Fromm


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Interessante figura della psicanalisi, oggetto, insieme ad altre, di numerose discussioni tra amici.


Dalla voce di Wikipedia, consultata il 10 Aprile 2020 dc, il testo principale senza link interni e note:

Erich Fromm

Erich Seligmann Fromm (Francoforte sul Meno, 23 marzo 1900 – Muralto, 18 marzo 1980) è stato uno psicologo, sociologo, filosofo, psicoanalista ed accademico tedesco.

Biografia

Erich Fromm nacque a Francoforte sul Meno da una famiglia di religione ebraica molto osservante. Nel 1922 ottenne il dottorato in sociologia all’università di Heidelberg con una tesi dal titolo Sulla funzione sociologica della legge giudaica nella Diaspora.

In seguito studiò psicologia all’Università di Monaco e all’Istituto di Psicoanalisi di Berlino, dove venne analizzato da Hanns Sachs e dove seguì le lezioni di alcuni dei più famosi esponenti del movimento freudiano tra i quali Theodor Reik.

Nel 1926 incominciò a esercitare la professione presso il sanatorio psicoanalitico di Heidelberg di Frieda Fromm-Reichmann, che sposò il 16 giugno 1926 e da cui divorziò nel 1931.

Nel 1930 divenne membro del famoso Istituto di ricerche sociali di Francoforte al quale era legato il gruppo di studiosi che diede vita alla cosiddetta scuola di Francoforte e nello stesso anno pubblicò la sua prima tesi sulla funzione delle religioni su una rivista edita da Freud, chiamata Imago.

Iniziò la sua carriera come psicoanalista freudiano ortodosso a Berlino.

Dopo la presa del potere in Germania da parte dei nazisti Fromm si trasferì prima a Ginevra e il 25 maggio 1934 emigrò negli Stati Uniti dove compose quasi tutte le sue opere.

Esattamente sei anni dopo, il 25 maggio 1940, diventò cittadino statunitense. Il 24 luglio 1944 sposò Henny Gurland, la quale nel 1948 si ammalò e morì soltanto quattro anni dopo, il 4 giugno 1952.

Dopo circa un anno e mezzo Fromm si sposò per la terza volta il 18 dicembre 1953 con Annis Glove Freeman.

Fromm insegnò in varie università degli Stati Uniti fra le quali la Columbia, la Yale e la New York University fino al 1950, quando si trasferì a Cuernavaca, in Messico.

Nel 1955 fu chiamato a dirigere il dipartimento di psicoanalisi dell’Università Nazionale di Città del Messico. Con Karen Horney e Harry Stack Sullivan si distinse in questo periodo come uno dei principali esponenti di quell’indirizzo “culturalista” che riuniva i freudiani revisionisti, protesi a sottolineare l’influenza dei fattori sociali nella formazione della personalità umana.

Nel 1974 si trasferì in Svizzera, a Muralto, dove morì cinque giorni prima del suo ottantesimo compleanno il 18 marzo 1980.

Teoria psicologica

A partire dal suo primo lavoro del 1941, Fuga dalla libertà, gli scritti di Fromm furono notevoli tanto per il loro commento sociale e politico quanto per i loro fondamenti filosofici e psicologici. Infatti, Fuga dalla libertà è considerata come una delle opere fondanti della psicologia politica.

Il suo secondo lavoro importante, Dalla parte dell’uomo – indagine sulla psicologia della morale, pubblicato per la prima volta nel 1947, ha continuato e arricchito le idee di Fuga dalla libertà. Considerati insieme, questi libri hanno delineato la teoria del carattere umano di Fromm, che è stata una naturale eredità della teoria di Fromm della natura umana.

Il libro più popolare di Fromm è stato L’arte di amare, un bestseller internazionale pubblicato per la prima volta nel 1956, che ha riassunto e completato i principi teorici della natura umana trovati in Fuga dalla libertà e Dalla parte dell’uomo, principi rivisitati in molte altre opere di Fromm.

