Un guitto, bigotto e caldofilo

5 Marzo 2023 dc:

Un guitto, bigotto e caldofilo

di Jàdawin di Atheia

In un noto quiz televisivo, da molti anni più o meno un’ora prima del Tg1, il solito conduttore romano, che nasce come comico, per il secondo anno consecutivo dà mostra di essere caldofilo oltre ogni decenza.

Il nostro è un caciarone, urla a dismisura, vuole essere piacione, ed a furia di essere esagerato diventa un guitto, come l’altro suo pari, di toscana appartenenza. È anche fervente cattolico, come tutti i suoi colleghi televisivi, del resto, e le domande del quiz sono sempre improntate alla massima osservanza. Non compare la benché minima “variante” laica, per non dire atea.

Come se non bastasse, il buffone è anche caldofilo: non vede l’ora che venga l’estate, e non siamo nemmeno in primavera: l’anno scorso ha detto, più o meno nello stesso periodo, “non vediamo l’ora che arrivi l’estate”, e quest’anno “ormai siamo in primavera, e speriamo che venga l’estate”.

Ora, brutto stronzo, il fatto che tu lo dica così sfacciatamente in televisione mentre il Paese, per il secondo anno consecutivo, affronta temperature innaturalmente alte e siccità già avanzata adesso, con un inverno inesistente, già non sarebbe tollerabile, ma almeno usa la prima persona, imbecille, e non dare per scontato che tutti, proprio tutti, la pensino come te!

Non parliamo poi del servilismo verso i laureati. D’accordo, hanno tutta la mia ammirazione e invidia tutti coloro che hanno ed hanno avuto la forza di volontà e la perseveranza di studiare all’università e, magari, un poco realizzarsi anche nel lavoro: sono il primo a congratularmi con loro perché ho sempre saputo di non essere all’altezza di compiere questi studi così impegnativi, che pur avrei ogni tanto voluto intraprendere (e non certo per la carriera!). Ma il suo prostrarsi di fronte a loro, tesserne lodi sperticate e smisurate è veramente esagerato, poco dignitoso e poco rispettoso per la stragrande maggioranza che laureati non sono e che, spesso, hanno più cultura generale di questi “mostri” di culture specialistiche. E che sono, tra i concorrenti, stretta minoranza.

Una risata seppellirà i bigotti

20 Agosto 2022 dc, su Hic Rhodus il 27 Maggio 2022 dc:

Una risata seppellirà i bigotti

di Claudio Bezzi

Avevo appena visto lo spettacolo di Ricky Gervais, SuperNature, su Netflix, ridendo di gusto, e dicendomi “Ammazza, questo ha coraggio, a dire così chiaramente di essere ateo e liberista, a fare battute sulle donne e gli omosessuali, sui fanatici religiosi etc. Ma come fa a non beccarsi una di quelle serie infinite di insulti e denunce che oggi sono all’ordine del giorno per chiunque non sia politicamente corretto?” Ecco, ero a questo punto quando leggo che sì, infatti, Ricky Gervais è al centro di una feroce polemica, accusato di omofobia.

Io so benissimo che, per esempio per un credente, la satira su Gesù e la sacralità della sua religione è fastidiosissima: lui crede così profondamente in Gesù, costruisce una gigantesca struttura mentale e comportamentale su quella sua credenza, fa tanti sacrifici in nome di Gesù, si sente così male, nel profondo del suo cuore, se pensa che qualcuno offende Gesù, giuro, lo capisco! Però il suo vicino di casa è un indiano, perfettamente integrato nella comunità, sa solo grosso modo chi fu Gesù mentre manda a memoria i Veda, crede in maniera categorica nella reincarnazione e non passa giorno che non reciti il mantra mattutino. Il suo vicino cristiano lo tollera provando un po’ di pena per quello straniero così primitivo che non ha avuto il dono della vera fede, e ignora che il kebabbaro dell’angolo, musulmano, li disprezza entrambi per la loro così evidente impurità.

