Esterno notte: la fantasia al potere…secondo Marco Bellocchio

In e-mail il 24 Novembre 2022 dc:

Esterno notte: la fantasia al potere…secondo Marco Bellocchio

di Dino Erba

Riporto l’apprezzabile recensione di Davide Steccanella in merito al film Esterno notte di Marco Bellocchio. Cui allego in calce alcuni miei ricordi coevi, con contributi di alcuni che, in quella vi- cenda, furono coinvolti (volenti o nolenti).

“Esterno notte” di Bellocchio: perché non mi è piaciuto (recensione).

Premesso che non credo sia possibile (tutti quelli che ci hanno provato hanno miseramente fallito) ridurre a film una vicenda complessa e drammatica come quella del sequestro Moro, concordo con il Professor Vladimiro Satta (uno che ha scritto libri importanti sull’argomento) che la nuova fiction Rai rappresenti per Bellocchio un passo indietro rispetto al precedente “Buongiorno notte”.

Quel film, almeno, era tratto dal libro autobiografico Il prigioniero scritto da Anna Laura Braghetti, la brigatista che visse nella base di via Montalcini durante tutti i 55 giorni del sequestro, questo invece è una libera interpretazione dei fatti secondo la – legittima – visione del regista che avrebbe voluto, come molti, un altro esito, la liberazione del prigioniero, esito che viene proposto nell’ultima puntata dal titolo “La fine” e che già avevamo visto nel suo precedente lavoro.

La fiction è divisa in sei puntate per argomenti o personaggi, come si conviene a questo tipo di prodotto, la prima descrive il palazzo della politica italiana di allora, la seconda la figura di Moro, la terza quella di Papa Montini, la quarta “i terroristi”, la quinta Eleonora Moro e la sesta, appunto, “la fine”.

Il primo difetto è cinematografico: le prime due puntate risultano alla lunga noiose perché tutti i politici di allora vengono rappresentati in modo troppo macchiettistico e stereotipato.

Cossiga, sempre tremebondo e nevrotizzato, che alterna visioni oniriche a confessioni sul fallimento del proprio matrimonio al primo che passa, e dà disposizioni al tavolo delle decisioni ministeriali sembrando un guru mezzo invasato, Andreotti con la solita immagine del brutto mellifluo su cui si fa ricadere ogni colpa democristiana (quasi che tutti gli altri, che pure c’erano, non fossero mai esistiti), Berlinguer che dice di trattare di “nascosto” con soldi ma non con riconoscimenti politici alle BR, Craxi che pare un fantoccio recitante, e via così, certo gli è che, visti in quel modo, davvero sembrano tutti dei “fantocci”, come li definisce un BR a un certo punto.

Il che non credo renda completa giustizia a una classe politica che pur con tutti i difetti del mondo forse era più elevata di quella odierna, ma non è questo il tema.

Pessimi in linea di massima tutti gli attori: ho letto gran peana sul Gifuni da Oscar, ma onestamente, quanto a recitazione, mi pare cerchi di fare il Volonté senza riuscirci del tutto, se invece ci si riferisce al trucco – certamente notevole – allora anche a “Tale e quale” sono bravi, ma questo non lo fa diventare un programma di rilievo.

Solito professionismo della Buy, che però di base fa sempre lo stesso personaggio, l’unico che si salva è il come sempre bravissimo Servillo nella parte di Montini, ma anche perché lui è un po’ “pretesco” e quindi dovendo fare il Papa va a nozze, anche se deve districarsi tra dialoghi talvolta “imbarazzanti” (come durante la vicenda del tentativo fallito di consegnare un riscatto mediante il sacerdote di San Vittore). Peggio ancora vanno le cose nella puntata dedicata a descrivere CHI fece quel sequestro, a parte la solita rappresentazione di un Moretti ottuso e fanatico fatto anche passare per un rozzo: “Io laureato a Yale che parlo 5 lingue devo avere a che fare con un perito che scrive ‘è presto detto’, viene fatto dire a Cossiga, immaginiamoci se in un momento così tragico l’ex Presidente della Repubblica italiana, che tutto era fuorché un cretino, si soffermava su considerazioni che mi paiono più farina del sacco intellettuale di Bellocchio che di un Ministro coinvolto in uno dei fatti più gravi dell’intera storia repubblicana.