La visione e l’attività politica

Il culmine della filosofia politica e sociale di Fromm si trova nel suo libro Psicoanalisi della società contemporanea, pubblicato nel 1955. In esso Fromm poneva argomenti a favore di un modello di socialismo democratico e libertario, di stampo fortemente umanista.

I pensatori che contribuirono maggiormente alla formazione del suo pensiero furono i Profeti, Marx e Bachofen e, proprio partendo in primo luogo dai primi lavori di Karl Marx, egli poneva l’enfasi sull’ideale della libertà personale, mancante nei Paesi del socialismo reale, giudicati essere come una forma di capitalismo di Stato lontani dall’ideale marxista di libertà. Egli vedeva all’opera, tanto in Occidente quanto nell’Europa Orientale, delle strutture sociali disumanizzanti dominate dagli apparati burocratici, con il risultato di un universale fenomeno sociale di alienazione.

Egli divenne quindi uno dei fondatori del movimento dell’Umanesimo Socialista, promuovendo la conoscenza dei primi lavori di Marx e del suo messaggio umanista presso il pubblico negli USA ed in Europa occidentale.

All’inizio degli anni sessanta, Erich Fromm pubblica due libri sul pensiero di Marx, a suo parere profondamente travisato dalle università in Occidente e dagli apparati statali in Europa Orientale: Il concetto di Uomo in Marx e Oltre le catene dell’illusione: il mio incontro con Marx e Freud.

In questa ultima opera egli dimostra la profonda affinità fra la visione di Marx e quella di Freud sulla natura umana ed il carattere disumanizzante della società capitalista.

Fromm non fu mai attivo politicamente e non si iscrisse mai a un partito politico ma diede il suo contributo, in America, per contrastare il fenomeno del maccartismo di quegli anni. A questo periodo risale infatti (1961) l’articolo Potrà l’uomo prevalere? Un’indagine sui fatti e le finzioni della politica estera.

Uno dei maggiori interessi politici di Fromm era rivolto al movimento pacifista internazionale, e nella lotta contro gli armamenti nucleari ed il coinvolgimento statunitense nella guerra in Vietnam.

Nel 1968 diede il suo sostegno alla campagna per la nomina presidenziale dell’allora senatore democratico Eugene McCarthy. In seguito alla sconfitta di Eugene McCarthy. Nel 1974, pubblica un articolo dal titolo Commenti sulla politica di distensione, in occasione di un’audizione presso la Commissione Affari Internazionali del Senato statunitense.

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Personalità e processo di sviluppo

Fromm distingue tra istinti e pulsioni: i primi, di origine filogenetica, sono bisogni primari ancestralmente legati al mondo animale e creano comportamenti rigidi e fissati organicamente (bisogni fisiologici come sessualità, fame, sete, etc.), le seconde, invece, sono frutto dell’evoluzione ontogenetica dell’uomo e riguardano principalmente la sfera del desiderio e dei bisogni secondari di tipo psichico e spirituale, nonché la naturale tendenza ad aggregarsi per dare vita a delle comunità.

Fromm identifica i seguenti otto bisogni psicologici basilari:

relazione;
trascendenza;
radicamento;
identità;
orientamento;
stimolo;
unità;
realizzazione.

Per Fromm, la personalità è l’insieme delle qualità psichiche ereditarie ed acquisite dell’individuo che ne definiscono prima il temperamento, quindi il carattere attraverso un processo evolutivo di adattamento quale compromesso tra i bisogni interni e le richieste esterne.

Il carattere dell’uomo è quindi inteso come il modo in cui l’individuo usa la propria energia psichica in funzione delle proprie esigenze individuali in un dato contesto sociale ed ambientale.

Il processo di formazione ha due principali dimensioni:

quella sociale;
quella individuale.

L’uomo instaura poi relazioni positive con il mondo attraverso:

l’assimilazione (acquisizione dell’ambiente);
la socializzazione (tensione verso l’altro).

