Un xxxxxxno in Xxxxxda

27 Marzo 2024 dc:

Un xxxxxxno in Xxxxxda

di Jàdawin di Atheia

Mi sembra giunto il momento di parlare di un personaggio, connazionale, che si è trasferito da alcuni anni in un Paese del nord che amo molto e che, con le sue qualifiche universitarie e professionali di tutto rispetto, ha iniziato a parlare di questo Paese e a svolgere iniziative relative ad esso.

Non voglio entrare assolutamente in contrasto con lui e, per questo, ho mascherato il nome, e il nome del Paese in questione, con cui si fa chiamare, e che è il titolo di un suo libro. Non mi interessa essergli antagonista, anche perché non ne vedo il motivo, né alcuna finalità.

Alcune cose, però, le devo dire.

Indubbiamente, col suo libro, le sue pubblicazioni e le sue iniziative nella Rete ha contribuito finalmente a chiarire alcuni aspetti della vita in quel Paese, della sua storia, delle sue dinamiche interne. Ha fornito molte informazioni, sconosciute ai più, e ha sfatato alcuni miti e luoghi comuni che, purtroppo, pesano sull’immagine di questo splendido Paese.

Tutto ciò è innegabile ed è indiscussa la sua importanza.

A suo tempo, nel canale Telegram che ha creato, ho subito notato quello che, a mio avviso, è un errore di italiano e l’ho scritto. L’errore riguarda la concordanza, in una frase, del soggetto e del verbo a lui collegato. Ad esempio la frase La maggioranza delle gente sono stupidi è errata, perché il soggetto della frase, La maggioranza (della gente), è singolare, mentre il verbo e l’aggettivo, sono stupidi, sono al plurale.

Subito l’Amministratore del canale, che dovrebbe essere il moderatore e non l’aizzatore, mi ha subito apostrofato con la frase “Lei ha studiato simpatia ai corsi estivi del Ku Klux Klan o a quelli tenuti da Pippo Calò?”.

Al che ho risposto “Grazie del complimento, la rassicuro, sono autodidatta. Deduco che per lei fare un’osservazione è comunque ‘antipatia’. Sono stupito, per non dire altro”.

L’individuo in questione ha replicato “Vede, caro signore, spuntare dal nulla inviando una sequela di correzioni non richieste senza nemmeno presentarsi o salutare non è ‘fare un’osservazione’, ma rompere le scatole in maniera anche parecchio maleducata”.

La mia risposta a tali idiozie è stata “Intanto non ho fatto ‘sequele’ di correzioni, ma una sola. Secondo: certo che spunto dal nulla, mi sono iscritto pochi minuti fa! Terzo: non saprei come ‘presentarmi’, mi sembra che in questo canale si possa solo commentare ad alcuni post. Quarto: lei è più maleducato di me, questo mi sembra certo”.

Da notare che, per il soggetto, le correzioni “non sono richieste”, quindi in quel canale, come nel gruppo Facebook, criticare e discutere non è ben visto, ma elogiare a profusione e complimentarsi col protagonista ad ogni suo post (decine di messaggi del tipo “grazie”, “sei il migliore”, “bravo”…) è invece la norma, graditissima e benvenuta.

Anche il Protagonista mi aveva risposto dicendo che per lui quel tipo di frase era “normalissimo”, ed io avevo replicato che se è “normalissima”, cioè “molto usata”, non è detto che sia corretta, come ad esempio “gli ho detto” quando l’oggetto della frase è una donna, e andrebbe usato “le”.

Qualche mese dopo mi sono recato in quel Paese, e prima ancora di partire ho inviato una e-mail al Protagonista chiedendo di potere trovarci nella capitale e fare due chiacchiere, ma non mi ha, ovviamente, nemmeno risposto. Poi ho saputo che una certa sera, nello stesso momento, eravamo a poca distanza tra noi, ma pazienza.

L’energumeno Amministratore ha poi manifestato tutta la sua arroganza in altre occasioni, e l’ho bloccato definitivamente in Facebook.

Ora: è chiaro che la lode è accettata, se non quasi richiesta, invece la critica e il dissenso sono molto sgraditi. E che se il Protagonista si è scelto un tale Aizzatore, una ragione pure ci sarà.

Poi è venuta la conferma: ad un certo punto del suo libro, peraltro, come già detto, molto interessante ed utile, scrive “Come succede agli italiani, anche gli xxxxxxxsi amano fare le pulci alla grammatica e all’ortografia altrui per soddisfare il proprio narcisismo”. Ah, eccolo scoperto, il Protagonista! Quelli che lo criticano sono narcisisti. E lui? Ma no!