Torniamo alla satira: i fanatici islamici uccidono per vignette satiriche su Maometto; anche gli induisti, quando ci si mettono, non scherzano; i cristiani, purtroppo, non possono più mettere al rogo gli eretici e i blasfemi, peccato…

Quello che – credo con evidenza – sto cercando di dire, è che chiunque di noi ha una qualche credenza, senso di appartenenza, valore morale, politico, civico, animale preferito, tendenza sessuale, difetto fisico, sport praticato con passione, ideale di vita, colore della pelle, religione, hobby, per i quali si sente offeso nel caso voi lo prendiate in giro. Non lui personalmente, ma quella sua credenza, quel suo comportamento, quel suo valore.

Io sono un sociologo, e c’è stato un periodo, anni fa (oggi meno) in cui i sociologi erano presi in giro ed etichettati come “tuttologi”; la cosa mi infastidiva perché io credevo di essere un buon sociologo, studiavo, mi applicavo, lavoravo bene (o così pensavo). A una certa età ho iniziato a perdere i capelli, e quella santa donna di mia suocera – che cominciava a non starci più con la testa – ogni volta che l’andavo a trovare mi guardava sconsolata la zucca e diceva “Peccato per i capelli!”, la cosa mi seccava: sì, certo, stavo perdendo i capelli, ma perché sottolinearlo ogni volta, ma perché non mi lasci stare? Poi sono vegetariano: a un pranzo di conoscenti un tale con deficit relazionale mi ha detto, a un certo punto “Il mio cibo fa la cacca sul tuo cibo”, si credeva spiritoso, l’ho fulminato con lo sguardo ed evitato in seguito di incontrarlo.

Capite cosa dico? Tutti noi siamo decine e decine di cose differenti, differenti per genere e colore, ma differenti poi per scelte di vita, credenze, abitudini, comportamenti. Finché ognuno si fa i fatti suoi, tutto va bene: ma se qualcuno critica, ci arrabbiamo. Se poi la critica diventa invettiva, sarcasmo, satira, ah, beh, allora ci infuriamo, perché si mette in discussione la nostra identità profonda.

Adesso immaginate un mondo ipotetico in cui siamo tutti di colore uguale, diciamo marroncino chiaro: tutti rigorosamente di 1,75 cm., tutti credenti nello stesso dio; i partiti politici sarebbero stati aboliti da un pezzo perché, avendo tutti la stessa idea, non sarebbero necessari. In questo mondo ipotetico tutti vestiamo uguale, abbiamo la stessa macchina, scopiamo nello stesso modo e andiamo in vacanza (a rotazione, immagino) nello stesso posto. In questo mondo nessuno avrebbe alcunché da dire sui suoi simili (più che “simili”, identici), nessuno farebbe ironia sugli altri, certo, ma neppure ci sarebbero i talk show (però… solo per questo potrebbe valere la pena…) le braciolate con gli amici e i viaggi di gruppo, non avremmo nulla da criticare perché non avremmo proprio nulla da dire. Se in questo mondo, all’improvviso, arrivasse un gruppetto di persone azzurre, alte 1,73, con stravaganti idee su un essere magico e invisibile, potentissimo, che ci guarda dall’alto dei cieli, credo che la nostra amorfa popolazione marroncina troverebbe subito molto da dire: quell’azzurrino della pelle sarebbe apostrofata in innumerevoli modi, e sai le battute su quel protettore magico?

Insomma: è la diversità che ci divide, quella che ci tiene uniti; ci troviamo interessanti perché siamo diversi. Ma la gamma di “diversità” che accettiamo senza battere ciglio è molto ristretta, mentre la vastità delle molteplici possibili differenze prima ci stupisce poi ci spaventa. A me stupisce la mutilazione ai genitali maschili imposta dagli ebrei, ma mi spaventa l’odio di massa che sanno esprimere i musulmani, a me stupisce la variabilità dei comportamenti sessuali, ma mi spaventano le patologie pedofile, mi stupisce l’ignoranza dilagante, ma mi terrorizza la sua trasformazione in eversione, suprematismo, fascismo.