La socializzazione può essere tuttavia turbata dalla comparsa di almeno uno di quattro ben precisi atteggiamenti che Fromm identifica nel masochismo, nel sadismo, nella distruttività e nel conformismo.

Il rapporto con il mondo diviene produttivo mediante il giusto ed equilibrato connubio fra ragione e amore.

Fromm ha anche ripreso, in modo autonomo ed originale nonché lungimirante, l’analisi delle categorie dell’avere e dell’essere nel suo best seller Avere o essere? (1976), vedendovi le due modalità fondamentali con cui si esplica l’esistenza d’ogni essere umano. Per Fromm, mentre l’avere coincide con la dimensione dello sfrenato consumismo e del gretto possesso, proprio della società opulenta e capitalistica nella quale «se uno non ha nulla non è nulla», l’essere invece coincide con quella libera e globale realizzazione di sé medesimi di cui hanno parlato i grandi maestri di vita come Buddha, Gesù, Meister Eckhart, Mahatma Gandhi, Karl Marx, Carl Gustav Jung.


Dal sito Filosofico.net, consultato il 10 Aprile 2020 dc:

ERICH FROMM

A cura di Antonino Magnanimo

” Il guaio della vita di oggi è che molti di noi muoiono prima di essere nati pienamente .”

Erich Fromm nacque a Francoforte sul Meno nel 1900. Figlio di un ricco commerciante israelita di vini, fu educato in un’ atmosfera rigidamente religiosa.

Dopo aver completato la sua educazione secondaria, nel 1922, a 22 anni, si laurea a Heidelberg in filosofia con una tesi “Sulla funzione sociologica della legge ebraica nella Diaspora”. Mentre prepara la sua dissertazione, Fromm è ancora un ebreo ortodosso che si interroga sui timori che suscitava “negli uomini semplici” la figura dell’ebreo.

Tenta quindi di offrire delle spiegazioni., individuando nella legge la forza che garantisce al corpo sociale ebraico di permanere nel suo scontro con corpi storici estranei.

Utilizzando gli strumenti concettuali di Max Weber, Martin Buber e Hermann Cohen, propone una ricostruzione sociologica delle origini della diaspora, del rabbinismo, dei rapporti con il cristianesimo e con l’islam con un excursus storico sul crinale di quella legge che evita l’autodistruzione e permette il compromesso con i non ebrei, preservando l’identità nel corso del tempo.

Fromm concentra la sua analisi su alcuni momenti della storia religiosa che ritiene esemplari. Negli anni Settanta, sull’onda del successo dei suoi libri, la tesi viene pubblicata.

In seguito studiò psicanalisi a Monaco svolgendo anche attività di psicanalista presso l’Istituto psicanalitico di Berlino e di Francoforte. Non si laureò in medicina.

Cominciò a praticare la psicoanalisi nel 1925 e divenne presto famoso.

Dal 1929 al 1932 fu assistente nell’Università di Francoforte, e nel 1930 la sua prima tesi sulla funzione delle religioni fu pubblicata in “Imago”, una rivista edita da Freud.

Invitato all’Istituto di psicoanalisi di Chicago, visitò gli Stati Uniti nel 1933.

Nel 1934, per opposizione al nazismo, lasciò la Germania per stabilirsi permanentemente negli Stati Uniti. Tenne lezioni all’ Università di Columbia dal 1934 al 1939 e in altre università americane. Nel 1951 divenne professore del dipartimento di psicanalisi dell’Università nazionale del Messico. Nel 1955 fu nominato Direttore del dipartimento di psicologia della stessa Università del Messico col compito di dirigere l’addestramento di psicoanalisi e di psichiatria. Nel 1962 diventa titolare di una cattedra di psichiatria a New York.

Erich Fromm è considerato uno dei maggiori rappresentanti della psicologia post-freudiana.

