Jünger


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Ernst Jünger, scrittore, filosofo, entomologo, reduce dalle due Guerre e grande sperimentatore di sostanze psichedeliche, è indubbiamente un personaggio di destra, ma alcuni suoi aspetti, come la rivolta contro il mondo omologato e la figura del Ribelle, spesso definiti come anarchismo aristocratico ed individualistico, sono senza dubbio interessanti.

Di seguito alcune parti interessanti trovate in rete.


La voce in Wikipedia, consultata il 21 Dicembre 2021 dc, senza le note e i link presenti nel testo originario, e senza la bibliografia.

Ernst Jünger

Ernst Jünger (Heidelberg, 29 marzo 1895 – Riedlingen, 17 febbraio 1998) è stato uno scrittore e filosofo tedesco del XX secolo.

Biografia
I primi anni e la guerra

Nacque, maggiore di sette figli, nella famiglia borghese e protestante del chimico-farmacista Georg Ernst Jünger (1868-1943) e di Caroline Lampl (1873-1950); il fratello Friedrich Georg, futuro scrittore, era il suo miglior amico. Trascorse l’infanzia a Hannover, dove il padre aveva un laboratorio, poi a Schwarzenberg; i frequenti cambiamenti di scuola lo resero uno studente di modesto profitto e per questo motivo dal 1905 studiò in collegio per poi rientrare, nel 1907, presso la famiglia a Rehburg, da dove passò ancora nella Scharnhorst-Realschule di Wunstorf. Allo studio delle materie curricolari preferiva l’entomologia e i romanzi d’avventura. Scrisse anche poesie atteggiandosi a dandy.

A sedici anni, nel 1911, si iscrisse, con il fratello Friedrich, all’associazione giovanile di ispirazione romantica ed ecologista Wandervogel (“Uccelli migratori”), fondata da Karl Fischer. Dopo essere passato a studiare nel liceo di Hameln, nell’estate del 1913 fuggì in Francia e a Verdun si arruolò nella Legione straniera: venne trasferito in Algeria per essere addestrato nel campo di Sidi Bel Abbès. Con un compagno, cercò di fuggire anche di qui, ma fu ripreso in Marocco. Fu congedato e rimandato in Germania grazie all’intervento del padre e del Ministero degli Esteri tedesco, che richiesero il suo rientro in Germania, stante la sua minore età. Jünger narrerà quest’esperienza nel romanzo autobiografico Afrikanische Spiele (Ludi africani), pubblicato nel 1936.

Pochi mesi dopo, nell’agosto 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale si arruolò volontario (Kriegsfreiwilliger) in fanteria. Inizialmente soldato di truppa, nel 1915 frequentò un corso per allievi ufficiali e nel novembre di quell’anno fu nominato tenente.
Combatté sul fronte occidentale e, ferito quattordici volte, venne decorato nel 1917 con la Croce di Ferro di prima classe e il 18 settembre 1918 con la più alta decorazione militare prussiana istituita da Federico il Grande, l’ordine Pour le Mérite.

Il dopoguerra

Conclusa la guerra, continuò a servire nell’esercito, partecipando nel 1920 alla repressione del tentato putsch di Kapp. Si oppose alla Repubblica di Weimar, da lui considerata il risultato politico di una sconfitta militare ritenuta immeritata e dell’«onta» del trattato di Versailles.
I suoi romanzi In Stahlgewittern. Aus den Tagebuch eines Stoßtruppführers, Nelle tempeste d’acciaio (1920-1922), Der Kampf als inneres Erlebnis (1922), Sturm (1923), Das Wäldchen 125. Eine Chronik aus den Grabenkämpfen, Boschetto 125 (1925), Feuer und Blut (1925), basati sulle sue personali esperienze del fronte, sono una riflessione sulla guerra e furono accolti con entusiasmo dalla stampa conservatrice tedesca.