E prosegue: “È sempre un motivo di riscatto, per la persona qualsiasi, il poter correggere la lingua altrui, anche di qualcuno molto più istruito che ha battuto distrattamente un post sui social media”. Chiara la condiscendenza per le persone “qualsiasi”, e l’auto-considerarsi molto più istruito, che gli errori li fa solo per distrazione!

“Nemmeno quando è ragionevole presumere che l’autore conosca a menadito le convenzioni grammaticali dello standard attuale…tanti riescono a resistere alla tentazione di sfoderare la propria pedanteria, non perdonando una svista, o un errore palesemente imputabile al correttore automatico. È un fenomeno insopportabile, e probabilmente non sradicabile, perché la tentazione di nutrire il proprio ego attraverso l’umiliazione altrui è sempre troppo forte, e pare essere trasversale alle culture”.

Chiaro, no? Ovviamente è ragionevole presumere che il Protagonista conosca a menadito la lingua, e non poteva essere altrimenti: lui ha studiato, per Giove! Ma quelli che lo criticano sono solo pedanti, e lui fa solo sviste, o errori palesemente imputabili al correttore. E certo, tutti gli errori che fa sono palesemente imputabili ad altro. E poi! Proprio lui parla di nutrire il proprio ego! Lui che non fa altro dalla mattina alla sera!

Il libro in questione, del resto, è adeguatamente pieno di errori, che sicuramente sono imputabili ad altri.

Gli errori di punteggiatura sicuramente sono sviste ma, se suscitassero critiche, queste sarebbero segnate da pedanteria e, comunque, irrilevanti. L’uso errato di due punti e punto e virgola, ad esempio: in una pausa della frase per evidenziare il passaggio successivo non si usa MAI il punto e virgola, ma i due punti. Soltanto se le pause e le sottolineature dovessero essere più di una, per le successive si userà il punto e virgola. Anche se, a mio parere, sarebbe meglio evitarle.

Ma il Nostro, oltre a queste quisquilie, si esibisce in “dove” usato al posto di “in cui” o “nel quale” (ma è in buona compagnia con la quasi totalità di italiani, anche giornalisti e letterati), di indicativo imperfetto al posto di congiuntivo, presente o passato che sia, di numerosi “anima”, “animo”, “spirito”, “spiritualità”, “cuore”, “grazie al cielo”, banali e soliti elogi delle civiltà greca e romana, ovviamente comunque superiori a tutte le altre, e l’immancabile espressione “Bel Paese”. Ma si produce anche in affermazioni come “non sta scritto da nessuna parte che essere puntuali sia meglio di essere flessibili, come purtroppo tanti credono”, infatti non solo è meglio, ma è anche eticamente positivo: si chiama rispetto. Ma lui, che si è adattato a fare tanti mestieri per sbarcare il lunario, cosa a cui è stato costretto dalle circostanze, equivoca questo con la tanto decantata flessibilità, arrivando a esprimersi con autentico disprezzo per chi, ahilui, vorrebbe un posto fisso e una vita serena.

I suoi seguaci (per molti di loro è il termine che meglio li definisce), oltre a distinguersi nel gruppo Facebook e nel canale Telegram, lo hanno fatto anche nel famoso mercato della Rete attraverso cui il suo libro è stato acquistato. Tra le recensioni ce ne sono alcune critiche: tra queste alcune sono stupide, altre più sensate.

Cosa ne hanno detto, nel canale Telegram?

Uno ha detto che era strano che le critiche negative fossero state espresse da chi non risultava che avesse fatto un acquisto certificato di quel libro (così come li contrassegna quel mercato in Rete), e un altro ha affermato che non era affatto strano. Quindi, secondo questi fans (fan deriva, non a caso, da fanatic!), chi criticava era quasi sicuro che il libro non lo avesse nemmeno letto!

Lo stesso atteggiamento è comune in Facebook e in Telegram, in cui lo stesso Protagonista strapazza e maltratta chiunque si esprima criticamente verso il Verbo (il suo, ovviamente).

Alcuni di costoro se lo meritano, e io stesso ero rimasto piacevolmente sorpreso dalla decisione con cui il Nostro li trattava, senza mezzi termini e senza tanti complimenti. “Però!”, mi dicevo, “finalmente ci si esprime sinceramente fuori dal politicamente corretto”.

Certo, ma questo disprezzo lo riserva pressoché a tutti quelli che sono abbastanza critici, o perlomeno dubbiosi, nei suoi confronti e, peggio, lo scrivono!

Alcuni non ne hanno potuto più, e lo hanno abbandonato definitivamente.