La sua posizione propositiva è stata definita “Socialismo umanistico”, utopia di un mondo umano che sappia realizzare le istanze sociali e superare l’alienazione dell’uomo, le spinte a fuggire dalla libertà, che sappia vivere l’amore per la vita.

Le opere più importanti di Fromm sono: “Fuga dalla libertà” (1941); “Psicoanalisi e religione” (1950); “Il linguaggio dimenticato” (1951); “Psicoanalisi della società contemporanea” (1955); “L’arte di amare” (1956); “Buddismo, zen e psicoanalisi” (1960); “Marx e Freud” (1962); “Il cuore dell’uomo” (1964 ); “La rivoluzione della speranza” (1968); “Anatomia della distruttività umana” (1973); “Avere o essere” (1976); “Grandezza e limiti della psicoanalisi di Freud”(1979).

Fromm insieme a Adorno, Horkheimer e Marcuse diventa uno dei maggiori esponenti della Scuola di Francoforte, che nei primi anni del secondo dopoguerra si afferma nella cultura tedesca.

La nuova corrente di pensiero, fortemente influenzata dal marxismo, si ispira a diverse matrici culturali: la dialettica e la fenomenologia hegeliana, il nichilismo di Nietzsche e di Heidegger, la psicoanalisi di Freud.

La Scuola con il marxismo ha un rapporto tormentato e complesso per motivi sia teorici che pratici poiché respinge il concetto cardine del marxismo del progresso sociale che conduce al consumismo e alla tecnocrazia.

La Scuola si oppone ai regimi totalitari di ispirazione marxista degli anni Cinquanta e Sessanta.

Il nucleo originario si costituisce a partire dal 1922 presso l’Istituto per la ricerca sociale di Francoforte, destinato a diventare particolarmente importante quando, nel 1931, ne prende la direzione Max Horkheimer.

Dopo l’avvento del nazismo i componenti della Scuola sono costretti a trasferirsi all’estero, soprattutto negli Stati Uniti d’America, e solo alcuni di loro torneranno in Germania alla fine della guerra.

Il compito che la Scuola si prefigge è quello di svolgere ricerche collettive e interdisciplinari, tenendo presenti i metodi della sociologia, della ricerca storica, dell’economia politica e del marxismo. Oggetto di studio sono le società industriali e i modi di vivere che in esse tendono a realizzarsi. L’indagine è volta ad analizzare l’autoritarismo, il conformismo, l’alienazione che si presentano in forma più o meno latente nelle società industrializzate ed è condotta prendendo in considerazione anche le manifestazioni culturali e in particolare le avanguardie artistiche del Novecento.

La contestazione giovanile del 1968 sembra ispirarsi alla Scuola di Francoforte, che in questo periodo suscita pertanto un rinnovato interesse nel mondo della cultura.

Di orientamento socialista e materialista, la Scuola ha elaborato le sue teorie e svolto le sue indagini alla luce delle categorie di totalità e dialettica: la ricerca sociale non si dissolve in indagini specializzate e settoriali, la società va indagata come un tutto nelle relazioni che legano gli ambiti economici con quelli culturali e psicologici. È qui che si instaura il nesso tra Hegelismo, Marxismo e Freudismo che tipicizzerà la Scuola di Francoforte.

La teoria critica si prefigge di far emergere le contraddizioni fondamentali della società capitalistica e punta ad uno sviluppo che conduca ad una società senza sfruttamento.

Con la presa del potere da parte di Hitler il gruppo francofortese emigra prima a Ginevra, poi a Parigi e infine a New York.

Dopo la seconda guerra mondiale Marcuse, Fromm, Lowenthal e Wittfogel restano negli Stati Uniti, mentre Adorno, Horkheimer e Pollock tornano a Francoforte, dove nel 1950 rinasce L’Istituto per la ricerca sociale.

Nella scuola di Francoforte si propone e sviluppa la teoria critica della società che avversa il tipo di lavoro della sociologia empirica americana.

