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Articolo scritto tra l’autunno 1975 dc e la primavera 1976 dc e proposto a Quotidiano dei Lavoratori (quotidiano di Democrazia Proletaria). L’allora direttore, Silverio Corvisieri, lo rifiutò quasi inorridito. E sapevo perché. Lo si capisce leggendo l’articolo…
Emmanuelle
di Arnaldo Demetrio
Di fronte al successo che negli ultimi anni ha riportato il libro Emmanuelle, e gli altri che lo hanno seguito, e il film omonimo che è uscito recentemente, e che ha riportato un successo senza precedenti, è necessario, a mio parere, vedere di fare il punto su questo fenomeno niente affatto trascurabile, naturalmente filtrato attraverso una critica impostata in senso materialistico.
Quando, molti anni fa (prima del ‘68), Emmanuelle Arsan scrisse il romanzo, provocò un vero e proprio terremoto letterario: il libro narrava le esperienze erotiche e “filosofiche” della moglie di un diplomatico inglese in Thailandia (dietro la protagonista si celava chiaramente il nome di Emmanuelle Arsan, che peraltro è uno pseudonimo).
In quel libro la scrittrice, oltre a uno stile letterario veramente impeccabile e accurato nel descrivere le vicissitudini erotiche della protagonista, aveva anche l’ardire, per quei tempi, di tentare di costruire una “filosofia erotica” o, meglio, “filosofia nuda” (come la rubrica che la stessa autrice curava sul mensile Playmen) che considerasse l’erotismo e il conseguimento del piacere come scopo essenziale dell’uomo e anche come l’unico modo completamente valido per la liberazione dell’uomo stesso. Con quali implicazioni filosofiche, morali e religiose si può ben facilmente immaginare.
Il romanzo suscitò molto scalpore, e ad esso seguì, per mano della Arsan, L’Antivergine e Il Terzo libro: opere in cui si continuava a esporre gli stessi concetti, ma in modo più avanzato e perfezionato.
Come succede sempre nel mondo capitalista in fatto di consumi di massa, questi libri crearono una moda e, con la scusa che il nome della Arsan non fosse apparso sulle sue opere, autori ignoti pensarono bene di continuare il filone. Con il beneplacito della società dei consumi uscì almeno una decina di altre brutte copie di Emmanuelle, quasi tutti intitolati Emmanuelle 2, Emmanuelle 3 e così via, e chiaramente, pur imitando lo stile letterario specialmente nella descrizione delle scene erotiche, non potevano essere paragonate minimamente, come stile e tematica di fondo, agli originali della scrittrice anglo-asiatica.
La scrittrice acquistò molta fama in tutto il mondo ma non concesse mai interviste e non rivelò mai il suo vero nome: da anni collabora stabilmente al mensile Playmen in cui vengono pubblicate due pagine di Filosofia nuda, e una pagina di corrispondenza. Ultimamente, per evitare ulteriori equivoci, la scrittrice ha denunciato la casa editrice che aveva pubblicato i falsi e ha specificato ufficialmente il numero e i titoli delle sue opere.
Il discorso sugli intenti e sulla particolare filosofia e concezione del mondo della Arsan sarebbe lungo e, tutto sommato, abbastanza riducibile: praticamente si può dire che l’Arsan, per natura e per collocazione sociale profondamente borghese, fa del piacere fisico dell’uomo un fattore con grande influenza su tutto il resto, e in ciò non ci sarebbe nulla da dire, Epicuro Freud e Reich possono insegnarci molte cose: la differenza sostanziale sta nel fatto che l’erotismo e il piacere diventano qui il mezzo più importante, per non dire l’unico, per il conseguimento della felicità, e con questo la liberazione dell’umanità da tutte prevenzioni, tradizioni, superstizioni e tabù che tutti i filosofi marxisti, dallo stesso Marx in poi, hanno analizzato e che noi marxisti rivoluzionari faremmo derivare senza dubbio dal sistema capitalistico e borghese, e di cui vedremmo l’eliminazione solamente attraverso l’avvento del socialismo.
Ma la Arsan non la pensa così: lei colloca tutto il suo discorso in un ambiente raffinato e ultraborghese, e la liberazione la vede, come già detto, solo come sessuale, morale e religiosa.
Come se ciò non bastasse, i cineasti statunitensi hanno offerto un’altra occasione alla scrittrice per rincarare la dose e per puntualizzare meglio questi concetti: l’uscita sugli schermi di tutto il mondo del film Emmanuelle, che chi ha potuto vedere nell’edizione integrale (cioè non italiana, ovviamente) non può non riconoscere i pregi nella sceneggiatura, svia però e snatura profondamente il significato dell’opera da cui è tratto, con una conclusione profondamente reazionaria e razzista.
Per reazione a questo vero e proprio oltraggio alla sua produzione, Emmanuelle Arsan ha scritto un libro fortemente polemico, in titolato Il mio “Emmanuelle”, il loro Papa, il mio Eros, in cui attacca pesantemente la speculazione attuata col film.
Questo libro costituisce senza dubbio la summa di tutta la sua concezione della vita e del piacere, e un’occasione forse irripetibile per ontologizzare il suo pensiero.
La Arsan esordisce dicendo che l’Emmanuelle del film non la riconosce: il marito che gli sceneggiatori hanno dato alla mia Emmanuelle lei di certo non lo avrebbe sposato. Mario, misterioso iniziatore ai complessi riti dell’amore, è diventato un vecchio semi-paralitico, logorroico e travagliato dall’impotenza: la mia eroina ne avrebbe sicuramente riso; Emmanuelle, inoltre, io l’ho sempre immaginata con i capelli lunghi, e i movimenti improvvisi della sua nuca servivano a calare un momentaneo sipario d’ombra sulla bellezza dei seni spesso nudi, nel film persino i capelli sono diventati inopinatamente cortissimi. La scrittrice si domanda costernata perché abbiamo apportato tali cambiamenti al suo romanzo.
