Questa è l’umanità

14 Aprile 2024 dc, dal sito Hic Rhodus, articolo dell’8 Ottobre 2023 dc:

Questa è l’umanità

di Claudio Bezzi

Sono angosciato dall’esplosione dell’ennesimo conflitto israelo-palestinese.

Scavando a fondo sulle “ragioni” delle due parti si trova, alla fine, solo un abisso scavato nei decenni da torti reciproci, torti annegati in laghi di sangue e soprusi: si trovano ideologia, razzismo, massimalismo, autoritarismo, opportunismo, molto opportunismo, da entrambe le parti; si trovano leader – di Hamas e del popolo ebraico – ciechi, furiosi, stolti, maneggioni, corrotti, sadici, totalmente preda dell’insensatezza del macello e del folle desiderio di sopraffazione.

E i torti accumulati, anno dopo anno, creano cicatrici nelle popolazioni israeliana e palestinese, cicatrici che solo a tratti, e a fatica, invocano una pace e una disponibilità al dialogo che nessuno ascolta, perché le vendette sulle vendette sulle vendette sono diventate acclamazione popolare dei rispettivi leader sanguinari, assassini, guerrafondai.

In malora tutti gli accordi per la convivenza pacifica, i piani, le decisioni moderate, tutte mandate a male dal sionismo esasperato dei leader di Israele e – ancor più, va detto – dal tatticismo opportunista dei leader palestinesi, a iniziare dal defunto Arafat fino agli attuali capi di Hamas. E così si uccide, si cerca la sopraffazione, l’annientamento dell’avversario, in uno scacchiere che coinvolge pesantemente l’Arabia, l’Iran, gli Stati Uniti, la Russia…

Sono angosciato perché questo conflitto è, in realtà, l’archetipo di tutti i conflitti, tutti, assolutamente tutti, segnati dall’insensatezza dei capi, dall’avidità, dalla follia ideologica, dal desiderio ancestrale di vedere scorrere il sangue della tribù vicina.

Questa è l’umanità.

Se l’aggressività umana è stata probabilmente un vantaggio evolutivo nel paleolitico, il suo mancato superamento oggi, nell’epoca di internet e delle armi di distruzione di massa, in un pianeta affaticato dalla crisi ambientale, da quella demografica, dalla penuria delle risorse, dalla scandalosa disuguaglianza fra popoli e persone, ecco: il suo mancato superamento, oggi, ci tiene tutti su uno scivolosissimo filo di rasoio. Ma non vedo speranza. Questa è l’umanità, un cancro che divora se stesso e rovina tutto ciò che lo tiene in vita.

Lunga vita, pace e prosperità al popolo israeliano.

Lunga vita, pace e prosperità al popolo palestinese.

Lunga vita, pace e prosperità al popolo ucraino, a quello russo, a quello libico, afghano, iraniano, cinese, somalo, nigeriano, …

  • Per una visione dei numerosissimi conflitti in corso, potete consultare l’aggiornato sito guerrenelmondo.it.
  • Un’analisi delle origini del conflitto israelo-palestinese, e delle ragioni della sua continua perpetuazione, è comparsa qui su HR nel 2014, all’epoca di un precedente confronto fra le parti; naturalmente oggi ci sono nuovi fattori, ma la prospettiva storica mi pare ancora valida (la trovate QUI).
  • L’aggiornamento sulle nuove questioni implicate oggi, nel 2013, e sugli attori in gioco, la trovate in QUESTA analisi di Janiki Cingoli, esperto di questioni mediorientali.

Così, dunque, sarei un “cretino cognitivo”…

21 Febbraio 2023 dc:

Così, dunque, sarei un “cretino cognitivo”…

di Jàdawin di Atheia

Da quando è uscito, ho acquistato spesso un certo quotidiano i cui fondatori, a detta loro, se ne erano usciti da Corriere della Sera perché questo sarebbe stato “troppo a destra”. Allora sarà pure stato così, ora sono piuttosto dubbioso su chi, dei due, sia più “a destra”.