Lasciato l’esercito nel 1923, studiò filosofia e zoologia a Parigi e a Napoli, aderendo per breve tempo all’organizzazione paramilitare dei Freikorps.
Il 3 agosto 1925 si sposò con Gretha de Jeinsen, da cui il 1º maggio 1926, a Lipsia, ebbe il suo primo figlio Ernst (dai genitori sempre chiamato Ernstel). Nel 1926 lo scrittore interruppe gli studi universitari senza laurearsi, dedicandosi completamente alla scrittura. Nel 1934 nacque il secondogenito Alexander.
Esponente di primo piano della Rivoluzione conservatrice, collaborò a diversi periodici nazional-rivoluzionari come Standarte, Vormarsch, Arminius, Die Kommenden, Wochenschrift des neuen Nationalismus, Kampfschrift für deutsche Nationalisten e al Der Widerstand di Ernst Niekisch.

Non appoggiò il Partito nazionalsocialista di Adolf Hitler e rifiutò di dirigere l’unione nazista degli scrittori. Joseph Goebbels scrisse, nei propri diari: «gli facemmo ponti d’oro che lui sempre si rifiutò di attraversare».

La seconda guerra mondiale

Nel conflitto fu ufficiale della Wehrmacht a Parigi durante l’occupazione tedesca della Francia, dove frequentò numerosi artisti e scrittori: Jean Paulhan, Cocteau, Braque, Picasso, Gaston Gallimard, Sacha Guitry, Jouhandeau, Léautaud, Montherlant, Paul Morand, e altri ancora. A Picasso aveva detto che, se le cose fossero dipese da loro due, si sarebbe potuto stipulare da subito la pace e fare riaccendere le luci a Parigi. Colette, grazie a lui, riuscì a mettere in salvo un amico ebreo.

Una francofilia profonda, dunque, da esteta e flâneur. Con Céline litigò. Testimonianza del periodo sono i suoi splendidi diari dal 1939 al 1948 – in Italia apparsi in tre volumi: Giardini e strade, Irradiazioni e La capanna nella vigna – nel quale incontri, osservazioni e giudizi sono distillati con aristocratico distacco, esteticamente colti e asciutti; luoghi e cose, eventi e persone appaiono passati al setaccio di una mente da entomologo in uno stile che risulta paradossale. Oltre al duplice soggiorno parigino, si racconta della sua permanenza nel Caucaso, e il forzato riposo nella campagna di Hannover. Nel Dopoguerra, i diari saranno un bestseller in Germania; in Francia, i diari di guerra sono entrati nella Bibliothèque de la Pléiade dell’editore Gallimard.

Conosceva la cerchia degli ufficiali prussiani che parteciparono al fallito attentato per assassinare Hitler del 20 luglio 1944, compiuto da Claus von Stauffenberg; pur essendone a parte, non fu condannato né imprigionato ma solamente congedato dall’esercito. Hitler in persona, ammiratore dell’uomo e della sua opera, fece un’eccezione per lui, risparmiandolo dalla vendetta che travolse i protagonisti della Resistenza tedesca e i loro familiari. Visse la fine della guerra nella casa di campagna di Hannover, dove le truppe britanniche arrivarono nell’aprile 1945.

Il 29 novembre dello stesso anno il figlio Ernstel, inviato sul fronte italiano in un battaglione punitivo (aveva manifestato opinioni antinaziste), cadde in combattimento a Turigliano, presso Carrara-Avenza. La notizia gli pervenne soltanto il 12 gennaio del 1945. Poté recuperare le spoglie del figlio solo sei anni dopo, grazie allo statunitense Henry Furst, Giovanni Ansaldo e Marcello Staglieno; le spoglie del giovane furono traslate nel 1951 dallo stesso Furst a Wilflingen.
Dal gennaio al maggio 1945, congedato, fece parte della difesa civile a Kirchhorst.

Dal secondo dopoguerra alla morte

Dopo il conflitto venne comunque accusato di connivenza con il regime a causa delle sue opinioni nazionaliste, nonostante nei suoi scritti – soprattutto in Strahlungen (in italiano Irradiazioni. Diario 1941-1945) – la sfiducia per il regime hitleriano sia evidente. Tuttavia in Nationalismus und Judenfrage del 1930, Jünger aveva descritto gli Ebrei come una minaccia per l’unità dei Tedeschi.

