua fortuna non ha mai avuto bisogno, è sempre stato riconosciuto a questo scrittore anti-accademico un talento narrativo “naturale”, meglio espresso nella dimensione ridotta dei racconti. La sua narrativa è caratterizzata infatti da un grande ritmo, da intrecci avvincenti e originalità nella scelta dei paesaggi. Il suo stile è asciutto, giornalistico.

Quella che viene ora rivalutata è però la sua capacità di cogliere con immediatezza contrasti e contraddizioni non solo personali, ma collettivi e sociali, in particolare taluni conflitti caratteristici del movimento operaio e socialista americano di fine secolo.

Sulla morte di Jack London non vi è una chiara e precisa cronaca: una delle ipotesi più accreditate è che, distrutto dal vizio dell’alcool, sia morto suicida il 22 novembre 1916 a Glen Ellen, in California.