Sulle cose che mi spaventano cerco di realizzare delle azioni politiche (nel mio piccolo: scriverne su Hic Rhodus, parlarne con coerenza nelle occasioni in cui posso farlo), ma su quelle che – senza che mi creino particolari allarmi – mi stupiscono, mi inquietano sociologicamente, allora posso anche fare dell’ironia, che è un modo – sia chiaro – per indicarne i limiti, per stabilire dei confini, per evidenziare una possibile deriva.

Fare ironia sull’ignoranza può essere un modo per indicarne le derive populiste, gridare “Ehi, attenti, con questo modo assurdo di pensare si finisce nel baratro!”. Fare ironia sulla religione è un modo per marcare dei confini oltre i quali le religioni diventano settarie e fanatiche. Fare ironia su comportamenti sessuali (una cosa che si fa dalla notte dei tempi) è un modo, paradossalmente, per integrare e includere: lo so che per qualcuno è difficile da capire, e c’è ironia ed ironia, satira e satira, quelle garbate e quelle feroci, quelle liberatorie e quelle distruttive. Ma chi decide? Fare ironia è un modo per pensare, considerare, tracciare confini (allargandoli), ristrutturare cliché, abbattere luoghi comuni.

Le comunità LGBT dicono che queste offese incitano l’odio. Lo dicono loro. Se sono frasi che incitano l’odio, certamente incitano l’odio e sono riprovevoli. Se fanno una leggera ironia, è solo satira, fanno solo ridere, e chi non vuole ridere ok, non rida.

Quando ero giovano erano in voga le barzellette sui matti: non mi pare abbiano scatenato un clima d’odio sui malati mentali. La barzelletta sul matto era un modo per ragionare sulla diversità: immaginarla, incorporarla, inserirla nel mondo “normale”, anzi denunciando la normalità del mondo.

Il contrario dei bigotti, quelli “politicamente corretti”, che nella rincorsa al rispetto di tutte, ma proprio tutte, le diversità, impongono un silenzio lessicale inquietante, una censura continua, una sostanziale esclusione, il fascismo del silenzio. Non si può dire, non si può alludere, non si deve neppure pensare.

Nel mondo dei bigotti tutti devono essere marroncini, indossare la stessa grammatica, professare gli stessi sintagmi. Il mondo degli uguali non calpesta nessuna differenza, e quindi le calpesta tutte: pretende il rispetto formale, lessicale, per tutto e tutti, e annulla le persone e le idee, un bigottismo prodromico del peggiore assolutismo orwelliano.

Gervais è un comico e fa satira. Sale sul palcoscenico e dice cose – ridendo – che pensa la gran massa della gente: non offende (non dice “finocchio”, per capirci) ma crea situazioni comiche che indicano delle verità, o almeno una visione di verità – quella di Gervais – che può confortare chi la pensa uguale e può far riflette chi pensa in maniera un po’ dissimile. Sapete chi si offende delle battute di Gervais? Il chierico fanatico, chi si difende dal mondo, chi si contorce nei sensi di colpa, chi si sente afflitto e si arrocca in piccole verità marginali e vorrebbe che tutti gli altri soffrissero, cambiassero, tacessero.

Il fanatico del politicamente corretto non è un gendarme della tolleranza contro gli abusi dei volgari, dei blasfemi e degli intolleranti. Al contrario, è un intollerante ignorante e insicuro che vorrebbe un mondo plasmato sulla sua piccineria morale.

Viva la satira, viva la blasfemia, viva la differenza!

Congresso mondiale delle famiglie: il Circo Barnum del regresso

Da MicroMega 25 Marzo 2019 dc:

Congresso mondiale delle famiglie: il Circo Barnum del regresso

di Adele Orioli

Si scrive Congresso mondiale delle famiglie si legge intolleranza e inciviltà. Molti occhi sono puntati su Verona dove per il prossimo fine settimana si terrà un apparentemente innocuo consesso dall’altrettanto apparentemente rassicurante titolo di Congresso mondiale delle famiglie, organizzato annualmente in varie parti del globo dall’Organizzazione mondiale per la famiglia (IOF), lobby cristiana statunitense sorta con il dichiarato scopo di “unire e dotare i leader di tutto il mondo di strumenti per promuovere la famiglia naturale come sola unità stabile e fondamentale della società”.