Notevole è anche il fatto che costui ha creato un ulteriore gruppo o pagina (non ricordo con esattezza) in Facebook a cui ci si iscrive a pagamento, per sostentare le sue attività.

L’ultima volta che ho controllato, gli iscritti erano sei.

Per fortuna.

Ora, ha certamente tutto il diritto di tessere le lodi al suo Paese, che chiama “Bel”, alla musica lirica, che tanto apprezza, alla “superiorità” culturale dell’Italia nel mondo, di parlare di anima e di spirito: sono opinioni personali, ci mancherebbe.

Ma non può pretendere che tutti lo assecondino.

Nel libro tesse lodi, neanche tanto, nascoste, delle tradizioni in quanto valori in sé, al di là che ci si creda o meno. Secondo il suo ragionamento, le tradizioni sono importanti, ed è importante seguirle anche se non ci si crede. Sottovaluta il fatto che si dica che in Xxxxxxa un numero elevato di persone si dichiarano atee, e cerca di rivoltare in qualche modo la frittata con argomentazioni che si ripeteranno anche altrove.

Come mi è arrivata a casa la copia di una sua Guida di questo Paese, scritta con un’altra persona e pubblicata da una prestigiosa casa editrice oltre Atlantico, sono andato subito a guardare il capitolo relativo alla religione: brevissimo, non appare minimamente la parola ateismo.

I sondaggi e le rilevazioni statistiche non danno mai un quadro esauriente in nessun caso, ma è l’unico modo per avere un’idea su un certo argomento, così feci qualche ricerca. Mi imbattei su un’indagine pubblicata su Esquire nell’agosto del 2018 dc, condotta da WIN/Gallup su 60000 persone in 68 Paesi del mondo, da cui risulta che, benché il Protagonista non ne voglia parlare, gli atei d’Islanda sono il 17% della popolazione, all’ottavo posto in Europa per numero di non credenti.

Quindi, caro Protagonista, sei falso e bugiardo.

Nel gruppo di Facebook ha ripetuto spesso gli stessi concetti, ha affermato che in Italia non possiamo non dirci cristiani (riproponendo la famosa frase di Benedetto Croce, senza citarlo) perché saremmo comunque influenzati da cultura, usanze, tradizioni e stili di vita.

Alcuni membri del gruppo hanno fatto notare che ciò è inesatto e fuorviante, e che ognuno è, di solito e auspicabilmente, quello che diventa, non quello che altri (lo Stato, la Chiesa, la famiglia, la scuola, l’azienda, la patria…) vorrebbero che fosse. Ma non c’è stato verso. Ed infine ho scritto “Rinuncio a commentare. Lascio.”

A un certo punto gira un video sull’argomento relativo ad un pesce, alla sua carne dal sapore repellente, dal suo trattamento, e dalla leggenda natavi intorno come un prodotto di nicchia, e sul riuscire a mangiarla come prova di coraggio e atto di “iniziazione”. Si reca in un certo posto del Paese con un gruppo di italiani, il gruppo di “assaggio”, e subito li elogia perché hanno un gusto superiore.

Proprio così, senza il minimo senso di vergogna cade in uno dei numerosi luoghi comuni beceri sull’Italia e sugli italiani. Manca poco che sciorini le donne italiane le più belle del mondo, i maschi italiani i migliori amanti del mondo, e via scemendo. No, non è un errore, ho proprio scritto scemendo.

Naturalmente gli italiani presenti hanno manifestato subitamente il loro gusto superiore enumerando aspetti e caratteristiche fantasiose di questo pesce, e paragoni quanto meno esilaranti con alcuni formaggi. Non potevano esimersi, una volta così blasonati dal nostro Protagonista.

Nel libro aveva anche affermato che chi credeva che i turisti fossero diventati veramente troppi per il Paese in questione erano degli snob, che volevano ritagliarsi un’Xxxxxxa su misura per loro, erano degli egoisti.

In quel Paese ci sono stato cinque volte, finora, e ho constatato l’aumento vertiginoso del turismo, e l’abbassamento, in corrispondenza, della qualità dello stesso. Già negli anni Novanta del secolo scorso gli stessi abitanti ne erano preoccupati, e organizzazioni di vario tipo, anche internazionali, organizzavano vacanze di lavoro per ripristinare alcuni luoghi affaticati dal solo camminare dei turisti! Volevo partecipare anch’io, ma non ne feci nulla.

Nel 2017 dc ho verificato di persona il disastroso aumento dei turisti, relativa cementificazione del suolo con parcheggi e strutture, e tutto il resto.