Cominciò a intrattenere una fitta corrispondenza con i principali intellettuali tedeschi, dallo stesso Carl Schmitt a Martin Heidegger. Gli fu interdetto di pubblicare in Germania sino al 1949.
Nel 1950 si trasferì a Wilflingen, villaggio dell’Alta Svevia, abitando nella foresteria del castello dei von Stauffenberg, dove rimase sino alla morte.

Per tutta la vita sperimentò diverse sostanze, in particolare LSD (l’inventore della sostanza, Albert Hofmann, era un lettore di Jünger e in varie occasioni lo invitò a provarla con lui[8]) e mescalina ma anche etere, hashish e cocaina.
Intraprese altri viaggi, nel Mediterraneo e in Oriente, scrivendo e coltivando la giovanile passione entomologica, trovando nuove specie di coleotteri che a tutt’oggi portano il suo nome, quali il Carabus saphyrinus juengeri e la Cicindela juengeri juengerorum.

Dal 1960 al 1972 diresse, insieme a Mircea Eliade, la rivista Antaios, pubblicata dall’Editore Klett di Stoccarda, che ha altresì pubblicato in ventimila pagine l’intera opera di Jünger.

Nel 1996 si convertì al cattolicesimo.

La seconda moglie di Jünger, l’insegnante-archivista Liselotte Lohrer (nata Baeuerle, sposata nel 1962), dopo la morte del marito ne ha riordinato i manoscritti e l’epistolario, e ha trasformato in Fondazione la residenza di Wilflingen.

Il Premio Goethe per l’analisi della modernità

Nel 1980 Jünger ottenne il prestigioso Premio Goethe (conferito, tra i pochi, a Bertolt Brecht e Thomas Mann) che lo consacrò tra i massimi scrittori e pensatori tedeschi del Novecento; il merito stava soprattutto nell’analisi (e nella critica) della modernità; questo è il campo in cui le sue potenti intuizioni ne fanno, fra l’altro, uno degli intellettuali più discussi del XX secolo.

Fu aspramente criticato per le più varie ragioni: «dandismo», «aridità», «etica della guerra», «estetica brutale sottesa alla perfezione stilistica». Tuttavia ebbe attestazioni di stima numerose e decisamente bipartisan; era in contatto con non poche personalità della sinistra, come il romanziere italiano Alberto Moravia e il Presidente della Repubblica francese François Mitterrand.


Dal sito l’Occidentale, consultato il 21 Dicembre 2021 dc:

A 125 anni dalla nascita
Ernst Junger: così classico, così attuale

di Salvatore Santangelo

30 Marzo 2020 dc

125 anni fa, il 29 marzo 1895 – ad Heidelberg – nasceva Ernst Jünger, soldato dei reparti d’assalto, scrittore, filosofo e protagonista del secolo più crudele. Quello stesso XX secolo che – per dirla con le parole di Alain de Benoist – non gli ha voluto «tributare il Premio Nobel» e che quindi «non ha ritenuto necessario onorare in tal modo un autore che si è invece contraddistinto, traversandolo da cima a fondo, spiritualmente e fisicamente e che salendo più in alto, ha visto più lontano».

Ma ormai sono altri i parametri che segnano la sua forza: non stupisce e non fa più notizia l’influenza di questo grande autore tedesco ed europeo che Quirino Principe ha definito «l’eroe decorato, dotato del particolare eroismo intellettuale che sa e vuole schivare la mentitrice dialettica tra “tipo reazionario” e “tipo rivoluzionario”, sospinto dal suo destino individuale verso la forma dell’Anarca, e destinato a essere, anche in una guerra futura, il più disarmato degli eroi».

Si susseguono le nuove edizioni, le ristampe, le traduzioni, i convegni e i saggi critici, con una frequenza e un’assiduità indicative di un successo destinato a perdurare.