Infatti il punto che meno mi è piaciuto di questa fiction è che uno degli episodi più eclatanti e gravidi di conseguenze per il Paese sembri interamente ruotare in una sorta di bega in stile “pasta fatta in casa” tra Moretti e la coppia Faranda/Morucci, questi ultimi destinatari di dialoghi surreali, tipo lei che gli da del ‘bastardo’ rimproverandogli di avere lasciato sua figlia ai nonni perché lui le aveva fatto credere di sperare nella Rivoluzione (solita vulgata della donna che sceglie per amore, perché evidentemente non dispone di una coscienza politica propria), lui che fa il guascone che poi l’abbraccia, e i due proseguono fino alla fine, limitandosi a qualche scazzo in mezzo alla strada con l’altra coppia Moretti/Balzarani e tutto il resto sparisce, l’unico personaggio azzeccato forse è Lanfranco Pace che dice loro di liberare l’ostaggio perché “il movimento è contrario alla sua morte”.

Movimento del tutto assente, l’Italia dopo il 1977 viveva in una sorta di guerriglia continua (una “guerra” titola il recente docufilm su Sky tratto dalle memorie dei poliziotti del nucleo di Dalla Chiesa impegnati per 15 anni in quell’incredibile conflitto), ma i brigatisti passano le giornate stravaccati sul divano di casa, uscendo giusto per fare l’operazione Moro o poco altro, e gli unici agganci con il mondo esterno sono la solita romana verace che si lascia andare sul bus a commenti “ci vorrebbe il duce con ‘sti assassini”, perché quegli assassini, secondo Bellocchio, trovavano consenso solo nelle università, e neppure tanto tra gli studenti ma tra i “professori” (solita vulgata dei “cattivi maestri”,) e ovviamente nessun riferimento alle fabbriche dove invece sono nate non solo le Brigate rosse ma anche Prima Linea e tanto altro ancora, a tacere della gigantesca galassia dell’autonomia proletaria nelle principali città,che fece lievitare a oltre 200 il numero delle organizzazioni armate operanti in Italia secondo i dati ministeriali ufficiali dell’anno dopo (dicembre 1979).

Ma tutto questo non c’è, e così se uno non si fosse preso la briga di studiare quegli anni, la visione di Bellocchio inevitabilmente lo porterà a ritenere che necessariamente “dietro” a quei tre o quattro pirla che vivevano fuori dal mondo ci dovesse essere qualcuno di ben più importante, e continueremo per sempre e inevitabilmente a sentire sul sequestro Moro le più colossali scemenze che si sono inanellate in questi anni (giusto 42 anni fa veniva istituita la prima Commissione Moro, ne seguiranno altre e sempre più inutili, ma transeat).

È vero che Bellocchio ha fatto un film e non un documentario, per cui non ci si devono aspettare ricostruzioni storiche, come ha detto Grasso su Corriere della sera, e lasciamo perdere l’idiozia del prete che va a confessare Moro nella base di via Montalcini (ma ti pare che le BR lasciavano entrare un estraneo in quel luogo che per ovvie ragioni di minimale compartimentazione era noto solo e rigorosamente ai quattro militanti che lo frequentavano?) o la scena del gruppetto in spiaggia che spara ridendo alle onde del tirreno laziale urlando slogan demenziali manco fossero a un’occupazione liceale, però mi domando quale sia stata l’utilità di questo sforzo di mezzi per mandare in onda in prima serata sul canale ammiraglio una brutta fiction che peraltro, sono sicuro, hanno visto solo i vecchi come me che ai tempi erano già belle che nati.

Non credo che i ragazzi possano appassionarsi a una fiction del genere, ma stavolta, mi viene da dire: meno male!