Ora lo acquisto di solito il giovedì, per un supllemento che, più passa il tempo, più è peggio.

Comunque: giovedì 16 Febbraio ho fatto il mio acquisto, più per abitudine che per convinzione, e, in una rubrica che mi risulta piuttosto seguita, nella pagina Commenti, si risponde a una lettera.

Un lettore francese parla dell’inno di quella nazione, e scrive “…solo gli ignoranti, ce ne sono parecchi anche qui in Francia, vorrebbero cambiare le parole troppo aggressive della Marsigliese (a parte che si scrive “de La Marsigliese”, nota mia). L’illustre curatore della rubrica, il cui cognome corrisponde a quello di un famoso uccello nero, risponde “…anche in Italia si canta con gioia…l’inno di Mameli, sottratto, grazie all’allora presidente Ciampi, alla retorica del “Dio patria e famiglia” alla quale vorrebbero farlo regredire sia l’estrema destra al governo, sia certi cretini cognitivi di estrema sinistra che, come da voi in Francia, prendono alla lettera le parole degli inni.”

E come si dovrebbero prendere, coglione?

Gli inni, dovrebbe essere ovvio, sono, per loro stessa natura, di parte. Infatti si chiamano così perchè “ineggiano” a qualcosa. E, di solito, sono trionfali, per non dire tronfi, e pomposi, ampollosi, vanagloriosi: nelle musiche e nei testi.

Il dramma è che dovrebbero “rappresentare” l’intera nazione, o un’idea, un’ideale. E invece, se va bene, rappresentano solo una parte. E poi c’è un’altra parte che “si sente” rappresentata ma è talmente ignorante e becera che neanche si è mai soffermata sulle parole dell’inno.

Come musica, l’inno italiano aggiunge alla pretesa pomposità, a cui nemmeno arriva, il ridicolo, che invece si dispiega pienamente nella sua “marcetta” saltellante.

Per non lasciare nulla al caso, dirò che anche “Bandiera Rossa”, inno dei lavoratori in genere e dei comunisti in particolare, è un brutto inno, sia nella musica che nel banale testo.

Detto questo, l’inno di Mameli è pessimo anche nel testo, che richiama i fasti di Roma, del suo “impero”, inneggia alla “patria”, al “sacrificio”, alla “morte”, a Dio, che addirittura avrebbe “creato” direttamente la Vittoria “schiava” di codesta patria (identificata con Roma) che, come sempre, è migliore di tutte le altre, più bella etc.

Ma, si sa, sono un “cretino cognitivo di sinistra” e prendo, cretinamente, alla lettera le parole dell’inno nazionale.

Così le ripropongo qui, così che altri “cretini” cognitivi si aggiungano alla nostra schiera.

Fratelli d’Italia
L’Italia s’è desta,
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa.
Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un’unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l’ora suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Uniamoci, amiamoci,
l’Unione, e l’amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Dall’Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn’uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d’Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d’ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l’Aquila d’Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d’Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò

Zelensky incastrato da Mosca e Washington

Articolo senza data, arrivato in e-mail il 26 Novembre 2022 dc

Zelensky incastrato da Mosca e Washington

di Thierry Meyssan

L’evoluzione del rapporto di forze sul campo di battaglia ucraino e il tragico episodio del G20 di Bali segnano un capovolgimento della situazione. Gli Occidentali continuano a credere di poter sconfiggere presto Mosca, ma gli Stati Uniti hanno già avviato negoziati segreti con la Russia. Si apprestano a scaricare l’Ucraina e ad addossarne la responsabilità soltanto a Zelensky. Come già in Afghanistan, il risveglio sarà brutale.

RETE VOLTAIRE PARIGI (FRANCIA)| 22 NOVEMBRE 2022

Una decina di giorni fa, discutendo a Bruxelles con un capofila dei deputati europei, reputato uomo di ampie vedute, mi sono sentito dire che il conflitto ucraino è certamente complesso, ma che è inconfutabilmente vero che la Russia ha invaso l’Ucraina.