Per i francofortesi la sociologia non si riduce né si dissolve in indagini settoriali e specialistiche, in ricerche di mercato (tipiche, queste, della sociologia americana). La ricerca sociale è, invece, per loro, la teoria della società come un tutto, una teoria posta sotto il segno delle categorie della totalità e della dialettica e tesa all’esame delle relazioni intercorrenti tra gli ambiti economici, psicologici e culturali della società contemporanea.

Siffatta teoria è critica in quanto da essa emergono le contraddizioni della moderna società industrializzata e in particolar modo della società capitalistica. Per maggior precisione il teorico critico “è quel teorico la cui unica preoccupazione consiste in uno sviluppo che conduca ad una società senza sfruttamento”.

Il primo lavoro di rilievo della Scuola di Francoforte è il volume collettivo “Studi sull’autorità e la famiglia” (1936): la famiglia, come anche la scuola o le istituzioni religiose, viene vista quale tramite dell’autorità e dell’insediarsi di questa nella struttura psichica degli individui.

Un lavoro analogo verrà successivamente progettato in America: i suoi esiti sono pubblicati nel volume “La personalità autoritaria”.

L’analisi più significativa compiuta da Fromm è quella relativa al tema della fuga dalla libertà che caratterizza la civiltà moderna. La storia dell’umanità è storia della libertà e ha inizio quando l’uomo, diventato consapevole della propria esistenza, spezza il legame che lo lega alla natura entro la quale era immerso, così come la storia individuale ha inizio con la separazione dalla madre.

L’esistenza umana comincia quando l’adattamento alla natura perde il suo carattere coercitivo, quando il modo di agire non è più fissato da meccanismi ereditari. In altre parole, sin dall’inizio l’esistenza umana e la libertà sono inseparabili. Lo sviluppo della storia ha determinato una serie di conquiste quali il dominio sulla natura, la crescita della ragione, lo sviluppo della solidarietà verso altri uomini, ma ha causato anche isolamento, insicurezza, solitudine.

Dalla fine del Medioevo in poi è cresciuta la libertà degli uomini rispetto alla natura e ai legami della tradizione e delle consuetudini del passato. Questa accresciuta libertà ha determinato, però, una perdita di significato dell’esistenza: l’uomo si sente solo, anonimo, impotente. Vive in modo spersonalizzante il lavoro e, ridotto al ruolo di consumatore, avverte la propria limitatezza anche di fronte alle scelte politiche. Tale insicurezza e precarietà determinano alcuni comportamenti di fuga dalla libertà che investono la società in tutti i suoi aspetti, anche quelli politici. Pertanto lo sviluppo dei regimi totalitari del fascismo e del nazismo non ha spiegazione solo a carattere economico e sociale ma anche psicologico poiché ha a che fare con questa tendenza dell’uomo moderno a fuggire dalla libertà, che diventa dolorosa, e a rinunciare alla responsabilità e all’autonomia delle scelte, rendendolo disponibile a sottomettersi a un regime politico autoritario.

Altro punto fondamentale dell’analisi di Fromm in “Fuga dalla libertà” è quello relativo al tema dell’autorità, in cui viene operata una distinzione molto chiara tra autorità e autoritarismo, indicati con i termini di “autorità razionale” e “autorità inibitoria”.

L’autorità non è una qualità ma si riferisce a un rapporto interpersonale, in cui una persona considera un’altra superiore a se stessa. Nel caso dell’autorità razionale, assistiamo a un processo in cui un rapporto si basa su una differenza gerarchica (come avviene per esempio tra insegnante e alunno): la parte inferiore riconosce all’altra una superiorità effettiva che non opera però nei suoi confronti in termini di sfruttamento.

È un rapporto in cui la parte superiore offre all’altra una serie di strumenti che le consentono di avvicinarsi al suo livello e in questo senso si tratta di un rapporto di scambio reciproco su una base affettiva positiva.