Addenda:

Paolo Persichetti: Mettiamo i puntini sulle i
Un altro corso? Quale? Sia in “Buongiorno notte” che in “Esterno notte” Bellocchio propone la visione di un Moro che esce libero dal sequestro. Franco Piperno, che fu protagonista dell’unico vero tentativo di avvio di una trattativa che raggiunse le Brigate rosse, mi ha più volte ripetuto che la liberazione di Moro sarebbe stata una sorta di epifania: il Pci sarebbe stato ricacciato subito all’opposizione (nella sua lettera alla Dc Moro fornisce peraltro questa indicazione politica), l’emergenza giudiziaria e carceraria sarebbe stata abolita e all’orizzonte forse sarebbe avvenuta un’amnistia…. Da Giuliano Ferrara invece ho sentito dire che nel giro di pochi mesi tutto sarebbe stato riassorbito: Moro sarebbe tornato ad essere quello che era e nulla sarebbe cambiato. Agli scenari possibili ne aggiungo un altro realmente accaduto: si chiama Tangentopoli. Moro sarebbe stato il primo della lista, d’altronde l’inchiesta sullo scandalo petroli che portò in carcere proprio Sereno Freato, il faccendiere di Moro, e coinvolse anche la moglie Eleonora, ne fu un’anticipazione [Vedi in calce l’articolo de «L’Unità» del 21 aprile 1983].

Moro petrolio

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Riflessione sulla scomparsa di Ciriaco De Mita

In e-mail il 29 Maggio 2022 dc:

Riflessione sulla scomparsa di Ciriaco De Mita

di Lucio Garofalo

Seppur volessi, non riuscirei ad associarmi alla “canea” delle dichiarazioni di cordoglio, al coro quasi unanime delle condoglianze, più o meno sincere ed ipocrite che siano, per il lutto che ha investito la comunità di Nusco, in particolare la famiglia De Mita, nonché il territorio dell’Irpinia e dintorni.

Non riesco ad avvertire alcun dolore autentico.

Si potrà obiettare che “il sentimento del cordoglio è per l’uomo, non per il politico”…  In verità, l’uomo e il politico sono inscindibili da circa 70 anni, se non oltre, da quando, nel 1953, se non erro, la “buonanima” esordì sulla scena politica aderendo alla corrente della “Sinistra di Base” che apparteneva alla “Balena bianca”, la Democrazia Cristiana.

La carriera politica di De Mita decollò grazie anche alla moglie, che era la segretaria di Fiorentino Sullo, esponente di spicco della DC, anch’egli originario dell’Irpinia, precisamente di Paternopoli…

Negli anni ’80 il figlio del sarto di Nusco riuscì a diventare uno degli uomini politici più potenti d’Italia, costituì il punto di riferimento, il perno centrale attorno a cui ruotava un ceto dirigente democristiano che annoverava numerosi elementi provenienti dall’Irpinia: Gerardo Bianco, Giuseppe Gargani, Salverino De Vito, Lorenzo De Vitto ed altri.

Fu l’unico leader DC a ricoprire nello stesso tempo la carica di Presidente del Consiglio, dal 1988 al 1989, e quella di segretario nazionale del partito, dal 1982 al 1989. Ciriaco De Mita è stato un astuto ed abile politico, nonché un intellettuale colto e raffinato, provvisto di una mente acuta, capace di elaborare un pensiero progettuale di ampio respiro, ma tali qualità politiche ed intellettuali furono subordinate ad un disegno egoistico di accrescimento e mantenimento del potere, per sé e per la propria cerchia familiare, amicale e clientelare.

Ma il fallimento storico-politico del demitismo è testimoniato da numerosi fatti ed elementi concreti, alcuni dei quali appaiono in una dimensione drammatica e raccapricciante: dallo spopolamento crescente ed inarrestabile delle comunità dell’entroterra irpino, la zona del cratere sismico in maniera particolare, alla chiusura di numerose fabbriche (alcune erano già decotte in partenza) ed di intere aree industriali, costruite durante la lunga stagione della ricostruzione post-sismica, grazie agli ingenti fondi pubblici erogati dalla Legge n. 219 del 1981, ben 60 mila miliardi di lire, di cui una percentuale assai cospicua è stata dirottata per finanziare la camorra e rimpinguare le attività illecite ed il malaffare.