Ma nel gruppo Facebook il Nostro disse poi il contrario: non ho capito se perché nel frattempo avesse ragionato un po’ di più, o lo facesse per opportunismo (magari molti del gruppo la pensavano così…costringendolo ad adeguarsi).

Successivamente ebbe a discutere con un tizio. Il tizio era indubbiamente un cretino, e lui aveva innegabilmente ragione ma, quando si scatenò nella polemica, oltre agli argomenti validi che addusse, disse anche che lui aveva molti più “mi piace” di quell’altro, e lo scrisse seriamente, come se questo fosse un argomento valido di confronto!

Facendo questo, senza rendersene conto, si era dimostrato più cretino del suo interlocutore.

Anche sull’argomento Halloween e relative manifestazioni folkloristiche e festaiole si distinse: mentre i tradizionalisti cattolici o nazionalisti affermavano che Halloween era un fenomeno estraneo “alla nostra cultura”, lui affermava esattamente il contrario, descrivendo come alcune manifestazioni di Halloween fossero presenti nella tradizione cristiana ben prima che questa moda diventasse così popolare anche al qua dell’Atlantico. Ma si fermò qui, e secondo me non andò più in là, perché forse si sarebbe accorto che l’origine di tali tradizioni non erano assolutamente cristiane, ma provenivano da altre latitudini.

Dopo che vidi i suoi atteggiamenti durante una spedizione in barca a vela nell’estremo nord, in cui il Nostro, prima scherzando poi, ho il sospetto, sempre più convinto, si atteggiò, nel portamento e nel vestiario, a capitano di vascello, a novello capitano Achab, ripreso in varie pose ieratiche a scrutare il mare o a suonare uno strumento a fiato in posizione elevata tra le vele, e dopo che lessi altre sue affermazioni in Facebook, decisi che era abbastanza anche per me, e lasciai, non senza rammarico, il gruppo Facebook e il canale Telegram.

Non posso fare finta di niente…oltre una certa misura.

Un frequentatore di Facebook e del gruppo del Nostro, uno di quelli che se ne erano allontanati, e con cui ho avuto un breve scambio di idee, ha scritto:

“(Cognome omesso) è di un narcisismo parossistico, che oltrepassa il ridicolo. Fa il tuttologo, salvo sparare clamorose cxxxxte su argomenti di cui non sa nulla, per cui farebbe meglio a tacere. Lui e i suoi accoliti sono brutte persone, invidiose e attaccabrighe. Molto meglio altre realtà che si occupano di Xxxxxxa”.

Spero che le orde di fanatici che lo seguono siano più fumo che sostanza, e non facciano più male che bene all’amore e all’interesse che merita quel grande Paese.

Più atei, meno laicità

3 Maggio 2023 dc, dal sito MicroMega, articolo del 2 Gennaio 2023 dc:

Più atei, meno laicità

Più atei, meno laicità: la libertà di credo e di non credere minacciata dall’autoritarismo

Il Report sulla libertà di pensiero 2022 denuncia l’aumento di persecuzioni rivolte agli atei nel mondo. In Italia l’Uaar avverte del rischio che il nuovo governo pone al principio di laicità.

di Michela Fantozzi

Nel 2022 la libertà di pensiero e di religione è diminuita ancora, nonostante gli atei e gli agnostici siano in crescita.

Lo afferma il Report sulla libertà di pensiero (Freedom of thought report (Fotr) Key Countries Edition) una pubblicazione annuale con focus particolare sulla libertà religiosa e sulla libertà delle persone non credenti. Il report è realizzato dal lavoro di diverse associazioni affiliate a Humanists International, organizzazione composta da 150 gruppi umanisti e non religiosi da tutto il mondo, e da diversi ricercatori che, anche in forma anonima, ogni anno esaminano il grado di libertà di coscienza e di fede degli Stati, prendendo sotto esame diversi fattori, dalla persecuzione della blasfemia alle discriminazioni nei conforti di chi non crede e non praticare la religione su base giornaliera.

Secondo il rapporto, la religione è diminuita del 9% e l’ateismo è aumentato del 3% tra il 2005 e il 2012, una tendenza che dipende fortemente dall’aumento del livello di scolarizzazione e dal reddito percepito.

In alcuni Paesi è illegale essere, o identificarsi come, un ateo. Molti altri Paesi vietano di lasciare la religione di stato. Sono 10 i Paesi in cui la pena per l’apostasia, ossia l’abbandono formale e volontario della propria religione, è spesso la morte: Afghanistan, Malesia, Maldive, Mauritania, Nigeria, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Yemen e Iran. Quest’ultimo da mesi attraversato da ribellioni e manifestazioni civili proprio contro le imposizioni religiose e a favore della libertà delle donne.

