Ci siamo persi in un universo parallelo

Dal sito Hic Rhodus del 5 Ottobre 2018 dc:

Ci siamo persi in un universo parallelo

di Claudio Bezzi

Questo post tratta di cose che sappiamo, e che abbiamo discusso e argomentato molte volte su HR. Il motivo per riprendere l’argomento è il salto di qualità. Delle bufale. Un salto di qualità ben lungi dall’essere concluso e che sta per approdare a livelli indistinguibili di mistificazione della realtà.

Per iniziare vi presento questa allucinante trovata del Milanese abbruttito che ha messo in giro questo scherzo (presentato come tale, qui siamo sul piano del gioco e della demistificazione, non della bufala). Vi prego di guardarlo prima di proseguire con la lettura.

 

Quello che ha colpito me, e presumo anche voi, è la facilità con la quale tante persone dichiarano di conoscere Christian Vogue, che è un personaggio inventato. Al netto di chi ha mentito sapendo di mentire (una minoranza, presumo), la risposta positiva (“conosco Christian Vogue, lo seguo, mi piace il suo stile…”) nasce da qualcosa di più del semplice desiderio, più o meno inconscio, di compiacere l’intervistatore; io credo – e qui inizio a tremare – che nel flusso caotico e massivo delle informazioni “formato social”, c’è ormai talmente tanto posto per tutto, incluse molteplici gradazioni di vero/falso, plausibile/implausibile, reale/apparente, che la figura di Christian Vogue diventa “vera”, “reale” e per ciò spesso in qualche oscuro modo “già nota”, “già frequentata”, per il fatto stesso che si palesa con tutti i cliché di una post verità del momento: bella donna al braccio, fotografi che paparazzano e – attenzione – molteplici altre persone che fotograno e chiedono selfie, ciascuna che ritiene “vero” il personaggio perché reso tale dagli altri.

La verità diventa vera perché la rendiamo tale in un coro autodiretto. O meglio: questa verità è per forza di cose sollecitata dall’esterno, voluta, imposta coscientemente; ma poi si auto-alimenta.

Schermata 2018-09-19 alle 12.16.26Dal gioco, dall’esperimento del Milanese imbruttito, passiamo ora alle fake news, ormai chiaramente uno strumento consapevolmente agito come randello politico. In questi giorni è apparsa questa: Enrico Mentana avrebbe ucciso con l’automobile un bimbo sulle strisce;

come vedete il falsario ha messo una certa cura nel copiare logo e caratteri tipici del quotidiano la Repubblica, in modo da far apparire come autentico ritaglio di giornale la sua menzogna; fino a poco tempo fa analoghe bugie venivano realizzate in maniera più grossolana; andavano bene 2-3 anni fa ma, a furia di indicare questa piaga, evidentemente una certa (piccola) percentuale di utenti social Schermata 2018-09-19 alle 12.27.41sono diventati più diffidenti, e quindi il nuovo livello è la falsificazione del medium, oltre che del messaggio (e chi ricorda Luhman sa che così, indubbiamente, la falsità viene enormemente rafforzata). Analoga a  questa bufala su Mentana quella contro il debunker David Puente, sempre con grafica la Repubblica, infamato con l’accusa di essere un pedofilo (accostando questo alle sue origini semitiche.)…

Ce ne sono state altre ancora, ma avete capito il senso.

Oggi chiunque, assolutamente chiunque, può essere attaccato, e pesantemente, in un modo che “appare” vero. Mi aspetto che – con tecnologie ancora costose ma già presenti – si possano a breve costruire dei video in cui il giornalista o il politico scomodo viene ritratto compiere illeciti (ricordate la principessa Leila nell’ultimo Star Wars; l’attrice Carrie Fischer, morta prima di poter fare le riprese, è stata ricostruita digitalmente). A quel punto diventa facile cadere in una rete di percorsi veri (ma quali?), quasi veri, in piccola parte veri, assolutamente falsi, sostenuti da immagini, da video, da migliaia di indignati che concorrono a dare vita, a sostenere, sollevare, diffondere quel falso. E se milioni di mosche mangiano merda, cribbio, significherà pure che hanno ragione, e quindi via, tutti imbrancati nella facile esaltazione degli indignati da salotto (una categoria odiosa), a sanzionare e diffondere. Chi potrà salvarsi?

Che poi, stiamo scoprendo, ci sono, sì, persone isolate che costruiscono i falsi per sbarcare il lunario, ma in generale non solo c’è una regia, ma una vera e propria  organizzazione attenta a cogliere, dal flusso dei social, quegli ‘alert’ che segnalano codice giallo uscire dal novecento per battere salvini_cover Claudio Bezzi copianotizie sgradite, attivisti insistenti, l’espandersi di opinioni pericolose. A noi promotori di Codice giallo (io e la mia amica ed editor Fantasma-madre) sono già partite le “trollate”, a volte sciocche e a volte minacciose, nel corso della prima settimana di uscita del volume; ancora roba da poco, ma ci possiamo aspettare, ora che abbiamo iniziato una promozione più capillare) di diventare a breve bersagli di un flame anche più inquietante.

A scanso di equivoci: io non sono pregiudicato, non ho investito nessuno, non sono pedofilo, non ho molestato donne, non ho evaso milioni e neppure centesimi, non sono satanista, non ho imbrogliato sul curriculum, non mi sono comperato la laurea, non sono massone, né illuminato, né rettiliano, Soros non mi ha mai dato un centesimo, Bilderberg non so neppure dove sia, non ho mai maltratto un’animale e raccolgo la cacca della mia cagna al parco. Tutto ciò a futura memoria.

Infine: guardate che la proposta di Vito Crimi di tagliare i fondi per l’editoria, sembra superficialmente un attacco a Berlusconi (ma poi: un sottosegretario fa proposte di legge contro un individuo o un impresa?) e alla stampa sostenuta dal denaro pubblico (vecchia canzone dei populisti casaleggini) ma è – nel disegno attuale – un attacco alla stampa libera, che spesso senza quel fondo sarebbe destinata a morire. L’attacco all’editoria (mascherata da norma per ristabilire presunte equità) è una faccia dell’attacco del governo grigio-nero alla libertà di stampa e di opinione, esattamente come l’esercito di troll e bufalari che – con tutta evidenza – persegue un disegno al servizio di… mettete voi nome e cognome, è facile. A breve ci aspettiamo una bella censura ai blog (no, non ci riferiamo alle norme europee sul copyright), alle manifestazione di piazza e, perché no, una bella censura alle email.

No, non sto scherzando.