Senza omettere che la nostra terra, l’Irpinia, detiene il lugubre primato dei suicidi in tutto il Meridione d’Italia.

Potrei proseguire qui nel “dipingere” il macabro e desolante quadro storico-politico ed esistenziale, ma ritengo che la sintesi che ho formulato basti. Sorvolerei sul caso, arcinoto (ma non ai più), dell’Irpiniagate, sul quale venne scritto e pubblicato un libro nel 1989.

Insomma, con la dipartita di Ciriaco De Mita è scomparso un “nemico di classe” per il movimento comunista ed antagonista irpino (o, almeno, per i soggetti sopravvissuti, per i “cani sciolti”, tra cui il sottoscritto)… De Mita è stato un avversario politico per intere generazioni di comunisti e dissidenti che hanno osteggiato il suo sistema di potere, instaurato soprattutto in Irpinia e nel Sannio. Un sistema di potere molto ramificato e radicato principalmente nel settore della sanità regionale, delle imprese industriali, delle banche e dovunque si allungassero i suoi tentacoli voraci.

In futuro si dovrà contrastare il “demitismo senza De Mita”, cioè il sistema di potere imposto ed esercitato dagli epigoni del “podestà” di Nusco. Perciò, temo che si rischi di rimpiangere (!) il “demitismo” con De Mita.

Io vi accuso

Condiviso in WhatsApp il 21 Novembre 2020 dc:

Io vi accuso

di Marco Galice

Barbara D’Urso, Maria De Filippi, Alfonso Signorini, Alessia Marcuzzi e tutta la schiera della vostra bolgia infernale… io vi accuso.

Vi accuso di essere tra i principali responsabili del decadimento culturale del nostro Paese, del suo imbarbarimento sociale, della sua corruzione e corrosione morale, della destabilizzazione mentale delle nuove generazioni, dell’impoverimento etico dei nostri giovani, della distorsione educativa dei nostri ragazzi.

Voi, con la vostra televisione trash, i vostri programmi spazzatura, i vostri pseudo spettacoli artefatti, falsi, ingannevoli, meschini, avete contribuito in prima persona e senza scrupoli al Decadentismo del terzo millennio che stavolta, purtroppo, non porta con sé alcun valore ma solo il nulla cosmico.

Siete complici e consapevoli promotori di quel perverso processo mediatico che ha inculcato la convinzione di una realizzazione di sé stessi basata esclusivamente sull’apparenza, sull’ostentazione della fama, del successo e della bellezza, sulla costante ricerca dell’applauso, sull’approvazione del pubblico, sulla costruzione di ciò che gli altri vogliono e non di ciò che siamo.

Questo è il vostro mondo, questo è ciò che da anni vomitate dai vostri studi televisivi.

Avete sdoganato la maleducazione, l’ignoranza, la povertà morale e culturale come modelli di relazioni e riconoscimento sociale, perché i vostri programmi abbondano con il vostro consenso di cafoni, ignoranti e maleducati. Avete regalato fama e trasformato in modelli da imitare personaggi che non hanno valori, non hanno cultura, non hanno alcuno spessore morale.

Rappresentate l’umiliazione dei laureati, la mortificazione di chi studia, di chi investe tempo e risorse nella cultura, di chi frustrato abbandona infine l’Italia perché la ribalta e l’attenzione sono per i teatranti dei vostri programmi.

Parlo da insegnante, che vede i propri alunni emulare esasperatamente gli atteggiamenti di boria, di falsità, di apparenza, di provocazione, di ostentazione, di maleducazione che diffondono i personaggi della vostra televisione; che vede replicare nelle proprie aule le stesse tristi e squallide dinamiche da reality, nella convinzione che sia questo e solo questo il modo di relazionarsi con i propri coetanei e di guadagnarsi la loro accettazione e la loro stima; che vede lo smarrimento, la paura, l’isolamento negli occhi di quei ragazzi che invece non si adeguano, non cedono alla seduzione di questo orribile mondo, ma per questo vengono ripagati con l’emarginazione e la derisione.