Tra le discriminazioni più comuni contro gli atei si possono trovare varie sanzioni, tra cui l’esclusione dal matrimonio e la limitazione delle posizioni amministrative. Per esempio, in Ungheria, il rapporto denuncia come i richiedenti asilo di fede cristiana ricevano un trattamento di favore rispetto ai richiedenti di qualsiasi altra religione.

Sul Fotr del 2022 si è espressa anche l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (Uaar), che nel comunicato stampa del 9 dicembre dichiara:

“Soltanto il 4 per cento della popolazione globale vive in società davvero laiche […]. Per contro il 70% della popolazione mondiale vive in Paesi in cui manifestare il proprio pensiero ateo o agnostico comporta vari livelli di repressione e dove la piena realizzazione del proprio diritto alla libertà di religione e dalla religione è letteralmente impossibile”.

Giorgio Maone, responsabile relazioni internazionali dell’Uaar, ha dichiarato:

«Ormai all’undicesima edizione del report possiamo rilevare una tendenza preoccupante: alla progressiva e inevitabile secolarizzazione delle società, nelle quali non credenza, cultura dei diritti umani e valori umanisti si diffondono inesorabilmente, corrisponde purtroppo una forte reazione conservatrice a livello politico, con iniziative tese a restaurare dall’alto l’influenza della religione nella sfera pubblica e privata, riducendo l’autodeterminazione personale».

Sull’Italia afferma: «L’Italia, la cui laicità è costituzionalmente sancita, ma al contempo viziata dal Concordato e della presenza strabordante del Vaticano nei media e nel discorso politico, negli anni è comunque progredita nei diritti laici soprattutto, lo affermiamo senza falsa modestia, grazie al lavoro della nostra associazione. Un lavoro però tutt’altro che terminato, e già le prime dichiarazioni di esponenti del nuovo governo ci inducono a moltiplicare gli sforzi per non tornare protagonisti in negativo delle prossime edizioni del Fotr».

Roberto Grendene, segretario nazionale Uaar ha commentato:

«Il report di quest’anno non mette sotto la lente d’ingrandimento l’Italia, ma possiamo assicurare che il nostro Paese ha conservato se non peggiorato la penosa posizione dello scorso anno, con una colorazione rossastra nella mappa complessiva elaborata da Humanists International, che la colloca a metà strada tra le discriminazioni severe e quelle sistemiche della libertà di pensiero. Basti pensare ai 26mila insegnanti di religione cattolica scelti dal vescovo e pagati dallo Stato, alla piaga degli obiettori di coscienza nei reparti di ginecologia della Sanità pubblica, alle norme che tutelano il “sentimento religioso” condannando a sanzioni amministrative i “blasfemi” e prevedendo addirittura il reato di vilipendio. E col nuovo esecutivo e la nuova maggioranza parlamentare il rischio concreto è vedere sprofondare ulteriormente l’Italia nella classifica del Fotr».

Una risata seppellirà i bigotti

20 Agosto 2022 dc, su Hic Rhodus il 27 Maggio 2022 dc:

Una risata seppellirà i bigotti

di Claudio Bezzi

Avevo appena visto lo spettacolo di Ricky Gervais, SuperNature, su Netflix, ridendo di gusto, e dicendomi “Ammazza, questo ha coraggio, a dire così chiaramente di essere ateo e liberista, a fare battute sulle donne e gli omosessuali, sui fanatici religiosi etc. Ma come fa a non beccarsi una di quelle serie infinite di insulti e denunce che oggi sono all’ordine del giorno per chiunque non sia politicamente corretto?” Ecco, ero a questo punto quando leggo che sì, infatti, Ricky Gervais è al centro di una feroce polemica, accusato di omofobia.

Io so benissimo che, per esempio per un credente, la satira su Gesù e la sacralità della sua religione è fastidiosissima: lui crede così profondamente in Gesù, costruisce una gigantesca struttura mentale e comportamentale su quella sua credenza, fa tanti sacrifici in nome di Gesù, si sente così male, nel profondo del suo cuore, se pensa che qualcuno offende Gesù, giuro, lo capisco! Però il suo vicino di casa è un indiano, perfettamente integrato nella comunità, sa solo grosso modo chi fu Gesù mentre manda a memoria i Veda, crede in maniera categorica nella reincarnazione e non passa giorno che non reciti il mantra mattutino. Il suo vicino cristiano lo tollera provando un po’ di pena per quello straniero così primitivo che non ha avuto il dono della vera fede, e ignora che il kebabbaro dell’angolo, musulmano, li disprezza entrambi per la loro così evidente impurità.