Dove per famiglia naturale, casomai ci fossero dubbi, è da intendersi esclusivamente “l’unione di un uomo e una donna in un’alleanza permanente suggellata col matrimonio” e dalla quale deriva evidentemente la netta condanna di tutto ciò che non ne sia pienamente conforme.

D’altronde la stessa nascita dell’Iof, consacrata a Praga nel 1997 con la prima edizione di questo Congresso, prometteva male: da una sinergia tra il white nationalism americano e il suo omologo russo, in particolare dalle prime elaborazioni di Allan Carlson, reganiano di ferro, Anatoly Antonov e Viktor Medkov che identificano nella rivoluzione sessuale e femminista la causa della crisi demografica occidentale, evidentemente non sono nati diamanti.

Le donne (bianche) non sono più le incubatrici di una volta, urge correre ai ripari e riunire sotto la stessa egida quante più lobbies e quanto più conservatrici (ultrà conservatori, per usare la definizione di Ulrika Karlsson, del Forum parlamentare europeo sulla popolazione e lo sviluppo) possibili. Detto fatto, e anche se con qualche interruzione e qualche battuta di arresto, grazie anche a ingenti donazioni, si mormora filogovernative russe, il Wfc è pronto a sfoderare la sua pletora di oscurantismi questa volta in salsa scaligera.

Va detto che per quanto la preminenza resti al fondamentalismo cristiano, spinte probabilmente dall’adagio del “il nemico del mio nemico è mio amico”, anche retrograde componenti di religione ebraica e islamica si sono man mano aggiunte al consesso, affinando le armi non solo propriamente retoriche contro tutto ciò che non sembra, o peggio che non vuole, corrispondere a una rigida visione omofoba, sessista e patriarcale dei rapporti socio affettivi. Iniziative brillanti come il pieno appoggio alla legge russa sulla propaganda gay del 2013 (più correttamente, Legge per lo scopo di proteggere i bambini dalle informazioni che promuovono la negazione dei valori tradizionali della famiglia) o della criminalizzazione dell’omosessualità in Uganda hanno fatto guadagnare al Wfc l’inserimento nella lista dei gruppi d’odio da parte delle maggiori associazioni a tutela dei diritti umani e lgbtq.

D’altronde basta buttare un veloce sguardo agli ospiti internazionali attesi dalla città di Giulietta per capire come tiri una brutta, bruttissima aria, e come il vento del cambiamento, per citare lo slogan scelto dallo stesso Wfc sia in realtà un miasma oscurantista e aberrante nella sua tranquilla sfacciataggine negazionista dei diritti umani.

Si va dal patriarca ortodosso Dimitri Smirnov (“chi sostiene l’aborto è un cannibale” e “l’omosessualità è contagiosa come la peste” tra i suoi aforismi migliori) a Igor Dodov, quel presidente della Moldavia che per festeggiare la suprema carica ha pensato bene di chiosare con un “Non ho mai promesso di essere il presidente degli omosessuali, avrebbero dovuto eleggere il loro presidente”. Dalla croata Zeljka Markic, promotrice del referendum che ha escluso nel suo Paese il matrimonio samesex e che preferirebbe dare un figlio ad un orfanotrofio piuttosto che a una coppia omosessuale, alla nigeriana Theresa Okafor che considera il preservativo “una trappola, esportata in Africa per soffocare la vita”.

Dalla parlamentare ugandese che sostiene la pena di morte per il reato di omosessualità allo stesso fondatore Carlson, che ringrazia i partecipanti “a questa crociata morale e sociale”, fino al presidente del Iof, Brian Brown, accanito sostenitore delle terapie riparative o di conversione.

Il Gotha del fondamentalismo integralista religioso, il Circo Barnum del regresso.