Ho visto nei miei anni di insegnamento prima con perplessità, poi con preoccupazione, ora con terrore centinaia di alunni comportarsi come replicanti degli imbarazzanti personaggi che popolano le vostre trasmissioni, per cercare di essere come loro. E provo orrore per il compiacimento che trasudano le vostre conduzioni al cospetto di certi personaggi.

Io vi accuso, dunque, perché di tutto ciò siete responsabili in prima persona.

Spero nella vostra fine professionale e nella vostra estinzione mediatica, perché solo queste potranno essere le giuste pene per gli irreparabili danni causati al Paese.

Sulla scritta “Fontana assassino”. Conferenza stampa mercoledì 20 maggio.

In e-mail il 19 Maggio 2020 dc:

Sulla scritta “Fontana assassino”. Conferenza stampa mercoledì 20 maggio.

 

Agli organi di informazione

Mercoledì 20 maggio alle h. 12 è convocata una conferenza stampa tramite piattaforma Zoom. È invitata la stampa. Per l’accesso richiedere le credenziali via mail (specificando nome, cognome e testata) a carc@riseup.net

Di seguito il comunicato di indizione.

Milano, 19 maggio 2020

In questi giorni i media riportano la notizia dell’apertura di un’inchiesta per la scritta apparsa su un muro di Milano che esprimeva un concetto semplice, chiaro: “Fontana assassino”. Sgomberiamo il campo da possibili fraintendimenti: per Fontana si intende Attilio Fontana, il Presidente della Regione Lombardia.

Siamo consapevoli che un messaggio tanto esplicito, benché traduca i sentimenti di parte consistente dei 12 milioni di cittadini lombardi, possa arrecare disturbo a chi cerca di nascondere le responsabilità e sia indigesto a chi è abituato alla politica della retorica, dell’ipocrisia, dell’omertà e della conciliazione. Ma siamo in una situazione in cui da conciliare non c’è niente, in cui i fatti hanno messo a nudo la montagna di ipocrisia e correità esistente nel governo centrale, nei governi e istituzioni regionali, nella Confindustria, nelle istituzioni finanziarie e affaristiche, nei partiti di governo e di “opposizione”.

Oggi chi promuove la conciliazione con una classe dirigente parassitaria, invischiata nei traffici, nelle speculazioni, nel malaffare di ogni tipo e in ogni ambito è complice, parte del problema, non un’alternativa.

Vogliamo precisare alcune questioni per essere certi che il contenuto di quella scritta e il suo valore, simbolico e pratico, siano effettivamente chiari e non interpretabili.

  1. A fine aprile la Procura di Milano ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo ed epidemia colposa per la gestione delle RSA in Lombardia. Il reato di epidemia colposa riconduce agli effetti di una strage. Per essere chiari: un omicida è responsabile di un omicidio. Ma 15mila morti non sono responsabilità di un omicida, sono responsabilità di un’organizzazione criminale, che ha una sua struttura e un vertice di comando. Questa è la giusta dimensione delle cose. La Procura di Milano non l’ha scritto sui muri, ma sugli atti dell’inchiesta.

Sono indagati i vertici del Pio albergo Trivulzio. Atto dovuto. Ma chi ha la responsabilità politica della gestione delle RSA? Chi ha emesso l’ordinanza dell’8 marzo che spediva a ricovero nelle RSA gli anziani ancora infetti dal virus? Da chi è arrivato l’ordine (o, se ordine non è stato, di certo il benestare ai comportamenti della Direzione ha un profilo di complicità e consenso) di perseguitare i lavoratori che denunciavano la situazione? Suvvia, non siate ipocriti: Regione Lombardia. E Attilio Fontana, è il suo “governatore”, come ama definirsi quando gli fa comodo.