Torniamo alla satira: i fanatici islamici uccidono per vignette satiriche su Maometto; anche gli induisti, quando ci si mettono, non scherzano; i cristiani, purtroppo, non possono più mettere al rogo gli eretici e i blasfemi, peccato…

Quello che – credo con evidenza – sto cercando di dire, è che chiunque di noi ha una qualche credenza, senso di appartenenza, valore morale, politico, civico, animale preferito, tendenza sessuale, difetto fisico, sport praticato con passione, ideale di vita, colore della pelle, religione, hobby, per i quali si sente offeso nel caso voi lo prendiate in giro. Non lui personalmente, ma quella sua credenza, quel suo comportamento, quel suo valore.

Io sono un sociologo, e c’è stato un periodo, anni fa (oggi meno) in cui i sociologi erano presi in giro ed etichettati come “tuttologi”; la cosa mi infastidiva perché io credevo di essere un buon sociologo, studiavo, mi applicavo, lavoravo bene (o così pensavo). A una certa età ho iniziato a perdere i capelli, e quella santa donna di mia suocera – che cominciava a non starci più con la testa – ogni volta che l’andavo a trovare mi guardava sconsolata la zucca e diceva “Peccato per i capelli!”, la cosa mi seccava: sì, certo, stavo perdendo i capelli, ma perché sottolinearlo ogni volta, ma perché non mi lasci stare? Poi sono vegetariano: a un pranzo di conoscenti un tale con deficit relazionale mi ha detto, a un certo punto “Il mio cibo fa la cacca sul tuo cibo”, si credeva spiritoso, l’ho fulminato con lo sguardo ed evitato in seguito di incontrarlo.

Capite cosa dico? Tutti noi siamo decine e decine di cose differenti, differenti per genere e colore, ma differenti poi per scelte di vita, credenze, abitudini, comportamenti. Finché ognuno si fa i fatti suoi, tutto va bene: ma se qualcuno critica, ci arrabbiamo. Se poi la critica diventa invettiva, sarcasmo, satira, ah, beh, allora ci infuriamo, perché si mette in discussione la nostra identità profonda.

Adesso immaginate un mondo ipotetico in cui siamo tutti di colore uguale, diciamo marroncino chiaro: tutti rigorosamente di 1,75 cm., tutti credenti nello stesso dio; i partiti politici sarebbero stati aboliti da un pezzo perché, avendo tutti la stessa idea, non sarebbero necessari. In questo mondo ipotetico tutti vestiamo uguale, abbiamo la stessa macchina, scopiamo nello stesso modo e andiamo in vacanza (a rotazione, immagino) nello stesso posto. In questo mondo nessuno avrebbe alcunché da dire sui suoi simili (più che “simili”, identici), nessuno farebbe ironia sugli altri, certo, ma neppure ci sarebbero i talk show (però… solo per questo potrebbe valere la pena…) le braciolate con gli amici e i viaggi di gruppo, non avremmo nulla da criticare perché non avremmo proprio nulla da dire. Se in questo mondo, all’improvviso, arrivasse un gruppetto di persone azzurre, alte 1,73, con stravaganti idee su un essere magico e invisibile, potentissimo, che ci guarda dall’alto dei cieli, credo che la nostra amorfa popolazione marroncina troverebbe subito molto da dire: quell’azzurrino della pelle sarebbe apostrofata in innumerevoli modi, e sai le battute su quel protettore magico?

Insomma: è la diversità che ci divide, quella che ci tiene uniti; ci troviamo interessanti perché siamo diversi. Ma la gamma di “diversità” che accettiamo senza battere ciglio è molto ristretta, mentre la vastità delle molteplici possibili differenze prima ci stupisce poi ci spaventa. A me stupisce la mutilazione ai genitali maschili imposta dagli ebrei, ma mi spaventa l’odio di massa che sanno esprimere i musulmani, a me stupisce la variabilità dei comportamenti sessuali, ma mi spaventano le patologie pedofile, mi stupisce l’ignoranza dilagante, ma mi terrorizza la sua trasformazione in eversione, suprematismo, fascismo.

Sulle cose che mi spaventano cerco di realizzare delle azioni politiche (nel mio piccolo: scriverne su Hic Rhodus, parlarne con coerenza nelle occasioni in cui posso farlo), ma su quelle che – senza che mi creino particolari allarmi – mi stupiscono, mi inquietano sociologicamente, allora posso anche fare dell’ironia, che è un modo – sia chiaro – per indicarne i limiti, per stabilire dei confini, per evidenziare una possibile deriva.