Gli ho risposto che il diritto internazionale imponeva a Germania, Francia e Russia l’obbligo di applicare la risoluzione 2202. Solo Mosca lo ha fatto. Proseguivo ricordandogli anche la responsabilità della Russia di proteggere i propri cittadini in caso di tralignamento dei governi. Il deputato mi ha interrotto: «Se il mio governo deplorasse la situazione dei propri cittadini in Russia e attaccasse il Paese, lo riterrebbe normale?» Gli ho risposto: «Sì, se il suo Paese avesse una risoluzione del Consiglio di Sicurezza da far rispettare. Ce l’ha?» Spiazzato, ha cambiato argomento. Gli ho chiesto per ben tre volte di affrontare la questione dei nazionalisti integralisti. Per tre volte ha rifiutato. Ci siamo lasciati con cortesia.

La questione della responsabilità di proteggere le popolazioni andava espressa in modo più articolato. È un principio che non autorizza una guerra, ma un’operazione di polizia condotta con mezzi militari sì. Per questa ragione il Cremlino si guarda bene dal definire il conflitto «guerra», ma lo chiama «operazione militare speciale»: denominazioni usate per indicare gli stessi fatti, ma «operazione militare speciale» circoscrive il conflitto.

Sin dall’ingresso delle truppe russe in Ucraina, il presidente russo Vladimir Putin ha precisato che non è sua intenzione annettere il Paese, vuole solo liberare le popolazioni perseguitate dai “nazisti” ucraini. In un lungo articolo ho spiegato che, sebbene la denominazione “nazisti” sia giusta dal punto di vista storico, non è così che queste persone si auto-definiscono: ricorrono all’espressione «nazionalisti integralisti». È comunque doveroso ricordare che l’Ucraina è l’unico Stato al mondo con una Costituzione esplicitamente razzista.

Il fatto di riconoscere che il diritto internazionale dà ragione alla Russia non significa concederle carta bianca. Ognuno può legittimamente criticare il modo in cui Mosca applica il diritto. Ma le azioni degli Occidentali, i quali insistono a giudicare la Russia «asiatica», «selvaggia» e «brutale», sono state spesso molto più devastanti di quelle russe.

ROVESCIAMENTO DELLA SITUAZIONE

Chiariti i punti di vista della Russia e dell’Occidente, è inevitabile constatare che diversi fatti hanno determinato un’evoluzione occidentale.
– Sta arrivando l’inverno, stagione difficile in Europa centrale. Dall’invasione napoleonica, la popolazione russa è consapevole di non poter difendere un Paese tanto vasto. Ma ha anche imparato a sfruttare l’immensità del territorio e le stagioni per sconfiggere chi l’attacca. In inverno il fronte rimane immobile per parecchi mesi. Al contrario dei discorsi propagandistici secondo cui i russi sono ormai sconfitti, è evidente che l’esercito russo ha liberato il Donbass e parte della Novorossia.
– Prima dell’arrivo dell’inverno, il Cremlino ha fatto ripiegare la popolazione liberata a nord del Dnepr: poi ha ritirato l’esercito, abbandonando la parte di Kherson situata sulla sponda destra del fiume. È la prima volta che una frontiera naturale, il fiume Dnepr, segna il confine tra i territori controllati da Kiev e quelli controllati da Mosca. Ebbene, nel periodo fra le due guerre fu la mancanza di confini naturali a far cadere i poteri che si succedettero in Ucraina. Ora la Russia è in condizione di mantenere la posizione.
– Sin dall’inizio del conflitto l’Ucraina ha potuto contare sull’aiuto degli Stati Uniti e dei loro alleati. Ma con le elezioni di metà mandato l’amministrazione Biden ha perso la maggioranza della Camera dei Rappresentanti. Ora il sostegno di Washington sarà limitato. Anche l’Unione Europea incontra ostacoli: le popolazioni non capiscono perché devono sopportare il rialzo dei costi dell’energia, la chiusura di alcune imprese, nonché l’impossibilità di riscaldarsi normalmente.
– Infine, in alcuni circoli di potere, dopo aver ammirato il talento comunicativo dell’attore Volodymyr Zelensky, ora si comincia a interrogarsi sulle voci della sua improvvisa ricchezza: in otto mesi di guerra sembra sia diventato miliardario. I sospetti sono inverificabili, ma lo scandalo dei Pandora Papers (2021) li rende credibili. È davvero necessario dissanguarsi per vedere sparire le donazioni in società off shore invece che arrivare in Ucraina?