Si parla invece di autorità inibitoria quando il rapporto di sudditanza viene mantenuto e consolidato da chi ha potere. Fromm prende in considerazione anche le diverse forme di autorità come quelle che si realizzano nel rapporto tra padrone-operaio, padre-figlio, moglie-marito, ecc.

L’importanza di Fromm risiede proprio nel tentativo di analizzare i grandi temi della vita sociale in un’ottica psico-sociologica che dà conto dell’importanza dei fattori culturali e sociali nello sviluppo della personalità. Anche il conformismo dilagante nella società moderna, l’assunzione acritica e automatica dei modelli di comportamento proposti dalla società comportano l’annullamento della personalità dell’individuo.

In sostanza, si tratta di un meccanismo psicologico di difesa messo in atto per fuggire dalla paura e dalla solitudine, in ultima analisi per fuggire dalla libertà. L’uomo cessa di essere un atomo isolato attraverso la libertà positiva con la realizzazione spontanea e completa della sua personalità e dei rapporti d’amore che lo legano agli altri uomini e al lavoro come creatività.

Solo la libertà positiva garantisce la possibilità di un’ autentica democrazia. L’analisi della società contemporanea porta all’individuazione del suo carattere fondamentale e cioè dell’alienazione come effetto del capitalismo sulla personalità umana.

L’alienazione caratterizza i rapporti dell’uomo con il lavoro, con gli altri uomini, con le cose, con se stesso.

In “Psicoanalisi della società contemporanea” viene esaminata con estrema lucidità la situazione dell’uomo moderno in una società la cui principale preoccupazione è la produzione economica più che l’aumento della produttività creativa dell’uomo: una società dove l’uomo ha perduto il predominio.

L’uomo moderno è estraniato dal mondo che egli stesso ha creato, alienato dagli altri uomini, dalle cose che usa e consuma, dal suo governo, da se stesso. Egli è ora “una personalità fittizia”. Se si lascerà che le tendenze attuali si sviluppino senza controllo ne risulterà una società malata, costituita da uomini alienati.

Fromm presenta in questo modo una completa e sistematica concezione della psicoanalisi umanistica e propone un’ipotesi di società “mentalmente sana” in cui l’uomo sia il centro dell’interesse delle attività economiche e produttive, evidenziando così l’alternativa tra il sistema capitalistico e la dittatura totalitaria.

In “Psicanalisi e religione” Fromm discute il bisogno dell’uomo di una struttura di orientamento con cui egli può superare la sua alienazione e stabilire relazioni con gli altri. Questo bisogno può essere soddisfatto da un’ideologia, da una religione, o persino da una nevrosi mentale. Fromm confronta questo tipo di psicoanalisi, che chiama cura dell’anima, con le religioni che accentuano il potere e la forza dell’individuo: “la cura dell’anima è quella di mettere un uomo in contatto col suo subcosciente aiutandolo così ad essere libero di stabilire relazioni d’amore”.

Il metodo normale per superare l’isolamento è stabilire spontaneamente relazioni col mondo attraverso l’amore e lavorare senza sacrificare l’indipendenza e l’integrità del processo.

Nel suo lavoro di analista Fromm scopre una grande varietà di altri meccanismi d’evasione che sono alternativi all’amore: masochismo, sadismo, distruttività, conformismo. Essi producono una riduzione dell’alienazione e dell’ansia ma solo al caro prezzo della rinuncia della propria individualità. L’uomo alienato diventa estraneo a se stesso, non si riconosce come centro del suo mondo e come protagonista delle sue scelte, ma i suoi atti diventano i suoi padroni e a questi si sottomette.

Nella società dominata dal denaro e dal consumo, l’uomo concepisce se stesso come una cosa in vendita. Nella società capitalista il consumo diventa fine a se stesso, fa nascere nuovi bisogni e costringe all’acquisto di nuove cose, si perde di vista l’uso delle cose e l’uomo è schiavo del possesso.