La scritta sul muro ha quindi un evidente limite: ridimensiona, del tutto involontariamente, la portata delle responsabilità di Fontana.

Vogliamo considerare, a consolidamento di questo ragionamento, che

– è in corso una petizione per il commissariamento della Regione Lombardia,

– è in corso una campagna per le dimissioni di Fontana e Gallera e il resto della Giunta Regionale,

– sono state presentate varie denunce per l’inadeguatezza nel rifornimento di DPI agli operatori sanitari,

– ci sono ben più che ombre rispetto alla decisione di non ricorrere all’uso dell’ospedale di Legnano, ma di costruirne uno nuovo in Fiera a costi – sia passato l’eufemismo – spropositati anziché usare quei soldi (21 milioni di euro) in modo utile,

– ha sollevato ben più che indignazione il non avere dichiarato Nembro e Alzano “zona rossa” giocando a fare lo scaricabarile con Conte.

Una domanda retorica: si tratta di iniziative basate sul pregiudizio? Sul “piano politico antilombardo” o “antiLega”? Chi le promuove è convinto che Fontana, Gallera, la Giunta si siano comportati da bricconcelli? Oppure c’è un’ampia fetta di popolazione, organismi politici e sindacali, di categoria, di società civile che ha riconosciuto delle chiare responsabilità? Responsabilità rispetto a cosa? Non giocate con le parole! Diffusione del contagio, omesse cure, speculazioni, abbandono dei malati, morti. Il risultato è una strage. 

Un incompetente qualunque si sarebbe dimesso. Ma 1. quali interessi e quali motivi spingono Fontana, invece, a rivendicare tutto? 2. perché dovremmo sopportare in silenzio?

Se ci fosse una giustizia degna di questo nome, Fontana e soci sarebbero stati immediatamente cacciati dai posti di governo e poi processati. Ma la “giustizia” è fatta per colpire i ladri di polli e multare i vecchietti che escono di casa senza permesso dell’Autorità.

I ricchi e i potenti continuano a gozzovigliare, i politici a farsi la campagna elettorale (in piena strage, Gallera si è pure proposto come candidato a sindaco di Milano) sulla pelle di migliaia di morti. Questi sono i fatti.

  1. Quella scritta sul muro, oltre che ridimensionare la portata delle responsabilità di Fontana, ha un altro limite. Sintetizza in modo unilaterale e quasi escludente quelle responsabilità. È vero che non sono solo di Fontana. Ma anche di Gallera, della giunta regionale tutta, dei dirigenti della sanità posizionati dalla Lega e Forza Italia come si posizionano le pedine su una scacchiera per giocare la grande partita della spartizione dei soldi pubblici fra i gestori privati della sanità. Sono anche di chi è venuto prima e oggi fa il verginello: da Formigoni a Maroni. E sono, inevitabilmente, del governo, che è troppo invischiato o sottomesso a questo sistema di potere. E del PD. Sì del PD che cogestisce gli affari della sanità lombarda, mentre in altre regioni – Emilia Romagna, Marche, Toscana, Lazio – è a capo della banda che ha smantellato la sanità pubblica. Lo ha ammesso con coraggio e onestà anche Carmela Rozza in un messaggio giusto a fine aprile. E lo dimostrano i ripugnanti balletti sulla commissione di inchiesta regionale. Il PD chiede a Fontana di istituire la commissione di inchiesta. Come si chiama a casa vostra un simile atteggiamento? Loro lo chiamano “responsabilità” e “rispetto delle regole democratiche”, ma ci vuole un impegnativo esercizio di travisamento della realtà per non chiamarla “complicità”, che va ben oltre gli attestati di solidarietà – ad esempio di Sala – che sono arrivati a Fontana per la scritta. Nel nostro paese, quando si vuole insabbiare qualcosa, si istituisce una “commissione di inchiesta”.
  2. Quindi sì, abbiamo sbagliato, siamo stati moderati definendo solo assassino Fontana, siamo stati unilaterali nello scrivere solo Fontana. Ma è una scritta su un muro, non I Promessi Sposi. Faremo di meglio in futuro.
  3. Veniamo alla ventilata inchiesta della Procura di Milano, della Sezione antiterrorismo. Se l’apertura dell’inchiesta è una notizia vera, questo non fa altro che confermare ancora una volta come vengono utilizzati la giustizia e gli apparati investigativi: non per indagare e colpire chi commette crimini e stragi contro la popolazione, ma gli oppositori politici.