Gli anglosassoni (Londra e Washington) avrebbero voluto trasformare il G20 di Bali in summit contro la Russia. Hanno dapprima esercitato pressioni per escluderne Mosca, come riuscirono a fare nel 2014 con il G8. Ma se la Russia fosse stata esclusa dal G20 la Cina, di gran lunga primo Paese esportatore a livello mondiale, non vi avrebbe partecipato. È stato allora affidato al francese Emmanuel Macron il compito di convincere gli altri membri a firmare una feroce dichiarazione contro la Russia. Per due giorni le agenzie di stampa occidentali hanno garantito che era cosa fatta. Ma la dichiarazione finale, benché riassuma il punto di vista degli Occidentali, chiude con queste parole: «Esistono altri punti di vista e diverse valutazioni della situazione e delle sanzioni. Riconoscendo che il G20 non è la sede per risolvere i problemi di sicurezza, siamo consapevoli che i problemi di sicurezza possono avere conseguenze rilevanti sull’economia mondiale». In altri termini, per la prima volta gli Occidentali non sono riusciti a imporre la loro visione del mondo al resto del pianeta.

LA TRAPPOLA

Peggio: gli Occidentali hanno imposto un intervento video di Zelensky, come avevano già fatto il 24 agosto e il 27 settembre al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ma, mentre a settembre a New York la Russia aveva cercato invano di opporsi, a novembre a Bali vi ha acconsentito. La Francia, che presiedeva il Consiglio di Sicurezza, ha violato il regolamento interno consentendo a un capo di Stato d’intervenire via video. L’Indonesia invece, che al G20 manteneva una posizione assolutamente neutrale, non si sarebbe arrischiata a consentire al presidente ucraino d’intervenire senza autorizzazione della Russia. Era evidentemente una trappola. Il presidente Zelensky, che non conosce il funzionamento di queste istituzioni, ci è cascato.

Zelensky, dopo aver ridicolizzato Mosca, ha invitato a escluderla dal… «G19». In altri termini, il modesto ucraino ha impartito per conto degli anglosassoni un ordine a capi di Stato, primi ministri e ministri degli Esteri delle 20 maggiori potenze mondiali, che però non l’hanno ascoltato. In realtà la divergenza tra questi Paesi non verteva sull’Ucraina, ma sulla sottomissione o meno all’ordine mondiale americano. Tutti i partecipanti latino-americani, africani, nonché quattro asiatici hanno detto che il dominio statunitense è finito, che ora il mondo è multipolare.

Gli Occidentali devono aver sentito tremare la terra sotto i piedi. E non solo loro. Zelensky ha constatato per la prima volta che i suoi protettori, finora padroni assoluti del mondo, possono abbandonarlo senza remore, pur di mantenere ancora per poco la loro posizione di predominio.

È probabile che Washington e Mosca fossero d’accordo. Gli Stati Uniti vedono che la situazione a livello mondiale cambia a loro svantaggio. Non esiteranno ad addossarne la responsabilità al regime ucraino. William Burns, direttore della CIA, ha già incontrato in Turchia Sergei Naryshkin, direttore dell’SVR. Il colloquio segue quelli di Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza Nazionale Usa, con diversi ufficiali russi. Due mesi prima dell’inizio del conflitto spiegavo che il problema di fondo non era in rapporto con l’Ucraina, e nemmeno con la Nato. Riguarda sostanzialmente l’agonia del mondo unipolare.