Fare ironia sull’ignoranza può essere un modo per indicarne le derive populiste, gridare “Ehi, attenti, con questo modo assurdo di pensare si finisce nel baratro!”. Fare ironia sulla religione è un modo per marcare dei confini oltre i quali le religioni diventano settarie e fanatiche. Fare ironia su comportamenti sessuali (una cosa che si fa dalla notte dei tempi) è un modo, paradossalmente, per integrare e includere: lo so che per qualcuno è difficile da capire, e c’è ironia ed ironia, satira e satira, quelle garbate e quelle feroci, quelle liberatorie e quelle distruttive. Ma chi decide? Fare ironia è un modo per pensare, considerare, tracciare confini (allargandoli), ristrutturare cliché, abbattere luoghi comuni.

Le comunità LGBT dicono che queste offese incitano l’odio. Lo dicono loro. Se sono frasi che incitano l’odio, certamente incitano l’odio e sono riprovevoli. Se fanno una leggera ironia, è solo satira, fanno solo ridere, e chi non vuole ridere ok, non rida.

Quando ero giovano erano in voga le barzellette sui matti: non mi pare abbiano scatenato un clima d’odio sui malati mentali. La barzelletta sul matto era un modo per ragionare sulla diversità: immaginarla, incorporarla, inserirla nel mondo “normale”, anzi denunciando la normalità del mondo.

Il contrario dei bigotti, quelli “politicamente corretti”, che nella rincorsa al rispetto di tutte, ma proprio tutte, le diversità, impongono un silenzio lessicale inquietante, una censura continua, una sostanziale esclusione, il fascismo del silenzio. Non si può dire, non si può alludere, non si deve neppure pensare.

Nel mondo dei bigotti tutti devono essere marroncini, indossare la stessa grammatica, professare gli stessi sintagmi. Il mondo degli uguali non calpesta nessuna differenza, e quindi le calpesta tutte: pretende il rispetto formale, lessicale, per tutto e tutti, e annulla le persone e le idee, un bigottismo prodromico del peggiore assolutismo orwelliano.

Gervais è un comico e fa satira. Sale sul palcoscenico e dice cose – ridendo – che pensa la gran massa della gente: non offende (non dice “finocchio”, per capirci) ma crea situazioni comiche che indicano delle verità, o almeno una visione di verità – quella di Gervais – che può confortare chi la pensa uguale e può far riflette chi pensa in maniera un po’ dissimile. Sapete chi si offende delle battute di Gervais? Il chierico fanatico, chi si difende dal mondo, chi si contorce nei sensi di colpa, chi si sente afflitto e si arrocca in piccole verità marginali e vorrebbe che tutti gli altri soffrissero, cambiassero, tacessero.

Il fanatico del politicamente corretto non è un gendarme della tolleranza contro gli abusi dei volgari, dei blasfemi e degli intolleranti. Al contrario, è un intollerante ignorante e insicuro che vorrebbe un mondo plasmato sulla sua piccineria morale.

Viva la satira, viva la blasfemia, viva la differenza!

Le origini cristiane dell’Europa tra retorica e mistificazioni

4 Aprile 2022 dc, dal sito Italialaica, articolo del 15 Marzo 2022 dc:

Le origini cristiane dell’Europa tra retorica e mistificazioni

di Marco Comandè

Avevamo scampato l’elezione dell’integralista Marcello Pera a Presidente della Repubblica, ma ci ritroviamo con un despota che ha attuato tutti i punti programmatici della sua battaglia contro il relativismo religioso, per poi scatenare una guerra contro l’Ucraina: le origini cristiane nella costituzione russa nell’art. 71, la difesa della tradizione con l’inaugurazione della mostra “I Romanov e la Santa Sede: 1613-1917” nel mese di dicembre del 2017, l’imposizione della festività patriottica il 7 novembre (in ricordo della cacciata dei polacchi da Mosca nel 1612).

C’è una certa macabra ironia nel citare il pensiero di Marcello Pera e Joseph Ratzinger, sul rischio della mancata trascrizione delle origini cristiane nella Costituzione europea: “il rischio che il timore delle scelte induca i cristiani a pensare che, se il cristianesimo comporta oneri gravosi, allora è meglio affievolire la fede o abbassare la voce piuttosto che rischiare un conflitto”.

E il politologo si riferiva alla possibilità di uno scontro con l’Islam, non con il cristianesimo ortodosso russo, il cui Patriarca ha di recente giustificato il conflitto in Ucraina con la crociata contro i gay!