Ma ancora non si è detto delle illustri presenze nostrane. In prima fila la proctologa Silvana de Mari, quella che ritiene il sesso anale rito iniziatico al satanismo e che è stata condannata per diffamazione aggravata e continuata a mezzo stampa delle persone Lgbti. Non ultimo, il portavoce di Pro Vita, Alessandro Fiore casualmente figlio di quel Roberto leader di Forza Nuova.

Ma, soprattutto, gli esponenti istituzionali. E qui è uno dei veri nodi del problema, perché il Wfc è un problema. È lecito per uno Stato che si dice democratico, che si suppone laico o quantomeno pluralista, appoggiare istituzionalmente un gruppo che nega il diritto all’aborto e in generale all’autodeterminazione sessuale e riproduttiva, che fomenta l’odio, che pratica l’omofobia, che finanzia falsi studi per dimostrare la correlazione tra matrimonio egualitario e pedofilia o tra aborto e cancro al seno, che considera l’emancipazione femminile un danno sociale?

No, ovviamente. A meno che il suddetto Stato non sia il nostro.

E allora schieràti fra gli ospiti abbiamo il ministro dell’Interno Salvini, il ministro della famiglia rigorosamente al singolare Fontana, il ministro dell’Istruzione Bussetti.

E ormai quasi poco importa il ridicolo balletto dei patrocini: revocato ufficialmente quello della Presidenza del Consiglio, dopo peraltro migliaia di firme raccolte dalla petizione lanciata da All out e un coro non indifferente di polemiche, rimane quello del ministro senza portafoglio Fontana, quello della Regione Veneto, quello della Provincia di Verona e, in impulso di solidarietà, quello della regione Friuli Venezia Giulia (che, come ironicamente commentato sul web, d’ora in poi si chiamerà solo Friuli Venezia che in omaggio ai principi del Wfc Giulia è rimasta a casa a lavare i piatti).

Poco importa il pallido tentativo di smarcamento della componente gialla del governo bicolor, anche se va sottolineato che fra organizzatori e ospiti stiamo parlando di persone direttamente responsabili della severa negazione di diritti altrui, di discriminazioni e in taluni casi di vere e proprie persecuzioni. Un po’ troppo, per dei semplici sfigati come sostiene che siano un sottovalutante Di Maio.

Una passerella grondante odio e anche letteralmente sangue: nel mondo, più di dieci i Paesi che puniscono con la morte la blasfemia, un terzo del totale considera a vario titolo l’omosessualità un reato.

Persino la Chiesa Cattolica, dotata di un ottimo livello di equilibrio egoista, si è smarcata, a suo modo, dal Wfc tramite il segretario di stato vaticano Parolin, peraltro ospite della passata edizione. Preoccupati, dicono, dal rischio dell’uso strumentale di valori per obiettivi politici, condividono la sostanza ma non il metodo. E sulla sostanza, come smentirli? D’altronde tra un cannibale abortivo o un sicario alla Bergoglio tanta differenza non sembra in effetti passare. Sul metodo, diamo atto alle gerarchie ecclesiastiche, pontefice massimo in testa, di avere un utilizzo decisamente più raffinato della metafora e della parafrasi.

Tutto qui? No, per fortuna no. Perché c’è anche un’altra Verona e un’altra Italia. E per la prima volta al Wfc si opporrà una vera e propria sinergia di piazza tra associazioni e movimenti nazionali e internazionali, quell’insieme di società civile che l’oscurantismo non lo avalla e non lo accetta, che guarda avanti e non indietro, che è pronta per il rispetto e il riconoscimento delle differenze, che “naturale” considera l’autodeterminazione e non dogmi retrivi o visioni patriarcali della società.

L’Uaar e l’IPPFEN (International Planned Parenthood European Network) in collaborazione con Rebel Network insieme a una vastissima rete di associazioni e movimenti hanno organizzato un convegno per il 30 marzo, presso l’Accademia dell’agricoltura, lettere e scienze, uno spazio di riflessione comune che porterà poi al corteo previsto nel pomeriggio e organizzato dal collettivo femminista Nudm (Non Una Di Meno).