La Arsan risponde a questa sua domanda in maniera molto dura: perché mai il regista e lo sceneggiatore del film avrebbero dovuto corrispondere pienamente al suo libro se, in quel libro, non ci si rispecchiavano affatto? Basta leggere le loro dichiarazioni, guardare il loro comportamento nella vita, con la famiglia.
Il regista ha dichiarato apertamente che era profondamente avverso ai film erotici e che questa era la più triste esperienza della sua vita; il produttore ha detto che, per lui, farsi filmare in quel modo era profondamente disonorevole; la protagonista Sylvia Kristel, inoltre, per girare il film in Thailandia si è fatta accompagnare dal marito, ha affermato sfrontatamente di essere monogama e pudica, che non ama partecipare oggi a spettacoli erotici ed afferma, dulcis in fundo, che è favorevole alla censura della pornografia. Che cosa ci si può aspettare da gente simile, si chiede Emmanuelle Arsan. Ella dice, infine, che il grande successo del film è quindi in un certo senso ingiusto, perché si tratta di un’opera non sincera.
Tutto l’ultimo libro è profondamente segnato da questa specie di moralismo dell’eros: l’erotismo come pensiero e come azione, arte, missione, militanza, in cui non sono ammessi debolezze, compromessi e tentennamenti. Con sottigliezza da inquisitore si indaga senza pietà e si demoliscono eretici, deviazionisti e speculatori anche dove alcuni farebbero fatica a vederne: se si abbraccia la religione dell’eros, si afferma in pratica, bisogna essere coerenti fino in fondo, agire come si pensa, vestirsi come si agisce o, meglio, svestirsi come si vive e come si scrive. Io come vivo scrivo, afferma coraggiosamente la scrittrice: il mondo è pieno, ci dimostra, di molti falsi apostoli dell’erotismo, della moda, della politica, dappertutto. Ci sono donne che si comportano apparentemente con indipendenza e spregiudicatezza e poi seguono come ipocrite pecore i dettami della moda, rinunciando al valore provocatorio della nudità mostrata, limitandola ai ridicoli campi di nudismo, manifestazioni emblematiche di compromesso e autocensura: il nudo, infatti, ha il valore di provocazione in un mondo vestito, ha certo più valore in una chiesa che in una spiaggia recintata (di questo sembrano una conferma le manifestazioni di nudismo ultrarapido di questa estate, un po’ in tutto il mondo).
Altro fenomeno indicatore della doppia morale con cui molta gente si trastulla è l’amore: lo si fa al chiuso di stanze, lontano dallo sguardo e dai desideri degli altri; esclusione dal mondo diventa auto-esclusione, dice la Arsan. L’amore è come un’arte e come tale si realizza liberamente, dev’essere fatto con la gente e tra la gente.
Dopo il maggio del ‘68, afferma ancora, le istituzioni del potere, che sui tabù e le paure fondano il loro predominio e la loro sopravvivenza, sembrano riguadagnare terreno: qual’è la soluzione, quando anche coloro che affermano di voler cambiare le cose mostrano di essere coinvolti nella cupa logica dei divieti e delle costrizioni e guardano con sospetto l’arma del piacere, dell’amore, che più di ogni altra ci può condurre alla liberazione (e questa è l’affermazione più contestabile della Arsan)?
Afferma che l’erotismo introduce l’emozione dell’arte nell’amore, e quest’arte diventa civilizzatrice e anticipatrice: un’azione di moralismo controcorrente, come lei stessa la chiama, ed un ruolo che né il politico, né il moralista, né il sociologo e il filosofo sono in grado di svolgere, il loro compito non essendo quello di annunciare il sogno, che appartiene invece all’arte erotica, e cui è alla ricerca.
Nel volume, otre a tre nuovi racconti molto esemplificativi e in linea con il resto dell’opera, è di nuovo pubblicato il pamphlet contro l’enciclica anti pillola di Paolo VI del 1968: in esso la Arsan dice che la Chiesa concepisce l’amore come fedeltà e come strumento destinato esclusivamente alla riproduzione secondo natura. Da una parte il matrimonio, in cui la donna finisce praticamente per prostituirsi in cambio di una sorta di assicurazione a vita, e dall’altra un’opposizione medievale alle tecniche e ai mezzi meccanici inventati dall’uomo per evitare nascite e provare un piacere completo, se non altro. Gli organi sessuali destinati soltanto alla procreazione, si domanda indignata l’autrice di Emmanuelle, sarebbe come volere condannare la parola perché la bocca è fatta soprattutto per mangiare!
Sinceramente ci sarebbe molto da dire su tutto ciò, anche se personalmente non posso fare altro che condividerle: si può dire, come conclusione, che sarebbe certamente auspicabile che il messaggio della Arsan venisse sfrondato da tutta la paccottiglia tipicamente borghese e venisse invece valorizzato da tutto il patrimonio etico, politico, sociale, filosofico e rivoluzionario di cui sono capaci soltanto il marxismo e il materialismo dialettico anche se, ovviamente, bisogna stabilire delle priorità. La priorità attuale è, senza ombra di dubbio, il rovesciamento del sistema borghese e l’instaurazione di uno Stato socialista e autenticamente proletario.
La rivoluzione ideologica, filosofica e sessuale si può iniziare a costruirla adesso ma non si deve fare di ciò, come spesso è accaduto, un elemento deviante da quelli che sono i compiti attuali, e irrimandabili, del movimento operaio e popolare.