Così non c’è da stupirsi che, pochi giorni dopo lo schiaffo del G20, Zelensky abbia contraddetto per la prima volta in pubblico i padrini statunitensi. Ha accusato la Russia di aver lanciato un missile sulla Polonia e ha insistito anche quando il Pentagono ha detto che si sbagliava: il missile era ucraino. Zelensky voleva proseguire nel solco del Trattato di Varsavia, concluso il 22 aprile 1920, tra i nazionalisti integralisti di Symon Petlioura e il regime Piłsudski: spingere la Polonia a entrare in guerra contro la Russia. Per la seconda volta Washington ha fatto suonare un campanello d’allarme, ma Zelensky non l’ha sentito.

Probabilmente non assisteremo più a contraddizioni di questo tipo manifestate in pubblico. Le posizioni occidentali si ammorbidiranno. L’Ucraina è avvertita: nei prossimi mesi dovrà negoziare con la Russia. Il presidente Zelensky può già ora prevedere di essere costretto a fuggire: i suoi compatrioti, martoriati dalla guerra, non gli perdoneranno di averli ingannati.

Thierry Meyssan
Traduzione di Rachele Marmetti
https://www.voltairenet.org/?lang=it

Benvenuta Shangai

20 Agosto 2022 dc, dal sito Noi non abbiamo patria 12 Aprile 2022 dc:

Benvenuta Shangai

Shanghai e la Guerra in Ucraina

Le scene da Shanghai di ventenni e trentenni che spontaneamente in molti quartieri violano il lockdown e rivendicano il cibo, rifornimenti alimentari e in taluni casi se lo vanno a prendere in massa, tutti rigorosamente con la mascherina al volto, qualche cosa ci trasmette per il futuro:

Benvenuta Shanghai nella lotta di classe all’epoca del coronavirus!

Nel frattempo ci induce ad un paio di riflessioni.

Uno, la propaganda e l’ideologia “orientalista” in salsa razzista si rafforzerà, anche a partire del conflitto in Ucraina, contro “gli orchi Russi”, contro i “dragoni Cinesi” da contenere con le armi del civile occidente.

Due, che non abbiamo mai capito nulla degli atteggiamenti delle forze impersonali del capitale nei confronti della pandemia.

Laddove la composizione organica del capitale è alta e a sfavore del capitale variabile, il fermo delle produzioni ha un impatto maggiore dei milioni di ore perse per malattia. È ovvio che la perdita delle ore di lavoro alla fine incide sulla produttività. Risultato, lockdown equilibrato, campagna vaccinale (quarta dose?) e green pass.

Laddove come in Cina il rapporto ancora non è così elevato, e l’accumulazione si trova nella sua curva più alta basata sulla estorsione del plusvalore assoluto attraverso l’utilizzo estensivo del capitale variabile, ossia l’uso estensivo di un numero eccezionalmente vasto di forza lavoro operaia, il lockdown rigido ristretto nel tempo per la Cina è l’equilibrio migliore per affrontare la crisi, ma fame per i proletari come in Occidente.

È la composizione organica e tecnica del capitale che determina le strategie anti covid dei diversi governi e nazioni presi in una competizione mondiale di mercato sempre più agguerrita, dove la subordinazione dei Paesi ricchi di materie prime e di quelli produttori delle stesse fonti primarie minerarie e agricole è fattore vitale per gli USA e la decadente Europa che non hanno più l’esclusivo appannaggio della rapina imperialista delle risorse naturali della terra.