Ora più che mai è necessario coagulare le forze contro questo tornado oscurantista che seriamente rischia di minare diritti conquistati con fatica nel corso di anni se non secoli e diritti ancora lontani dall’essere pienamente riconosciuti e tutelati. Perché saremo anche a Verona, ma non restiamo al balcone.

Il problema degli omofobi è il senso della vita

Da Hic Rhodus 19 Ottobre 2018 dc:

Il problema degli omofobi è il senso della vita

di Claudio Bezzi

Abbiamo scritto e riscritto, su Hic Rhodus, a sostegno delle più ampie libertà personali anche nella sfera sessuale, a difesa di LGBT (inclusa la possibilità per coppie omosessuali di avere figli), sulla fecondazione assistita e, insomma, chi ci segue sa che siamo, su questo punto almeno, iperlibertari. Poiché non possiamo annoiare i lettori fino all’esasperazione su pochi temi e circoscritti, sia pure importanti, abbiamo ultimamente trascurato l’argomento a favore di altri, ma il manifesto dei provita ci consente di ritornare su una certa attualità. 1539690199-campagna-provita-facebookVorrei però trattare il tema sotto un profilo diverso. In precedenti post ho a sufficienza perorato la causa, per esempio, degli e delle omosessuali sotto un profilo politico; sostenendo che si tratta di diritti non già a una categoria (gli omosessuali) ma a delle persone. Trattando laicamente il tema è chiaro che tutte le minoranze religiose, etniche, sessuali, culturali, linguistiche eccetera, saranno sempre discriminate fintanto che le si tratta come tali, come “minoranze” con bisogni specifici. Se invece le immaginiamo come persone, ecco che i problemi assumono un volto diverso: in quanto persone, cittadini, hanno semplicemente tutti gli stessi diritti: di voto, di parola, di lavoro, di viaggio, di avere figli, di avere casa e, insomma, di provare a cercare la felicità nel modo più consono.

L’argomento sarebbe già chiaramente finito così se non fosse per un maledetto (oops, forse non era la parola da usare…) particolare: i fanatici provita, omofobi e compagnia danzante non sono laici ma – generalmente – cattolici. I cattolici pongono, avanti a tutto, il loro a-priori trascendente: Dio non vuole. Dio vuole l’amore fra uomo e donna al fine di popolare il mondo, il sesso serve per procreare se no è peccato e via tutta la dottrina già discussa in post di qualche anno fa. All’epoca eravamo rimasti con la domanda retorica: perché diavolo (oops, giuro che m’è scappata) non fanno quel che pare a loro (eterosessualmente, mettendo al mondo figli come conigli…) senza rompere l’anima (!) a chi vuole fare diversamente? Schermata 2018-10-17 alle 19.27.43Questa domanda oziosa circola anche sui social; per esempio su Facebook, proprio ora, è comparso questo vecchio cartello che dice pressapoco di amarci come siamo, facendo ciascuno ciò che meglio crede. Questa saggia posizione, molto laica, del consentire a tutti di vivere la vita da cattolici se si è cattolici, da vegani se si è vegani, da laici o da omosessuali se si è l’una o l’altra cosa, non funziona. E il guaio, il guaio vero, è che l’Italia non ha alcuna tradizione realmente liberale, e i cattolici riescono a usare gli strumenti della democrazia contro la maggioranza laica, e impedire la promulgazione di leggi libertarie.

Quindi: perché accade questo? Cosa importa al cattolico omofobo se io vado a letto con un uomo o con una donna, se offro il mio amore di coppia omosessuale a un bimbo o no? Questa offesa a Dio, che non compiono loro ma altre persone, estranee, perché dovrebbe riguardarli? Perché dovrebbe agitarli così tanto da investire energie, tempo, denaro, sforzi politici, mobilitazioni di massa, ingerenze ecclesiastiche, per impedire a me di fare ciò che loro sono liberissimi di non fare? Perché?