Siamo ben pronti e disponibili a rispondere politicamente delle affermazioni che facciamo e faremo in modo, anzi, che esse possano essere anche più chiare, esplicite e ricorrenti.

Per come stanno le cose, un tribunale è il luogo adatto per Fontana e soci. Auspichiamo, pertanto, che la Procura di Milano voglia essere solerte, come lo è per una scritta su un muro e quando si tratta di colpire lavoratori e oppositori politici, con le inchieste per la strage nelle RSA, per il giro di fondi dell’ospedale in Fiera, per le speculazioni sul prezzo dei tamponi, ecc. Di norma invece è lenta e clemente verso i padroni, i ricchi e i “potenti”: le inchieste contro di loro finiscono spesso nelle sabbie mobili dei tempi della giustizia…

Per quanto riguarda noi, non abbiamo intenzione di scusarci né di difenderci in modo particolare. Politicamente, eticamente, umanamente non ne abbiamo bisogno. Tecnicamente l’eventuale processo a nostro carico sarà occasione per dare voce alle testimonianze, che qualcuno fa finta di non conoscere, delle persone che sono state malate, a casa, senza cure e senza diagnosi per settimane. Di chi ancora non sa se è stato malato o se è guarito. Di chi non ha potuto avere neanche la visita del medico di base. Di chi ha rimediato un provvedimento disciplinare o il licenziamento per aver denunciato la situazione negli ospedali e nelle RSA.

Sì, faremo un bel processo. Ma non siamo gli accusati. Noi, assieme ai famigliari degli anziani uccisi nelle RSA, agli infermieri licenziati o sanzionati perché denunciano, ai sindacalisti colpiti, ai cittadini privati di DPI, siamo gli accusatori.

  1. Per completare il quadro è bene specificare subito che violeremo ogni dispositivo di condanna che sarà eventualmente comminato a nostro carico in quell’eventuale processo. Non pagheremo multe, non rispetteremo restrizioni della libertà individuale, non metteremo firme in caserma, non adempiremo a lavori socialmente utili… Non saremo i carcerieri né gli esattori di noi stessi per conto dello Stato.

Anzi, in caso di condanna andremo – e i giornalisti sono convocati fin da oggi – ordinatamente ma risolutamente, a bussare al carcere di Bollate: il carcere è l’unico modo per farci espiare “la colpa”. Bisogna che qualcuno si prenda la responsabilità di mettere in carcere dei comunisti per una scritta che afferma la verità (benché parziale), che esercitano l’articolo 21 della Costituzione.

Pretendiamo di essere tradotti a Bollate, lo stesso carcere da cui Formigoni è uscito con beneficio dei domiciliari dovendo scontare 5 anni e 10 mesi per corruzione. Corruzione nella sanità. È stato precursore e mentore di Fontana. È uno stragista come lui. Anche lui impunito.

  1. C’è un piano politico dietro la scritta? Certo. Siamo comunisti, siamo e saremo sempre e comunque dalla parte della classe operaia e delle masse popolari. Rispondiamo ad esse delle nostre azioni. Il piano politico che promuoviamo e perseguiamo è cacciare i Fontana, i Gallera e i loro soci in affari e in politica (quale sia il loro partito di appartenenza) e farli sostituire dalla parte sana e organizzata delle masse popolari che sta mostrando che può prendere in mano la gestione delle aziende e dei quartieri, delle città, delle regioni e dell’intero paese. Farla finita con il sistema dei Fontana, dei Gallera e dei loro soci che siedono al governo nazionale e costituire un governo di emergenza popolare con persone che godono della fiducia delle organizzazioni operaie e popolari, costituendo quello che abbiamo chiamato Governo di Blocco Popolare.