Benvenuta sia la Cina nella contesa generale da ambo i lati: dal lato delle forze del capitale, perchè il loro emergere è possibile solo in virtù dello scricchiolio e della crisi generale di un sistema di sfruttamento mondiale che si trova prigioniero delle sue stesse contraddizioni, ma soprattutto dal lato dell’immenso mare proletario composto da cinesi e milioni di immigrati di tutta l’Asia, di cui le scene di Shanghai potrebbero segnare una svolta verso un preludio di un futuro anche nel breve periodo di lotte improvvise, spontanee e generalizzate.

Se questi sono i prodromi del tempo che sta per precipitare velocemente, la durata della attesa sul bordo del fiume giallo nel veder scorrere il cadavere del concorrente capitalista occidentale si accorcia per le forze del capitalismo cinese. Necessariamente tanto più se le scene di Shanghai si ripeteranno altrove nel dormiente Paese e subcontinente cinese determinando il presupposto che i margini di compensazione della crisi del capitalismo anche lì si stanno esaurendo.

Benvenute siano queste scene nonostante non conosciamo chi si batte contro i lockdown, quali convinzioni abbiano, quali le determinazioni del rapporto del capitale spinge a rompere il coprifuoco anti pandemico: se per “ripristinare” il libero mercato interrotto cui ceti medi produttivi e lavoratori si sono determinati, o per sperimentare una lotta proletaria che necessariamente deve confrontarsi con la schiavitù del mercato e dello scambio di valore tra le merci prodotte, che non consente più come prima la riproduzione delle condizioni della vita proletaria e in generale.

Come le persone sfruttate lì si dislocheranno a breve, se per difendere la “casa comune” cinese contro cui l’occidente già ora rivolge le sue attenzioni armate, oppure la lasceranno bruciare, non è dato sapere.

Tantomeno non è dato sapere come si dislocherà il proletariato europeo, occidentale e statunitense (anch’esso multirazziale e meticcio che insieme a quello black, bipoc e immigrato si è manifestato nella George Floyd Rebellion), se intenderà difendere la casa comune “culla della civiltà” democratica liberale occidentale minacciata dagli orchi dell’Oriente, oppure anche esso la lascerà scricchiolare e poi franare perchè anche in questa sacra culla la condizione della vita è sempre meno resiliente alla legge del modo di produzione del valore capitalistico.

Dal coprifuoco anti pandemico a quello della legge marziale di guerra, la cui sostanza medesima è la difesa della determinazione della “casa comune” capitalistica sul mercato mondiale come dominatori a difesa della propria contrastata supremazia, o come ascari asserviti ad esso, oppure come resistenti reazionari all’interno di una legge del valore capitalistico da non oltrepassare.

Gli sfruttati dell’India, Bangladesh, Pakistan, Sud Africa e soprattutto di quelle nazioni Africane che sono altrettanto ricche di materie prime, in questa guerra in Ucraina e nella escalation che si prepara non vorrebbero entrarci. Come non lo vorrebbero i contadini nativi e poveri dell’America Latina ed il proletariato meticcio, attualmente tutti mal rappresentati dai loro governi agli ordini della legge del mercato, che all’ONU non si uniscono alla condanna della Russia, oppure lo fanno davvero malvolentieri.

Il minimo che possiamo fare, ma che è il massimo, è chiarire che non vi è pace per gli sfruttati proletari, i razzializzati e gli oppressi in generale nel riconoscere una strumentale causa e principio di “autodeterminazione delle nazionalità”, che non può che essere altro dall’uso strumentale dall’Occidente in cui viviamo per la Ucraina (e del Donbass incluso) sottomessa al dominio ed allo sfruttamento del mercato in agguerrita competizione, tantomeno quella per la sovranità di Taiwan, che insieme rappresentano la misura della difesa e della offensiva della “casa comune” del capitale occidentale che bisognerebbe qui contrastare.

Benvenuta Shanghai, che i venti della crisi possano spingere verso una determinazione di un nuovo mostro proletario meticcio e multirazziale contro le sirene dell’Orientalismo occidentale e di un impossibile mercato multipolare tutte a difesa della barbarie capitalista!