Perché lo vuole Dio? Ma io sarò già punito dal loro Dio…

Perché Dio vuole che loro agiscano contro di me? È così poco evangelico…

Forse è perché Dio ha un essenziale ruolo sociale: quello di esaltare il significato della vita umana. Dio, nel suo potere infinito, ha fatto Noi; si interessa a noi, vuole il nostro bene. Ci ha fatti a Sua immagine e somiglianza! Siamo veramente esseri straordinari per meritare questa ossessiva attenzione della divinità! La presenza di Dio è il segno della disperazione umana; la barriera all’assoluto annientatore. Cosa facciamo, noi miserabili e fragili animaletti spaventati, in questo enorme mondo minaccioso? Qual è il nostro scopo? E soprattutto, la domanda chiave: siamo sicuri che abbiamo uno scopo? La risposta è ovviamente “Sì” se credete in Dio. Lo scopo è Dio. L’uomo ha inventato Dio per trovare una ragione a se stesso, per dare un senso alla vita, per porre un argine all’assoluto vuoto cosmico della nostra effimera esistenza.

Ecco allora che i peccatori, certi tipi di peccatori, negando sfacciatamente Dio (la vita dei bambini, la maternità, ovvero la radice profonda dell’angoscia delle ragioni per le quali vivere) indicano scandalosamente che forse, forse, quantomeno per alcuni, non c’è questa ragione per vivere, se non nel vivere stesso. È questo scandalo che priva l’uomo del suo Dio, e quindi del senso alla sua vita, gettandolo nell’angoscia.

Il fanatico religioso vede vacillare se stesso, nella negazione di Dio, e non può permetterselo. Ecco la violenza di tante religioni sugli atei, sui dubbiosi, sugli umanisti, liberi pensatori, libertari… Gli omosessuali gridano non tanto la loro disubbidienza a Dio, ma la sua inutilità per trovare – come persone – una ragione di vita, uno scopo, ovvero l’accettazione che la vita, di scopi, non ne ha proprio.

E quindi creano una prigione di costrutti, una gabbia di regole, un sistema di precetti. Per compiacere quel Dio che dà senso alla vita si mangiano oppure no determinati cibi, si mutila oppure no qualche pezzo di corpo, si ritualizzano comportamenti fideistici che perdono qualunque significato mistico e resistono come rituale, come superstizione. E, soprattutto, si impedisce (o si cerca di impedire) agli altri di esprimere quella libertà laica che loro non posseggono.

Bigotti e lecchini: la Rai è occupata!

Bigotti e lecchini: la Rai è occupata!

di Jàdawin di Atheia

Da tempo mi trattengo: ora però non ci riesco più. Benché questo blog non abbia certo il seguito di tanti altri, e mi basterebbe averne il 10%, debbo scaricare un po’ di rabbia.

La Rai è sempre stata Radiotelevisione Apostolica Italiana, ma penso che negli ultimi vent’anni, e soprattutto da quando c’è il grande falso e imbroglione Francesco, la tracotanza, la sfacciataggine e il marciume filo-cattolico di tutta la Rai, dalle maestranze più basse ai dirigenti, passando per presentatori, conduttori, nani e ballerine, abbia raggiunto livelli impensabili neanche durante i monocolori DC.

La Rai, dunque, è occupata! È occupata da uno Stato straniero. Questo Stato è il Vaticano che, oltretutto, ha talmente potere che è riuscito a farsi chiamare, da tutti gli altri, “Santa Sede”, travalicando la sua denominazione ufficiale di “Stato della Città del Vaticano”.

Questa occupazione è nello stile della piovra, simbolo che giustamente gli anticlericali hanno assegnato alla Chiesa: avvolge tutto, si ramifica in ogni dove, in ogni ufficio, in ogni settore, in ogni trasmissione, e la Rai addirittura dedica un proprio settore e relativo sito, http://www.raivaticano.rai.it/ proprio al Vaticano!

Facciamo qualche esempio, proprio in quello che è più evidente ai telespettatori: conduttrici e conduttori. Così, come mi vengono in mente.