La sua opera è divenuta il banco di prova di riflessione filosofica per studiosi e intellettuali provenienti da esperienze culturali assai diverse, oltre che per i molti che intendono, in modo vario, dare una “traduzione politica” o quantomeno “metapolitica” agli orientamenti jüngeriani.

Ernst Jünger è l’uomo che vede per ben due volte la cometa di Halley, che attraversa due guerre mondiali, che osserva il passaggio dall’aristocratica ruralità degli Junker prussiani all’avvento dell’era della tecnica, con tutta la sua capacità mobilitante, ti cui anticipa i pregi e gli inevitabili rischi.

Siamo di fronte a un coerente sviluppo teoretico ed estetico (sempre Quirino Principe ha sostenuto che nel pensiero jüngeriano l’estetica è «rettamente intesa come “la filosofia dei sensi intelligenti”»).

Jünger non solo come vero e proprio cervello speculativo ma come asse centrale rispetto alle dinamiche e ai temi più significativi della Rivoluzione conservatrice.

Proprio i quattordici anni della Repubblica di Weimar rappresentano una fase in grado di lasciare un segno decisivo sul suo percorso politico e culturale: il giovane ufficiale del fronte, decorato con la croce di guerra Pour le Mérite, si trasforma in un attento osservatore e spietato critico delle relazioni politiche ed economiche dominanti.

Nelle pagine dei suoi saggi brillanti e provocatori, la critica corrosiva dei mali del suo tempo diventa anche la possibilità di dar forma all’alternativa radicale: «il nazionalismo tedesco della declinante era di Weimar è un movimento rivoluzionario, o magari controrivoluzionario, ma non reazionario né restauratore. Esso guarda al futuro, non al passato: è volontà e progetto, non nostalgia».

Parafrasando sempre Principe, appare particolarmente singolare, nella lunghissima esistenza di Jünger su questa terra, il transito attraverso tre fasi connotate da tre condizioni preminenti: la fase dell’agire (negli anni della prima guerra mondiale e negli anni Venti), quella dell’essere (dagli anni Trenta alla fine della seconda guerra mondiale), quella del dire, ossia la lunga parte di esistenza che in seguito gli fu concessa. L’agire gli diede evidenza e gli donò un essere in primissimo piano, l’essere lo salvò dalla sua libera e ardimentosa divergenza dalla realtà del nazionalsocialismo e dei suoi misfatti prima e durante la guerra. Fu il dire che investì lo scrittore con il maggior pericolo: quello della morte civile.

Per chi volesse approfondire – nel mare magnum della saggistica dedicata a questo autore – consiglio Ernst Jünger. Un altro destino tedesco di Dominique Venner (L’Arco e la Corte) con la prefazione di Michele De Feudis.


Dalla voce in Treccani, consultata il 22 Dicembre 2021 dc (senza i link):

Jünger, Ernst

Jüngerü´ër⟩, Ernst. – Scrittore tedesco (Heidelberg 1895 – Wilflingen 1998). Figura tra le più complesse e discusse della cultura tedesca del 20° sec., in provocatorio disprezzo della politicizzazione delle lettere si pose come aristocratico anarchico,  profetizzando con distacco una catastrofe epocale che coinvolge non solo la società umana ma l’intero pianeta, e dalla quale può salvarsi solo l’individuo in responsabile fuga verso l’interiorizzazione. È questa la traccia essenziale che può cogliersi nella gran massa di opere, romanzi, racconti, diari, saggi, tutti inconfondibili per lo stile elevato sino alla ricercatezza e per il linguaggio spesso volutamente cifrato che reclama una disagevole decodificazione.

Vita e opere

Arruolatosi a 17 anni nella Legione straniera, volontario di guerra nel 1914, ferito 14 volte, talora anche gravemente, rimase nell’esercito fino al 1923, quando all’università di Lipsia e poi a quella di Napoli iniziò lo studio della zoologia e della filosofia.