Si può uscire dall’alienazione solo costituendo un tipo di società organizzata secondo il “socialismo comunitario” con la partecipazione di tutti i lavoratori alla gestione del mondo del lavoro. Il socialismo comunitario prospettato da Fromm è vicino alle posizioni dei socialisti utopistici ed è influenzato dal sindacalismo e dal socialismo corporativista.

In “Avere o Essere” Fromm propone all’uomo contemporaneo la scelta netta tra due categorie, due progetti di uomo: o quello dell’avere, dominante nella società capitalistica dei consumi, o quello dell’essere, della realizzazione dei bisogni più profondi dell’uomo.

L’analisi di Fromm individua due modi di determinarsi dell’esistenza dell’uomo nella società:

avere, modello tipico della società industrializzata, costruita sulla proprietà privata e sul profitto che porta all’identificazione dell’esistenza umana con la categoria dell’avere, del possesso. Io sono le cose che possiedo, se non possiedo nulla la mia esistenza viene negata. In tale condizione l’uomo possiede le cose ma è vera anche la situazione inversa e cioè le cose possiedono l’uomo. L’identità personale, l’equilibrio mentale si fonda sull’avere le cose;

essere è l’altro modo di concepire l’esistenza dell’uomo ed ha come presupposto la libertà e l’autonomia che finalizza gli sforzi alla crescita e all’arricchimento della propria interiorità. L’uomo che si riconosce nel modello esistenziale dell’essere non è più alienato, è protagonista della propria vita e stabilisce rapporti di pace e di solidarietà con gli altri.

Fromm ritiene necessario attuare una nuova società, fondata sull’essere, liberata dalla categoria dell’avere, che garantisca, a livello politico e nell’ambito del lavoro, la partecipazione democratica di tutti gli uomini.

Il rapporto tra l’uomo e la società differisce da quello di Freud per il quale l’uomo è fondamentalmente antisociale e deve essere addomesticato dalla società.

Sia la psicoanalisi che il marxismo hanno parzialmente fallito nel loro intento, spiega Fromm in “Marx e Freud”. Né l’una né l’altro sono in grado di produrre sostanziali cambiamenti della condizione umana: la psicoanalisi e il marxismo sembrano aver perso la loro carica liberatrice e non sono in grado di fornire la comprensione dei processi in atto.

C’è bisogno di una revisione sia per l’una che per l’altro.

Della psicoanalisi freudiana, oltre a criticare l’impianto meccanicistico, retaggio di una cultura positivista, Fromm denuncia il carattere borghese proprio dell’epoca e dell’ambiente in cui Freud viveva. Freud non ha espresso nella sua psicoanalisi la vera natura umana, ma solo quella di una società capitalistica, egoista e maschilista riducendo i rapporti tra uomo e mondo solo in termini di soddisfacimento libidico.

Nella società alienata del capitalismo non sono, però, i bisogni e le potenzialità umane ad essere realizzati, ma i bisogni socialmente indotti dal mercato. Il marxismo d’altra parte non ha colto il peso che le forze psicologiche, attraverso i meccanismi di riproduzione sociale, hanno sulla personalità degli individui. In “Fuga dalla libertà” Fromm analizza i meccanismi che hanno operato nella storia dell’uomo, in particolar modo analizzando la storia moderna dell’Occidente, che ha spesso visto gli uomini fuggire dalla libertà, cedere la libertà mantenendo l’appartenenza alla società, luogo di sicurezza contro la solitudine.

Anche il totalitarismo nazista può essere spiegato con questi meccanismi.

Famosa è l’analisi psicoanalitica che egli fa di Hitler, descritto come sadico con il popolo tedesco, che domina e sottomette, e masochista nei confronti del destino.

Non sembra, però, che Fromm attribuisca a un processo rivoluzionario la possibilità di superamento dell’alienazione.

La psicoanalisi può compiere la necessaria critica dell’alienazione dell’uomo contemporaneo e della sua infelicità. Mentre la società capitalista preferisce personalità ferme a stadi pregenitali, demandando alla famiglia il compito della repressione sessuale, Fromm guarda ad una sessualità genitale, che egli vede come simbolo di libertà, creatività, socievolezza.