Belle immagini, posti stupendi, neve immacolata, montagne svettanti e valli verdi: mi piace la montagna e vedo Linea bianca su Rai 1, cercando di dimenticare, da freddofilo quale sono, Linea blu (pur amando anche il mare). Ma il bel Massimiliano Ossini, pur simpatico, passa di vetta in vetta, soprattutto quelle, numerosissime, con l’immancabile croce, il suo compagno Lino Zani dal gran naso dice io sono cattolico, lui dice “anch’io lo sono”, si inginocchia e fa il segno della croce, alla faccia del pluralismo nell’informazione o, meglio, della sua neutralità. In altre trasmissioni fa lo stupido segno senza nemmeno spiegarlo. E così via, di chiesa in chiesa, di croce in croce, di prete in prete.

Unomattina, sempre su Rai 1, è condotto da Benedetta Rinaldi e Franco Di Mare. I due sono simpatici e la prima è pure bella e ridanciana ma anche loro rispettano, e sembrano proprio sinceri e convinti, il diktat filo-cattolico e soprattutto filo-Bergoglio.

Ma è Storie italiane, che subito segue dal lunedì al venerdì intorno alle 10, che si prende tutte le licenze con la sua conduttrice Eleonora Daniele. Bella e bionda (non sappiamo se vera o tinta), l’Eleonora atteggia il viso contrito quando si parla di brutte notizie, non lo fa benissimo ma sempre meglio dello zerbino Fabio Fazio, si aggira per lo studio sempre impeccabile e sempre con scarpe con tacco 12 e forma rigorosamente a punta (speravamo che la nefasta moda stesse passando….), con lei il lecchinaggio ipocrita e moralista verso la religione cattolica ed il suo monarca straniero raggiunge vette altissime, quasi sempre ospitando in studio il prete in rigoroso clergyman, ma grigio. A volte il prete cambia, e con lui l’abito “normale”, ma la tracotanza è la stessa.

E spesso c’è anche l’ausilio di una orrenda suora che si dice “laica”, e tutti sfornano, a richiesta, le loro opinioni e talvolta con quale protervia! Loro sanno benissimo di giocare in casa….

Ma dovete vederla e sentirla, l’Eleonora, quando qualcuno in studio o in collegamento appena appena si azzarda ad andare fuori dal coro! Lei si indigna, si arrabbia, afferma che “queste cose” lì, da lei, non si possono dire, non sono permesse, e che caspita! Ma scherziamo?

Con La vita in diretta, che segue, con la stessa frequenza, intorno alle 15, non si scherza: il conduttore Marco Liorni (di cui lo sfortunato predecessore Lamberto Sposini ci sembrava, sotto questo aspetto, decisamente meglio) e la bella Francesca Fialdini sono ambasciatori in Italia, ma simpaticamente e pagati dai contribuenti, del monarca straniero oltre Tevere. In occasione del compleanno del dittatore argentino addirittura gli dedicano, annunciata dal faccione sorridente ed estatico del Marco, l’intera prima parte del programma. E tutto il resto della trasmissione, appena possibile, è improntata a questo rivoltante vassallaggio moralista e bacchettone.

Con Zero e lode, il simpatico gioco in onda sullo stesso canale, ci si può anche divertire ma il suo conduttore, Alessandro Greco, fa le imitazioni di Bergoglio, dice “il nostro amato papa”, betamente ignorando, oltre ai non cristiani, anche quel 9-14% (statistiche cattoliche) di spettatori atei, agnostici e non credenti che, insieme a tutti gli altri con il canone, possono permettere alla Rai di lautamente pagarlo per fare il lecchino della setta cristiana. In un momento del programma c’era, manco a dirlo, una domanda di argomento religioso e lui si è rivolto allo “zerologo” Francesco Lancia chiedendo se ci fosse una risposta relativa “alla Madonna, la mamma di Gesù”: la risposta, per puro caso, non c’era, e lui era visibilmente dispiaciuto, povero cocchino di Bergoglio……

 

(articolo in progress, mano a mano mi vengono in mente i nefasti epigoni…..)