Fino al 1933 fu in contatto con circoli rivoluzionarî d’ispirazione nazionalistica, ma all’avvento del nazismo si tenne in disparte, e anzi rifiutò la nomina all’Accademia prussiana (1934).

Durante la seconda guerra mondiale fu per lungo tempo ufficiale a Parigi, dal 1941 al 1944 presso il quartier generale delle truppe dislocate in Francia, dal quale fu allontanato in seguito alla diffusione del suo scritto Der Friede, utopico appello alla pace indirizzato “alla gioventù d’Europa, alla gioventù del mondo”. Nei primi libri legati all’esperienza della guerra (In Stahlgewittern, 1920; Der Kampf als inneres Erlebnis, 1922; Das Wäldchen 125, 1925; Feuer und Blut, 1926) esaltò la lotta e ogni prova di forza dell’uomo professando un “eroico nichilismo”.

Una seconda fase, non priva di influssi nietzschiani, puntò a un titanismo antiborghese (Das abenteuerliche Herz, 1929; Totale Mobilmachung, 1931; Der Arbeiter. Herrschaft und Gestalt, 1932). Fra il nichilismo e la rivelazione visionaria si situano Blätter und Steine (1934) e Auf den Marmorklippen (1939), quest’ultimo larvata critica al terrorismo tirannico, ribadita in Gärten und Strassen (1942).

Inviso, a tale doppio titolo, al regime nazista, tanto più lo divenne per il già ricordato Friede (diffuso clandestinamente nel 1944, pubblicato nel 1948).

Nelle sue opere del dopoguerra si riscontra l’aspirazione a una rigenerazione in spirito di pace e di libertà, con il dominio di un astratto aristocraticismo scarsamente storicizzato (su tale via sono Strahlungen, 1949; il romanzo utopistico-simbolico Heliopolis, 1949; Über die Linie, 1950; Waldgang, 1951; Besuch auf Godenholm, 1952; Der gordische Knoten, 1953; Das Sanduhrbuch, 1954; Rivarol, 1956; Jahre der Okkupation, 1958; Der Weltstaat, 1960; Typus, Name, Gestalt, 1963; Grenzgänge, 1966; Eumesvil, 1980; Die Schere, 1990).

Nessuna delle principali questioni del mondo moderno fu estranea alla trattazione di J. (sul problema dell’Estremo Oriente, Zwei Inseln. Formosa, Ceylon, 1968; sul problema della droga come tentativo di evasione dal mondo meccanizzato, Annäherungen. Drogen und Rausch, 1970). Tra il 1978 e il 2003 sono stati pubblicati 22 volumi di Sämtliche Werke.

Una sotterranea analisi dei motivi che spinsero la Germania alla partecipazione alla seconda guerra mondiale contraddistinse parte della produzione dell’ultimo ventennio, di cui fa parte il romanzo Aladin’s Problem (1983).

Scrittore singolare ed estremamente affascinante, quale saggista J. si fece stimare fra gli stilisti più nobili di tutta la prosa tedesca; più forzato in veste di narratore, che però gli fu anche assai meno consueta. Nel 2010 sono stati editi a cura di H.H. Kiesel sotto il titolo Kriegstagebuch 1914-1918 (trad. it. 2016) i diari che lo scrittore tenne sul fronte di guerra.


Dall’Archivio di la Repubblica, articolo dell’8 Maggio 1997 dc:

Ernst Jünger la destra lo reclama

di Antonio Ginoli

Roma-Su di un banchetto allestito al pianterreno della facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma ieri erano esposti una serie di libri di Ernst Junger. Due volenterose studentesse di Alleanza Studentesca, il raggruppamento di destra che ha vinto le recenti elezioni universitarie, ne coordinavano la vendita.

Fra i libri c’era anche un T shirt con sopra stampata una frase di Junger: “Noi non vogliamo un mondo pacifico e ben costruito. Vogliamo un mondo con la sua melodia infinita, con la dolorosa tensione dei contrasti, con tutte le tonalità di colore. Per noi la vita è giusta nella sua totalità”. È Junger, ma potrebbe essere la carta di un cioccolatino gettata da un qualunque tardo romantico che ha attraversato questo secolo cogliendone, con retorica, solo alcuni aspetti. Junger, soprattutto il suo stile, è qualcosa di ben diverso.