Tanto medievale è l’ultima giustificazione, da ricordare una celebre frase del monaco Arnaud Amaury prima del massacro contro gli eretici gnostici a Béziers, dove il 22 luglio 1209 avrebbe detto: “Uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi!”, per significare che era preferibile avere morti un cristiano giusto ed uno sbagliato piuttosto che salvarli entrambi. La frase è stata messa in dubbio dagli storici, ma il senso della frase è realmente condiviso dai fanatici cattolici ed ortodossi, come dimostra la battaglia contro i relativisti-materialisti-democratici-gay ucraini.

Tutti questi giri di parole non possono lasciare inevasa la questione di fondo sulle reali, autentiche origini del cristianesimo in Europa, se il nuovo zar Putin rinnega il dialogo con l’Occidente cristiano per affermare la supremazia dell’Oriente cristiano. Ben lungi dall’essere una rivendicazione del ruolo della religione nel mondo multipolare, l’ostinazione nell’attribuire alla Divina Provvidenza il ruolo preponderante nella storia universale ha un che di minaccioso, che non si arresta nemmeno di fronte alla minaccia atomica. Esistono tante soluzioni per un’Ucraina neutrale che non contemplano la guerra, ma tutte devono necessariamente passare attraverso le regole laiche della democrazia pluralista.

Vorremmo infine sollevare il velo sulla polemica innescata dagli integralisti cattolici, contro l’Europa relativista che censura il Natale e le persecuzioni cristianofobe nel mondo. I vari Marcello Pera, Marcello Veneziani, Antonio Socci, Magdi Allam ogni giorno elencano le stragi compiute nelle civiltà “altre” contro i cristiani, disinteressandosi poi degli equivalenti genocidi contro i musulmani, dall’India governata dal fanatico indù Narendra Modi alla Birmania del Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. Ora, è innegabile che le vittime in Ucraina siano cristiane. Questo non significa affatto che esista una cristianofobia nel mondo, bensì che il fanatismo religioso rigetta ovunque i principi laici della tolleranza e della pace e giustifica le violenze con la presunta supremazia culturale tanto cara ai Marcello Pera e Vladimir Putin.

Marco Comandè
Reggio Calabria

Crocefisso mobile, religione cattolica stabile

30 Novembre 2021 dc, da Italialaica.it, 22 Settembre 2021 dc:

Crocefisso mobile, religione cattolica stabile

di Marcello Vigli

Per tredici anni un docente di una scuola superiore di Terni, Franco Coppoli, ha tenuto duro resistendo all’Amministrazione scolastica, che lo aveva condannato a restare un mese senza stipendio, per aver rimosso il crocefisso dall’aula in cui insegnava. La Corte di Cassazione, che lo ha assolto, ha così sancito che il crocefisso può essere esposto nelle aule scolastiche solo allorquando la comunità scolastica valuti e decida in piena autonomia di esporlo nel rispetto e nella salvaguardia delle convinzioni di tutti, affiancando al crocefisso, in caso di richiesta, gli altri simboli delle fedi religiose presenti all’interno della comunità scolastica. All’interno di una pluralità di simboli il crocefisso non ha più un valore discriminante.

Questo significativo pronunciamento non risolve però il problema della presenza della religione cattolica nella scuola pubblica “statale” italiana: l’inserimento dell’insegnamento della religione cattolica (IRC) all’interno dell’ordinamento scolastico costituisce il vero problema.

A dire il vero, questo inserimento ha una sua storia fatta di varie tappe. Ai tempi del Concordato fascista era stato inserito con un’ora in tutti gli ordini scolastici e affidato ad insegnanti nominati dai vescovi responsabili esclusivi anche dei programmi.

Col nuovo Concordato l’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC) è diventato materia curriculare con differenziazioni fra i vari ordini.

Nella scuola elementare le due ore settimanali previste, senza un programma definito, sono affidate alle stesse maestre e ai maestri che si sono dichiarati disponibili. Nella scuola media c’è un’ora sola con un programma complesso, spalmato nel corso del triennio e definito in sede ministeriale d’intesa con l’autorità ecclesiastica. Per le superiori non sono previsti programmi definiti.

Sia nella scuola media che nelle superiori i docenti di religione cattolica sono diventati di ruolo, un ruolo molto speciale: se un/a docente della materia non intende più insegnarla ha diritto a scegliersene un’altra, per la quale sia abilitato/a, o passare alla segreteria di una scuola, anche altra, sempre con il consenso del vescovo che ne aveva consentito la nomina.

Questi aspetti rendono secondaria la soluzione della facoltatività della frequenza dell’ora di religione cattolica, mentre evidenziano lo status privilegiato della presenza della religione cattolica nella scuola pubblica.

Roma, 22 settembre 2021