Ci rivolgiamo agli operai, ai lavoratori, alle casalinghe, agli studenti, ai pensionati, alle Partite IVA, ai precari e a tutte quelle persone che per vivere hanno bisogno di lavorare, coloro che per la loro appartenenza di classe sono stati duramente colpite da questa crisi sanitaria, economica e sociale. Sono loro che hanno dimostrato con forte senso di responsabilità e solidarietà di poter gestire l’emergenza autorganizzandosi. Pensiamo agli operai che hanno scioperato alla FCA, alla Whirlpool, alla Piaggio, alla Electrolux e nella logistica, ad esempio, imponendo la chiusura di gran parte delle attività produttive e oggi vigilano sulle condizioni di sicurezza.

Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza – per il Comunismo (CARC)

Via Tanaro, 7 – 20128 Milano – Tel/Fax 02.26306454

e-mail: carc@riseup.net – sito: www.carc.it

Quando il profitto confessa il proprio crimine

In e-mail il 14 Marzo 2020 dc:

Quando il profitto confessa il proprio crimine

Il coronavirus e la ricerca scientifica

Si è soliti dipingere il coronavirus come “il cigno nero”, l’evento catastrofico assolutamente imprevedibile che cambia il quadro d’insieme. È inesatto. Indubbiamente la nuova grave epidemia ha un impatto enorme su scala internazionale, ed in particolare in Italia. Ma era talmente poco imprevedibile che una parte della comunità scientifica aveva previsto la sua eventualità.

Sono diciotto anni infatti che imperversa una stessa famiglia di virus, con epidemie che si accendono, si spengono, si riaccendono, a seconda delle mutazioni del virus, senza che vengano rintracciate cure.

Prima la SARS del 2002/2003, poi la MERS del 2012 in Medio Oriente, ora il SARS-CoV-2 (Covid-19).

Già, ma perché non vengono rintracciate cure?

Lo spiega candidamente la Goldman Sachs in un rapporto del 10 aprile 2018, dal titolo “Rivoluzione del genoma”.

«Esistono terapie dei mali “non sostenibili per il business delle case farmaceutiche” Questo perché il giorno in cui si trova il rimedio definitivo […] il “pool” dei malati scende e i guadagni crollano.

L’esempio portato è quello dell’epatite C» (Il Fatto Quotidiano, 5 marzo). Scoperto il farmaco risolutivo, il numero dei malati crollò, e l’azienda che aveva investito nel farmaco, la Gilead Sciences, andò praticamente in rovina. «Il cancro è “meno rischioso”. Mancando cure risolutive “il pool dei malati resta stabile”: un vantaggio per Big Pharma» (FQ), conclude candidamente lo studio della Goldman.

Difficile essere più chiari. È la confessione di un crimine.

Così è andata per il coronavirus.

Dopo la fine dell’epidemia della SARS il virologo francese Bruno Canard e la sua equipe di ricercatori previde il ritorno dell’epidemia nella forma di una “SARS due”, a partire dalla diffusione della sua famiglia virale, la stessa del Covid-19. «Ma il nostro appello è rimasto inascoltato, le ricerche si sono fermate, e ora si vorrebbe trovare d’incanto vaccino e medicine per il coronavirus. Ma i programmi seri di ricerca non si improvvisano. Richiedono spesso un decennio» (Le Monde, 4 marzo).

Tutto chiaro.

In tutto il mondo la ricerca scientifica pubblica è stata tagliata, e appaltata alle case farmaceutiche. E la ricerca delle case farmaceutiche segue unicamente il profitto a breve, in contrasto col senso e coi tempi della ricerca scientifica. Non si poteva descrivere meglio la natura cinica del capitalismo. Una associazione a delinquere che non può essere riformata, può essere solo rovesciata.

Partito Comunista dei Lavoratori