È stata notata in Fromm una lettura di Marx nella quale i valori della vita, del lavoro liberato, dell’utopia e del socialismo vengono contrapposti ai valori della morte, dello sfruttamento, dell’alienazione e del capitalismo.

In particolare, fra i valori che nella lettura di Fromm vengono esaltati, fondamentale è quello dell’amore.

In “L’arte di amare”, che è la sua opera più nota e più popolare, discute cinque tipi di amore: amore fraterno, amore tra genitori e figli, amore erotico, amore per se stessi, amore per Dio.

Tutte queste forme di amore hanno elementi comuni e devono essere basati sul senso di responsabilità, rispetto e conoscenza. Per ogni individuo l’amore è il modo normale di superare il senso di isolamento e, come desiderio di unione con gli altri, assume una forma specificamente biologica tra l’uomo e la donna. Fromm afferma che è errato interpretare l’amore come una reciproca soddisfazione sessuale poiché una completa felicità sessuale si raggiunge soltanto quando c’è l’amore.

La concentrazione sulla tecnica sessuale come se questa rappresentasse la via alla felicità è, egli afferma, una delle molti ragioni per cui l’amore è diventato così raro nella moderna società capitalistica. Fromm crede che l’amore sia l’unica e soddisfacente risposta al problema dell’esistenza umana. L’amore non può essere insegnato, bensì deve essere acquisito tramite uno sforzo continuo, disciplina, concentrazione e pazienza, tutte cose che sono difficili per la pressione continua della vita moderna.

Il più importante contributo di Fromm sta nell’accentuazione della dignità e del valore dell’individuo. A differenza degli psicologi del comportamento, egli non riduce l’uomo ad un comune denominatore di istinti e considera il sesso molto meno importante dell’amore. Le sue idee sulla teoria della pratica dell’amore sono della massima importanza poiché dimostrano che uomini e donne possono superare le pressioni della vita quotidiana e le difficoltà che essi incontrano quando vogliono formare mature relazioni d’amore.

Dal punto di vista strettamente psicanalitico, Fromm è noto per aver approntato una teoria della personalità. Formatosi innanzitutto come sociologo, Fromm ha saputo coniugare il pensiero di Freud con molti altri grandi filoni culturali, da Marx alla tradizione ebraica. All’interno di questa vasta sintesi dottrinale, si trova anche una teoria della personalità ed una caratterologia, nata come tipologia causale, studiata empiricamente con indagini sul campo e con uso di test proiettivi.

La tipologia di Fromm è centrata sul concetto di produttività. Il carattere “produttivo” è quello pienamente sviluppato, non alienato, maturo e ricco di amore per la vita: questo è il punto di riferimento, cui tendono gli altri tre tipi principali, che sono il “ricettivo”, l’ “appropriativo” e il “mercantile”.

I tre tipi non costituiscono categorie fisse ma, piuttosto, come in tutti i sistemi caratterologici moderni, delle tendenze presenti in una certa proporzione in ogni carattere. È significativo quindi non solo il caso in cui una tendenza appare più sviluppata delle altre, ma anche il caso contrario, in cui una tendenza appare appena accennata.

Inoltre, la produttività non esclude che il carattere possa essere classificato come appartenente ad uno degli altri tipi: il pieno sviluppo delle potenzialità umane può essere raggiunto attraverso vie differenti.

In “Analisi della distruttività umana” Fromm ha descritto anche un altro tipo interamente negativo, il “necrofilo”, amante della morte e nemico della vita: questo rappresenta un caso limite, patologicamente lontano dai valori del carattere produttivo.

È raro, fortunatamente, che il necrofilo possa incontrarsi allo stato puro, ma può presentarsi allo stato di tendenza nelle persone troppo affascinate dalla tecnica e dall’ordine.