A pochi metri dal banchetto di libri e dalla T shirt, nell’aula delle lauree, si è svolto ieri un convegno dedicato allo scrittore tedesco che da poco ha compiuto 102 anni. A organizzarlo sono stati Alleanza Studentesca e Il bosco e la nave, un’associazione culturale che già dal nome dichiara la sua ispirazione jungeriana.

La destra giovanile, insomma, dopo aver prevalso nell’ università sulla sinistra cerca padri spirituali ai quali richiamarsi. Uno è Junger, ma sono previsti in seguito incontri su Céline, Pound, Hamsun.

Ci tengono a una precisazione: se politicamente si sentono di destra, culturalmente la questione è più sfumata. Non sono né di destra, né di sinistra poiché le due categorie, dicono, nella loro contrapposizione sono inservibili.

Diciamo allora che l’identità culturale per questi giovani passa attraverso il fuoco di certi autori (Junger è fra questi), ma anche dentro le elaborazioni che alcuni teorici della sinistra (soprattutto in Francia) hanno svolto contro il pensiero utilitaristico. In altre parole se identità c’è (o se va cercata) questa si individua nella critica al mercato e alle regole liberiste, nel rifiuto dei modelli consumistici e nella salvaguardia dell’ambiente.

La metafora jungeriana della foresta, del ritrarsi nel bosco, rende abbastanza bene l’idea delle suggestioni che i verdi (soprattutto tedeschi) e certa destra giovanile hanno provato al cospetto di quel pensiero. Non sappiamo, vista anche la longevità e soprattutto la complessità di un personaggio che ha attraversato il secolo, in che misura sia legittimo assimilare Junger a un’etichetta politica piuttosto che a un’altra di segno opposto. Questo vale per lui, come per tanti altri che nelle crisi europee di questo secolo si sono a lungo dibattuti uscendone con qualche danno di immagine.

Occorre ricordare insieme a Junger i nomi di Heidegger, di Schmitt, di Dumezil, di Céline, di Eliade?

Dalla loro partita con la grande politica sono usciti sconfitti. Il che non ha impedito, in coincidenza con la crisi del marxismo, che una certa sinistra abbia adottato autori che la destra è stata incapace di conservare.

Sembra un caso di cannibalismo teorico. Ma in realtà una simile appropriazione è stata principalmente il frutto di un lungo disagio culturale e meno il risultato di una curiosa selezione darwiniana, dove il più forte ideologicamente ha prevalso sul più debole. Ma nel convegno su Junger, Giano Accame ha cercato di accreditare proprio quest’ultima tesi. Per cui, se la destra si è lasciata sfuggire una serie di poderosi scrittori la colpa è solo dell’ emarginazione in cui è stata confinata per oltre mezzo secolo.

Circola un innegabile senso di rivincita fra le parole di molti relatori e fra questi ne citiamo alcuni: Malgieri, Bernardi Guardi Borghi, Arcella, Freschi, De Benoist. Parole che recitano alcune parti che lo stesso Junger si è trovato a interpretare. Sono i temi inscritti nella guerra, nel nichilismo, nella ribellione, nelle figure del lavoratore e dell’anarca a delineare un orizzonte che la destra vuole occupare, anche se in coabitazione con la sinistra.

Ma ha ancora senso un simile sdoppiamento politico? Se lo è chiesto Marcello Staglieno, rispondendo che Junger, del quale ha rievocato la ormai lunga amicizia, è un grande scrittore che va lasciato fuori dai ricettacoli della destra e della sinistra. Per la cronaca riferiamo che il libro più venduto sul banchetto jungeriano allestito da Alleanza Studentesca è stato Il trattato del ribelle, una delle più sferzanti analisi della nostra democrazia.